martedì 27 dicembre 2022

Light Years

Musica

Questo post ha diversi "colpevoli".

La prima, ovviamente, sono io.

Gli altri, in ordine di comparsa, sono Matteo Caccia e Francesco Costa.
Ma, in realtà, siamo tutti noi, mia madre compresa.

Come spesso mi succede, soprattutto da quando le mie comparse quassù si sono rarefatte assai, avrei inizialmente voluto scrivere di altro.
Avevo pure cominciato a buttare giù pensieri e idee sul quaderno, il tema principale doveva essere il mondo delle newsletter, il mio rapporto con le mail mensili a cui non ricordo neppure di essermi iscritta e l'opportunità di trasformare questo spazio in un appuntamento più contemporaneo, meno blog e più social, meno post e più mail. 
Spoiler: non succederà.

Quindi, fatte le doverose premesse, riprendo dal punto in cui ero rimasta prima di sproloquiare:
questo post è scivolato dalle mie dita in una sera di Vigilia, dopo aver mangiato tortellini industriali su una tavola non apparecchiata, con le seggiole accatastate sopra, per facilitare il lavaggio pavimenti.

Domani è Natale, l'anno è quasi finito e la settimana scorsa è morto Siniša Mihajlović.
Non sono tifosa, quando ho letto la notizia sui giornali sapevo a malapena che carriera avesse fatto, ricordavo che era malato, non avevo capito quanto.

Poi è arrivato Matteo Caccia, su cui dovrei aprire una parentesi gigantesca e probabilmente tra poco lo farò, che ha condiviso su Instagram il link a una puntata di Morning in cui Francesco Costa parlava della morte di Mihajlović e del modo in cui veniva raccontata dai quotidiani, in particolare da quelli on line.

Ed eccola lì, la retorica del guerriero.
La malattia come una battaglia, le terapie come una lotta, i malati come soldati, la morte, infine, come una guerra persa.

Tutti ragionamenti già letti, per quanto mi riguarda pure già fatti e persino in tempi non sospetti. Ricordo perfettamente le chiacchierate con mamma su quanto fosse inopportuno, irrispettoso e persino inutile riferirsi a una persona ammalata come a un paziente al fronte. Svalutando il ruolo e il senso della scienza, riponendo responsabilità sull'unico soggetto che dovrebbe non averne, caricando la situazione di metafore e scenari lontani anni luce dalla realtà che, ogni giorno, i malati e le loro famiglie affrontano come possono. Di certo non armati.

Eppure.

Eppure non appena la Maria aveva scoperto di avere un cancro in fase terminale si era fatta rasare i capelli e aveva iniziato a indossare una parrucca. Prima ancora, però, mi aveva chiesto di insegnarle ad annodare foulard e turbanti per coprirsi il capo. Il suo profilo FB ha tutt'oggi, come foto profilo, quella che le scattai un pomeriggio, mentre guardava il suo giardino dall'uscio di casa con un fazzoletto rosso in testa. La scritta sotto, scelta da lei, recita: "La combattente".

Eccallà.

Ed è così che i mesi successivi erano andati, con la convinzione di avere colpa se le terapie non funzionavano, se i chili continuavano a scendere, se gli esami peggioravano.
Fino al ricovero in hospice dove la dottoressa dovette spendere parecchie parole per convincerla che non avrebbe potuto fare di più, davvero, per fronteggiare la sua malattia, che non aveva avuto alcuna responsabilità, che nessun cibo, nessun medicinale, nessuna decisione avrebbero cambiato le cose.

Eppure.

Eppure un paio di giorni dopo la morte di mamma scrissi a Matteo Caccia, all'epoca conduttore di Pascal, trasmissione radiofonica seguitissima da mia madre, alla quale partecipò pure con due storie che ormai, appunto, sono storia.
Non so perché gli mandai quel messaggio su Facebook, in piena notte.
Probabilmente per consegnare a lui un pezzetto del mio dolore, a lui che aveva ascoltato e dato spazio alla voce di mia madre e che, in qualche modo, pensavo fosse abbastanza lontano (e vicino) da ascoltare e dare spazio anche alla mia.

Gli mandai il messaggio che ora potete trovare sul suo nuovo libro "Voci che sono la mia" (ecco) e che, tra le altre cose, diceva così:
Mamma 
si è ammalata l'estate scorsa, ha lottato come una vera leonessa, ma il cancro al pancreas ha vinto. 

Lotte, leonesse e vittorie, in una frase di venti parole scarse.

