domenica 18 gennaio 2015

Le montagne di Milano

Se Milano fosse sui monti ci sarebbero distese di colline innevate, cortili inumiditi dal freddo della notte, cascine dai sapori genuini, mucche, pecore, musei dedicati al legno e alla sua lavorazione, vette da conquistare.
Ma Milano non è sui monti.
Ma a Milano ieri c'erano tutte queste cose lo stesso, almeno per me.
Siamo partiti prestino e siamo andati diretti a Cantù, per visitare questa meraviglia qui. Cosa mi ha colpito di più?
Per farla breve, perché potrei scrivere un elenco infinito: gli sgabelli di mille legni diversi che sembravano dipinti, il tavolo Sant'Andrea (e te pareva) che sarebbe perfetto per le cene con gli amici se solo avessi una cucina tre volte più grande della mia, l'angolo profumatissimo dei mobili in cedro, la fila di biciclette d'epoca ognuna per un mestiere diverso (io sarei sicuramente stata "venditrice di pianeti della fortuna", con a bordo ben due pappagalli vivi e verdissimi) e le vetrine di coloranti per legno o segature di ogni albero possibile.
Da Cantù ci siamo spostati a Milano, parcheggio, metro e pranzo qua. Era una vita che volevo andarci, perché ogni racconto di amici che già c'erano stati era entusiasta e si concludeva sempre con "a te piacerebbe da matti". Infatti, mi è piaciuto da matti. Un'isola di verde nel cemento, un'aia di campagna tra i palazzi, in una via dal nome che ricorda un po' troppo quella di casa, tra tavoli colorati, banconi di legno e bimbi che urlano domandando "ma oggi non ci sono laboratori???". Laboratori per bambini in una fattoria con orto, giardino e bistrot incorporati. Lasciatemi lì.
Da Cascina Cuccagna siamo andati diretti a vedere la mostra delle fotografie di Bonatti, quelle scattate nel periodo in cui lavorava per Epoca (e non solo). Bella, tanta gente, tanti spunti di riflessione, tanti scatti che se si pensa ai mezzi a disposizione a quel tempo ci si chiede come sia stato possibile. Nelle foto tra i ghiacci, i deserti, le foreste e le praterie compare quasi sempre anche lui, come uomo avventuroso che gira il mondo e lo riporta a casa racchiuso in un'immagine. Una foto che tiene con sé, come Walter stesso dichiarava, anche l'attimo prima e quello dopo il click. Ma come faceva a fotografarsi da solo in cima a una duna, senza assistenti o autoscatto? Con i comandi a distanza. Prima via cavo, poi a trasmissione, posizionando le macchine su cavalletti, scegliendo lenti, messa a fuoco, inquadratura e ricominciando a camminare.
Tra le didascalie della mostra ho trovato questa frase di Bonatti, e in un periodo in cui anche i romanzi che sto leggendo e le mie personali riflessioni sulla vita e lo scorrere continuo delle cose mi parlano di realtà, ho pensato fosse bello annotarla sul taccuino e condividerla:
Una "realtà", dopotutto, non dipende anche dalla nostra capacità di immaginarla?
Sono circondata da gente che non è più (o forse non è mai stata) capace di immaginare una realtà. Non per forza bella e piena di soddisfazioni eh...anzi, vedo spesso persone che se non la possono immaginare perfetta non la immaginano proprio e fanno prima. Facile no?
Ad ogni modo, se non vi piace la montagna, se l'avventura vi spaventa, se Bonatti vi stava antipatico, andateci comunque a vedere la mostra, non fosse altro che per questa foto (la schiena di Walter, soggetto alquanto ricorrente).
Usciti dal Palazzo della Ragione abbiamo girovagato attorno e dentro al Duomo, siamo entrati in Galleria e da Rizzoli, dove c'è chi ha comprato un libro e chi (nella fattispecie io) si è innamorata di un piccolo oggetto di carta, una sorta di pop up che pop up non è, il primo lavoro di Emma Giuliani (una grafica francese di trentacinque anni, se non ricordo male quello che ho letto sul retro) che ha realizzato un capolavoro sulla vita davvero meraviglioso.
Il libro si intitola Vedere il giorno, edizioni Timpetill, e con pochi colori, forme semplici e costruzioni interattive dosate nella loro linearità, racconta tutto. La nascita, l'amore, l'amicizia, la morte in poche pagine. Dovevo comprarlo, ma la borsa già piena e la pioggia fuori mi hanno fatta desistere, nonostante il piccolo libro sia protetto da un sacchetto di plastica trasparente, come se dentro nascondesse davvero la vita. Mi rendo conto, queste sono le seghe mentali di un'innamorata della carta, ma non vedo l'ora che sia domani per correre in libreria a ordinarlo e magari scriverne qui o A casa di Cindy tra qualche tempo.
L'ultima tappa della giornata è stata la mostra di Segantini a Palazzo Reale, per fortuna avevamo comprato i biglietti on line direttamente da casa perché la coda in ingresso era interminabile. Dentro abbiamo trovato tanta (troppa) gente e delle sale poco pronte ad accogliere un flusso simile di visitatori; l'esposizione però è bellissima e ci sono opere che tolgono letteralmente il fiato. La mia personale e probabilmente banale classifica vede al primo posto Ave Maria a trasbordo e al secondo L'ora mesta, il perché non lo so dire, è troppo difficile spiegare le emozioni che si provano davanti a un quadro.
Quando siamo usciti dalla bolgia diluviava, corsa in metro fino al parcheggio, viaggio svelto verso Genova, pizza e farinata sotto casa.
Quindi ieri come è andata la mia gita a Milano, città di montagna?
Bene direi, tornata stanca ma piena di nuove cose in testa, e con un'immagine su tutte nel cuore: lo stormo di gabbiani che si alzano dalla banchina di ghiaccio mentre l'aereo di Walter si solleva per riportarlo a casa (vedi foto quassù, scattata stamattina in mezzo alla luce del giorno che inizia).


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