domenica 3 agosto 2014

Impronte sulla neve

"Prima di amare, impara a camminare sulla neve senza lasciare impronte" dice un proverbio turco, e santiddio quanto è vero.
Con leggerezza, estrema. Con tranquillità, estrema. Con attenzione, estrema. Sono questi i modi in cui mi immagino camminare sulla neve, nel complicatissimo tentativo di non lasciare tracce.
Cosa vorrà dire? Non lo so, io la interpreto così: un gesto difficile, un movimento di velluto, che occorre saper fare alla perfezione prima di amare, pena il fallimento stesso dell'amore. D'istinto poi penso che allora sia impossibile amare, quanto lo è probabilmente riuscire a camminare nella neve senza affondare nemmeno un poco con i propri scarponi.
In almeno diciassette anni di onorata carriera nel mondo dell'amore credo di aver passato più tempo a cercare di uscire da una valanga che a passeggiare tranquilla in mezzo al bianco.
Ci ho provato, non so neppure più io quanto, e ogni volta ho aggiustato il tiro. Ho cambiato scarpe, ho messo i ramponi, le ciaspole, gli sci, ho scelto la neve fresca, quella compatta, quella sporca e quella quasi ghiacciata. Ho camminato col sole, con la pioggia e con altra neve che arrivava dal cielo. Ho camminato con il caldo, con il freddo gelido, con il vento e con la calma totale che solo la neve appena scesa, quella nuova ed emozionante, sa darti.
Ho sempre lasciato impronte, ho sempre fallito. A volte di più con solchi profondi, a volte di meno con semplici strisciate. Ma non sono ancora riuscita ad entrare in armonia e in risonanza, passando senza tracce nel paese dell'amore.
Riflettendo in questa giornata di pioggia, più simile ad un autunno anticipato che a una domenica di inizio agosto, mi sono accorta che davvero le tecniche possibili le ho provate tutte. So essere accondiscendente (sono maestra in questo, per la verità), so essere dura, so essere dolce, so essere compagnona, so essere femmina, so essere maschio, so essere simpatica, so essere sexy, so essere allegra, so essere triste, so essere buona, so essere affettuosa, so essere di pietra e so essere sfuggente. Sono diventata fotografa, scrittrice, cuoca, lettrice, educatrice, camminatrice, imprenditrice, assegnista, creativa, arrampicatrice, cameriera, ballerina, intellettuale, cazzara, bevitrice e salutista. Ho pesato quarantanove chili e cinquantasette chili. Ho vissuto con i genitori, con un genitore, con gli inquilini, da sola. Ho dormito con uomo e me ne sono lamentata. Ho dormito senza un uomo e me ne sono lamentata. Ho dormito con un uomo e ne sono stata felice. Ho dormito senza un uomo e ne sono stata felice. Ho vestito come un maschio, ho rasato la testa, ho indossato pantaloni larghissimi, ho messo jeans stretti, ho infilato gonne, tacchi, sandali e ballerine, ho tinto i capelli e li ho resi lisci, ho liberato i boccoli e li ho raccolti, ho messo il rossetto, il mascara, il profumo e lo smalto alle unghie. Sono uscita in tuta e con il cappotto, ho infilato i piedi negli stivali da pioggia e ho scordato l'ombrello. Ho ascoltato musica italiana e straniera, hip hop, rock, disco, indie, grunge, classica mentre leggevo libri gialli, romanzi, saggi, poesie.
Ho studiato arte, chimica, robotica e di nuovo arte. Ho bevuto birra, rum e vino bianco.
Sono andata a letto presto e ho fatto l'alba. Ho accolto un nuovo anno ballando, bevendo, camminando, piangendo e facendo l'amore.
Con quello che sono stata, con quello che sono e con quello che sono diventata, potrei andare avanti ore, ma non servirebbe a nulla, mi sa, visto che nella pratica non cambia un tubo. Quando mi sembra di essere accessoriata con i pezzi più giusti qualcosa immancabilmente non va e quasi sempre immancabilmente sono io. Che non so neppure più tornare indietro, a quando ero composta da un solo tipo di musica, di vestito, di acconciatura, di abitudine, di passione, di lavoro e di comportamento. Ora sono un frullato di cose, che goffamente cerca di tirare fuori l'accessorio giusto al momento giusto, affondando con un piede nella neve mentre con una mano aggiusta il cappello di piume e con l'altra controlla il rossetto.
Ci sono giorni che mi sento piena di risorse, di possibilità, giorni in cui credo di essermi creata così mille sbocchi, porte aperte, un'istintiva capacità di stare con le persone e, perché no, innamorarmene. Ci sono altri giorni, come oggi, in cui mi faccio solo una tristezza infinita.



4 commenti:

  1. Bel post, stupendo veramente. Letto con interesse fino alla fine.
    Non ho ancora capito però il proverbio turco. Direi che non si può Amare, si può sempre e solo giungere a compromessi con se stessi per non rimanere soli oppure applichiamo la definizione che la rosa diede al Piccolo Principe ma rimane sempre una utopia.
    Complimenti comunque.

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  2. Grazie per i complimenti! L'amore è anche compromessi, sì. Con se stessi, con i/le partner, con la vita. Credo :-)

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  3. Perfetto e vero come le lacrime che scivolano lentamente ❤️

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