Ma, del resto, il mio intento era quello di inviargli la lettera che la Maria scrisse all'inizio del suo viaggio e che venne letta in chiesa durante il funerale.
La lettera iniziava così:
Ho lottato più che ho potuto ma, stavolta, sono stata sconfitta.

E allora mi chiedo, perché, anche noi che avevamo più volte riflettuto sulla tossicità di questa narrazione, alla prima occasione che, purtroppo, ci è capitata, ci siamo cascate a piè pari?

Lo spiega bene Costa nella puntata di Morning del 19 dicembre: 
"...tutti in generale utilizziamo parole non nostre, non pensiamo a quello che diciamo, attingiamo a una cassetta degli attrezzi di espressioni, di culture, che è stata predisposta per noi da qualcun altro, dalla cultura popolare cosiddetta, dai giornali, dalla televisione. Usiamo parole scelte da altri tipo queste sul guerriero e sulla lotta perché non riusciamo a trovarne di nostre ed è chiaro che è difficile trovarne di nostre a fronte di una cosa così tragica e enorme come la morte, la morte prematura di una persona così amata..."

Preferisco quindi trovare un senso e uno sguardo diverso su tutta la questione in ciò che mamma scrisse un paio di giorni dopo la diagnosi, quando ancora le leonesse stavano nella savana, quando la battaglia non era nemmeno stata presa in considerazione e dei combattimenti non c'era alcuna traccia.
Era (e dovrebbe sempre essere) il regno degli stambecchi, pronti a saltare con l'aiuto degli amici, era il momento dei tentativi, della condivisione delle preoccupazioni, dei ricordi che danno speranza.
Era, ancora, il tempo dei proverò:

Trentaquattro anni fa, in uno dei tanti momenti terribili della mia vita, dissi a un amico che non avrei voluto essere un cagnolino, a cui non vengono lesinate coccole, neppure da coloro, inutili ipocriti, a cui non gliene può importare di meno.
Lui mi rispose che, mai, io avrei potuto assomigliare a un cane: io ero uno stambecco che, proprio quando, in bilico sulla roccia più impervia, sembra stia per cadere, con un salto favoloso riesce sempre a rimettersi in salvo e ricominciare.
Che bel complimento!
Amici, il balzo che dovrò provare a fare adesso è quasi impossibile!
Se fossi isolata, in cima a un monte, senza parenti e amici sarei uno stambecco disperato e il vuoto mi farebbe troppa paura per saltare.
Ma io sono sicura di non essere sola e, unicamente per questa mia certezza, proverò a non cadere.
Proverò…

Ora è il mattino del 27 dicembre, tra poco partiremo per trascorrere al paesello gli ultimi giorni di festa.
Il post è rimasto in stand by per un po', nonostante fosse nato in meno di mezz'ora, come un'urgenza più che come una riflessione ragionata, pensata e confezionata per chi la leggerà.

Non è comunque mai stata mia intenzione tornare a scrivere di lutti, perdite e sofferenze, anzi.
Vorrei, con queste poche righe che di natalizio non quasi hanno nulla (o forse invece sì), essere vicina a chi sta trascorrendo giorni di angoscia, di tentativi, di speranza e di paura, a chi è malato o caregiver, a chi fa fatica a stare al mondo perché, semplicemente, fa fatica. Per motivi che non si vedono, non si capiscono, non si accettano, sono anni luce da noi e dal nostro modo di vivere la vita.
E non c'è lotta che tenga.




domenica 28 agosto 2022

Mare e tulipani: un viaggio in Olanda


Eccolo qui, un lungo post, cronaca di una vacanza last minute, tra fiori, spiagge sconfinate, acqua, luce, ancora acqua, arte, uccelli, biciclette, conchiglie, fari, ponti, barche e patatine fritte.

10 agosto 2022 - la partenza
Con l'anticipo al limite della paranoia che contraddistingue qualunque viaggio in compagnia di mio marito, è ufficiale: siamo in aeroporto.

E, tra un'oretta, al diodeivolicancellatiallultimo piacendo, ci imbarcheremo, direzione Olanda!

Dopo tre anni senza aerei e senza luce del nord siamo riusciti a organizzare, in tempi abbastanza record, una decina di giorni tra Amsterdam e città limitrofe, con un'inevitabile mini deviazione verso l'ennesima isola di sabbia e di vento che ormai non può mancare nei nostri itinerari estivi.

11 agosto 2022 - Amsterdam
Ieri, alla fine, non solo siamo partiti puntuali, ma in tre ore scarse eravamo in hotel, ad Amsterdam.

