martedì 8 marzo 2011

Equilibri


Quando andavo all'asilo sognavo di essere rapita e sposata da un trapezista con lunghi baffi biondi e tutina a righe.
Probabilmente subodoravo già la precarietà dei rapporti. Appesa lassù, nella speranza che l'altro non molli la presa, tentando di rimanere calma e concentrata sull'obiettivo.
In questo momento più che mai sento che è proprio una questione di equilibrio la vita, giorni su, giorni giù, dolori enormi, apatie totali, felicità improvvise, lunghe malinconie. Quando tutte queste cose si dosano, quando arrivano come onde leggere nell'arco delle ore, dei giorni e delle settimane, riesco a vivere in punta di piedi, camminando sulla corda ed evitando di guardare sotto.
A volte, anzi quasi sempre, non funziona così: giorni come oggi, in cui nulla riesce a buttarmi a terra, sono spesso seguiti da momenti di sconforto vero, in cui mi pare di non riuscire neppure a ragionare quel tanto che basta per uscirne.
Qualche sera fa, rannicchiata nella tana, il respiro si è fatto affannoso e mi sono sparata uno di quei pianti con tanto di testa sotto l'acqua per riprendermi, che erano mesi (per non dire anni) che non accadeva. Troppe emozioni inespresse, brutte ma magari anche belle, troppe cose trattenute, senza fingere, solo per istinto, perchè si sà, mi è più facile sedarmi che mostrare presenza. Il mio famoso sguardo lontano, il mio entusiasmo che dura cinque minuti e poi scompare, la mia incapacità di reazione a qualunque novità. In verità mi metto in moto, ma con lentezza, risolvo col metodo, sgranocchio quattrocento pensieri al secondo, li incasello, li analizzo, scarto quelli troppo dolorosi (che mi rallenterebbero ulteriormente), ignoro quelli gioiosi (che non è mai il momento di ascoltare) e mi concentro sugli incastri quotidiani, sugli impegni di lavoro, sugli appuntamenti, sulle telefonate da fare, sulle animazioni. Tengo tutto in equilibrio insomma, un chilo di mail, mezz'etto di riunioni, duecento grammi di autobus e treni...
Mi chiedo spesso come gli altri vedano questo mio barcamenarmi tra le difficoltà del quotidiano, o, ancora più in grande, come sia percepita la mia maniera di affrontare la vita. Sembrerò superficiale? O troppo paranoica? Darò l'idea di essere immatura o eccessivamente seria? Probabilmente non ha molto senso porsi queste domande, ognuno è come è, nonostante gli sforzi di tutti per smussare spigoli o calcare atteggiamenti. E' proprio come dicevo l'altro giorno in treno con la Vale: la vita a volte mi sembra come la trama di un libro giapponese, dove tutto è ovattato, intenso ma distante, dove le cose galleggiano nello spazio e nel tempo, mentre i personaggi si perdono in un mondo lontano dal reale.

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