mercoledì 7 agosto 2013

Verde, Vesima, Vargas

V di Casa.
Sono arrivata ieri pomeriggio e sono subito andata al mare. Chiusa l'ultima riunione di lavoro ho acchiappato il borsone già pronto dalla sera prima e sono venuta qui, dal mio mare, sulle mie pietre, tra i miei fiori.
Mi sono portata da leggere, ma anche da lavorare. Relazioni tecniche, tesi di dottorato, e-mail di aggiornamento, lezioni di chimica...tutto pronto per essere iniziato, ma non proprio adesso, non mentre le cicale fanno questo chiasso, la gatta mi cerca con la coda, il sole si lascia coprire da qualche nuvola.
Sto leggendo due libri contemporaneamente: L'uomo a rovescio di Fred Vargas, e La natura che cura di Michael Wachtler. Un giallo e un saggio. Anche se li si potrebbe tranquillamente definire un saggio e un romanzo, un volume sui rapporti tra gli esseri umani e un racconto ambientato nei boschi più belli e tranquilli che esistano.
Il primo, iniziato ieri su consiglio di mamma, temo che mi catapulterà molto in fretta nel mondo dell'autrice, ormai famosissima e attesa ad ogni nuova uscita editoriale. Io, che d'estate mi nutro di gialli scandinavi ormai da qualche anno, sto trovando qualcosa di così familiare tra le pagine de L'uomo a rovescio, che i freddi capitoli nordici della Holt (l'unico libro mancante mi è scivolato in borsa proprio ieri) cominciano ad avere un degno rivale sulla mensola.
"Essere una mezza dura non le impediva di amare Lawrence con sincerità, a modo suo. Di apprezzarlo, persino di ammirarlo, di scaldarsi addosso a lui. Senza aspettarsi un bel niente. Camille aveva conservato dell'amore solo i desideri immediati e i sentimenti a breve gittata, murando qualsiasi ideale, qualsiasi speranza, qualsiasi velleità di grandezza. Non si aspettava quasi nulla da quasi nessuno. Ormai sapeva amare solo così, in una disposizione mentale predatrice e benevola, che sfiorava i limiti dell'indifferenza". Ecco tutto quello che non voglio più essere, ecco i muri in cui mi sono chiusa per un sacco di tempo, ecco il recinto da cui sto cercando, con lentezza e con amore per me, di uscire. Non so come andrà a Camille, sono solo all'inizio del libro, ma so come si sente.
Per quanto riguarda La natura che cura, invece, non voglio scrivere nulla per ora...è un regalo bello, pieno di valore, di cui parlerò prima con la persona che me lo ha portato giù dai monti. Sicuramente, mentre lo leggo seduta nel mio "giardino incantato", ho sempre più chiara davanti a me l'enorme fortuna che ho di essere nata e cresciuta in mezzo a prati, boschi, animali e lentezza. La velocità, la confusione, e il cemento sono andata a cercarmeli io più tardi, quando le grandi braccia forti della campagna avevano iniziato a stringermi troppo, come fanno le vecchie zie quando ti riempiono di baci e complimenti fino a farti soffocare. Ora, che in città ho trovato la dimensione corretta per le mie giornate, in cui risparmio il tempo del viaggio da pendolare per fare una passeggiata vicino all'acqua, un giro nel centro storico, un salto tra gli scaffali delle librerie, un'ora di pilates, una bevuta sui tetti, torno dalla vecchia zia molto più volentieri di prima.
Ieri pomeriggio, nonostante il mare non fosse cristallino come stamattina presto, terminare il grande giallo della Holt sdraiata sui ciotoli di casa ha significato ufficialmente iniziare le vacanze estive, nonostante il lavoro da continuare comunque da casa, nonostante i guai alimentari ancora tutti da chiarire, nonostante il percorso difficile ma pieno di sorprese intrapreso da un po'.
"...Ho sempre avuto paura che qualcuno mi vedesse [...] Voi non capite che impiego ogni mia energia per nascondere tutta me stessa. E' come se non osassi. Per me è altrettanto pericoloso se qualcuno scopre che...mi piace farmi grattare la schiena. O che adoro i pankake con lo sciroppo d'acero e la pancetta affumicata. Io sono tutto questo. ed è mio. Mio. Mio...". Anche la Holt, dal canto suo, non scherza.
E ora, in questo pallido dopo pranzo, prima di dedicarmi al lavoro per un paio d'ore, andrò a sdraiarmi tra le lenzuola fresche e penserò a quelle rocce a picco sul lago che mi fanno sentire protetta, ovunque io sia.

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