Inutile fare paragoni con il viaggio notturno di un paio di settimane fa, in auto, da Milano a Genova: più di due ore. Ma non è tempo di mugugno, ora, è tempo di vacanza!

Inizio subito col dire che non pensavo di essere così stanca.
A metà di questo primo giorno olandese ho creduto più volte che non sarei riuscita a camminare oltre.
Sono stanca nel corpo, nella testa, nei pensieri e nelle ossa.
Me ne sono accorta perché faccio poche foto, perché sto parecchio in silenzio e perché, stasera, non ho avuto nemmeno la forza di entrare anche al De Hortus. Io.
Poi, però, ripenso alle ultime settimane, alle corse per finire, sistemare, organizzare e capisco che il Rijks Museum, il giro nel quartiere De Pijp (la zona bohemienne dove, naturalmente, ho trovato di che spendere in un vintage shop) e la visita a Micropia potevano bastare.


        




    

       

Ora sto scrivendo dalla terrazza sul canale di un piccolo e famosissimo locale storico (e storto!), mentre mi bevo la terza birra in un giorno e mezzo.

Stasera ci aspetta il Red Light District, ma ne scriverò domani.

Cose degne di nota della giornata?
Eccole:
- Il pankake più buono (e grosso) del mondo che ci ha preparato a colazione il nostro host
- Il parco del Rijks Museum con le lezioni di disegno en plein air


- Amsterdam nella luce del mattino, silenziosa, piena di fiori, con le sue houseboat che quando sarò ricca mi comprerò, ci traslocherò e arrederò con pezzi di design che costano come il mio appartamento nel centro storico

   

                                         

- Artis, la zona dei musei più legati alla scienza e alla natura, uno spazio verde che ti sussurra, continuamente: "riposati, non pensare a nulla e guarda, ci sono pure i fenicotteri!"


- Il Sarphatipark, dove ho dormito quindici minuti sdraiata sull'erba umida, tra gente in costume, paperelle e tavoli da ping pong.

12 agosto 2022 - Amsterdam/Utrecht
Ieri sera, alla fine, siamo stati al De Wallen, dove abbiamo anche cenato (per i luoghi dove mangiare/dormire lascerò uno spazio a fine post).

Abbiamo vagato apparentemente senza meta (ma mio marito non è mai senza meta) e dopo aver stalkerato il tradizionale airone della vacanza, incontrato lungo il canale, siamo rientrati in hotel.
Le mie impressioni sul quartiere a luci rosse? Non so, ci sto ancora riflettendo. Credo che il fatto di trascorrere in Maddalena circa dieci ore al giorno influenzi inevitabilmente il mio "giudizio".

Oggi, invece, abbiamo diviso a metà la giornata: mattina in giro per Amsterdam, a scoprire il quartiere Jordaan (Antiekcentrum compreso), passando prima dal mercato dei fiori e raggiungendo poi la stazione: direzione Utrecht.


Ecco dove abbiamo trascorso il resto del pomeriggio: a spasso tra le stradine di questa città, piccola ma piena di bellezza. 

Le piante, i cafè, il canale centrale con i tavolini per bere e mangiare qualcosa, i negozi dove la sostenibilità sembra essere di casa.


E la luce, così abbagliante che ci ha conquistati, sia quando ci costringeva a strizzare gli occhi alle tre, sia quando ci avvolgeva, violacea, mentre ci spostavamo in stazione dopo una bellissima cena sull'acqua.

13 agosto 2022 - Amsterdam
Il caldo è fortissimo (e inaspettato) anche qui e, soprattutto la notte, faccio fatica.
Quindi la sveglia un poco più lenta di questa mattina mi ha permesso di recuperare e partire saltellando verso il giro in barca lungo i canali di Amsterdam.

Abbiamo ascoltato le guide (bravissime e super simpatiche) di Friendship Amsterdam mentre gli altri passeggeri si spaccavano di chupiti e gin tonic chiedendoci chi sarebbe piombato in acqua per primo a fine tour... spoiler: incredibilmente nessuno!
Abbiamo di nuovo incontrato l'amico airone, scoperto un sacco di cose, fotografato case danzanti e ci siamo baciati passando sotto al ponte di James Bond, che, a quanto pare, porta fortuna.

                                              

Poi siamo andati a pranzo e ci siamo concessi un pit stop di un'oretta in hotel. Io ho dormito come un sasso e, al mio risveglio, mi sono preparata per un appuntamento molto importante: quello con Vincent.

Quanto mi è piaciuto il Van Gogh Musem, grande il giusto, bello l'allestimento, gestibile l'affluenza, fighissima la mostra collaterale di Etel Adnan.
Quanto ho pianto, grande e povero Vincent!

Una volta usciti abbiamo estratto, finalmente, il telo dallo zaino e ci siamo sdraiati sotto agli alberi. Siamo ancora qui, io scrivo, lui russa. :-)

14 agosto 2022 - verso Texel
Oggi check out, lasciamo Amsterdam e la salutiamo facendo un'ultima visita doverosa: Nemo, il Science Museum progettato da Renzo Piano e, diciamolo a gran voce: bellissimo.

Come all'Experimentarium di Copenhagen ci siamo immersi tra exhibit ed esperimenti, giochi interattivi e pannelli divulgativi. Quattro piani dove, se avete bambini con voi, mettete in conto di trascorrere una giornata intera. Anche il terrazzo sul tetto merita, c'è una mensa dove pranzare, ci sono i gradoni di legno che vi garantiscono una vista incredibile sulla città, giochi d'acqua per continuare a sperimentare e fioriere piene di piante particolari.

Nemo è vicino alla stazione e per noi è stato il punto di partenza per iniziare il nostro viaggio di mezzo, due giorni a Texel, una grossa isola sabbiosa che promette di svolgere il suo compito egregiamente: rilassare il mio sistema nervoso come si deve.

Un paio d'ore scarse di treno, un traghetto (enorme), un taxibus e siamo arrivati al Nieuw Leven Texel.
Scriverò tutto, su questo albergo, quando lo lascerò e nel box dedicato in fondo al post, però, io ve lo dico già, credo sia il luogo più bello dove abbia mai soggiornato.

Abbiamo cenato a Den Burg, in compagnia di un gatto molto socievole e ci siamo goduti venti minuti di passeggiata dall'hotel al paese, andata e ritorno, con la luce del tramonto, i giardini fioriti, i prati sconfinati pieni di fiordalisi e due pipistrelli che ci hanno accompagnati fino a casa, dove ci attendevano cioccolatini, tisana a una cacca nel cortile che spero, con tutto il cuore, che sia di volpe.



15 agosto 2022 - Texel
Questo Ferragosto inizia con una colazione strepitosa e continua... in tandem!

Lo abbiamo affittato in albergo e lo useremo per raggiungere De Koog e girovagare tra dune erbose, fiori selvatici innamorati del mare, spiagge bianche di sabbia finissima piene di conchiglie.


Proprio da qui sto scrivendo ora: al sole, con i capelli aggrovigliati dal vento, seduta di fronte all'Oceano, mentre Andrea scatta un milione di foto alle cabine azzurre.

Dopo un pranzo velocissimo in paese che ho felicemente raggiunto a piedi nudi, ci siamo dedicati all'esplorazione delle dune: infinite spalle erbose, dove l'erica in fiore divide lo spazio con rose canine e more di rovo, dove i cardi e i licheni escono direttamente dalla sabbia, dove le piante che si vedono nei giardini delle case di lusso raccontate sulle riviste, quelle dai lunghi steli argentati con pennacchi soffici e foglie sottili, crescono spontanee.





Ci sono sentieri di conchiglie che si addentrano nel bosco fino a sparire, distese di terra rossa come nei quadri di Van Gogh, uccelli marini mai visti prima d'ora.

                                                  

Siamo rientrati a Den Burg sempre pedalando con gli occhi pieni di bellezza e ci siamo comprati gli ingredienti per la cena: stasera prepareremo crostoni di aringhe, burro alle erbe e cetriolini e di formaggio con una specie di insalata russa locale. Prima di metterci a tavola, però, un tuffo nella piscina naturale dell'hotel, al tramontare del sole, non ce lo toglie nessuno!

16 agosto 2022 - Texel

Stamattina mi ha svegliato il verso un poco molesto di un grosso e strano uccello intento a corteggiare la futura compagna nel campo dietro alla nostra stanza. Non ho idea di cosa fosse ma era enorme e buffissimo, lei, invece, mi pareva poco interessata. Forse era stata svegliata come me e si è presa male...

Il titolo giusto per la giornata di oggi è, senza dubbio, "gita al faro".

Abbiamo raggiunto il paese in tandem e prenotato un Texel Hopper, una sorta di taxibus a chiamata che recupera e rilascia passeggeri tutto il giorno (l'app funziona male, anche a detta degli autisti, meglio chiamare per prenotare la vostra corsa!).

Il conducente che ci è venuto a prendere guidava talmente veloce che, a un certo punto, mi è parso di sentire Andrea pregare. Dopo una mezz'ora di strada in stile "Speed", ma senza Keanu Reeves, siamo arrivati al faro.

Abbiamo finalmente assaggiato le bitterball e ci siamo stanziati su quella che definire spiaggia è a dir poco riduttivo: un'immensa lingua di sabbia bianca battuta dal vento, dove volano costantemente aquiloni e dove corrono delle mini auto che sembrano un incrocio tra un kite surf e un go cart. Io mi sono messa a scrivere, lui a raccogliere reperti per le sue cianotipie.


Nel primo pomeriggio siamo rientrati con un altro Texel Hopper che andava talmente veloce da farci credere, più volte, che ci saremmo ritrovati in un attimo nel 1985.

Appena arrivati in paese merenda e spesa perché, come ieri, abbiamo deciso di goderci gli spazi verdi attorno all'hotel e cenare lì, sfruttando la magnifica cucina attrezzata.

Prima di metterci ai fornelli abbiamo fatto un bagno veloce in piscina, è quindi giunto finalmente il momento di elencarvi i motivi per i quali sto amando così tanto il Nieuw Leven Texel: 

- è stato certificato hotel più sostenibile d'Europa e non stento a crederlo 
- l'elettricità è autoprodotta con pannelli solari e la struttura sfrutta il geotermico
- la doccia è incredibile: ricicla buona parte dell'acqua usata con un complesso sistema di filtri e la rimette in circolo
- c'è un pollaio con galline, conigli e porcellini d'India con i peli a riccioli (muoio)
- c'è una piscina naturale piena di ninfee e piante acquatiche nella quale potete fare il bagno circondati dai pesci rossi
- la colazione, vegetariana (carne solo su richiesta) è buonissima e super ricca
- la stanza, sottotetto, ha due lucernai, uno per ogni lato del letto, da cui guardare le stelle o ascoltare la pioggia battere sul vetro
- la cucina, a disposizione degli ospiti, oltre che bellissima, è super fornita e molto funzionale
- le stanze non vengono pulite giornalmente, ci si autoregola per cambiare la biancheria e si evitano così lavaggi inutili di asciugamani e simili
- c'è un silenzio incredibile, ovunque
- nella reception trovate un piccolo shop con i prodotti locali e con stampe naturalistiche molto carine, che ritraggono piante e animali del territorio
- i gestori sono gentilissimi, ma questo ve lo racconto tra un attimo

17 agosto 2022 - verso Rotterdam
Il nostro amico Texel Hopper stamattina ci ha tirato il pacco: non si è presentato alla fermata (o forse, chissà, è passato talmente veloce che ha superato le 88 miglia all'ora e si è smaterializzato prima che potessimo vederlo).
Il gestore dell'albergo, un ex vigile del fuoco che ha messo in piedi tutto quanto insieme alla famiglia partendo dalla mini attività di affittacamere del padre, si è offerto di accompagnarci al porto con la sua mini cooper, sfrecciando a tutta velocità sotto la pioggia.

Abbiamo preso il traghetto addirittura prima di quanto avessimo pianificato, poi il bus e ora siamo sul treno verso Amsterdam, dove cambieremo per Rotterdam, la nostra ultima tappa!

Appena scesi dal treno, ad attenderci c'era ancora la pioggia, la prima incontrata fino ad ora. Siamo arrivati all'hotel bagnati fradici, ci siamo asciugati e sistemati e siamo subito usciti per visitare la zona con il Museo Marittimo, Witte de Withstraad (una via piena di locali e negozi vintage), l'Erasmusbrug e tutta l'area portuale, dove abbiamo anche cenato.
La sera, camminando assai, ci siamo letteralmente trascinati in albergo.

18 agosto 2022 - Rotterdam
Tutta una giornata intera per visitare la città!

Primo giretto nella zona vecchia di Delfshaven, dove abbiamo trovato isolati tranquillissimi e semi deserti, cortili pieni di fiori, mulini a vento e ponti aperti.

Da qui ci siamo spostati nell'area universitaria fino al Museumpark dove ci siamo fermati per scattare qualche foto al sole per poi proseguire e raggiungere il Markthal, il mercato coperto dove abbiamo anche deciso di pranzare.

  

Il pomeriggio è stato dedicato alle Case Cubiche di Piet Blom, un sogno per chi, come me, ama l'arredamento anni '70 e per chi, come Andrea, adora scattare foto di architettura, tra colori, simmetrie, linee, angoli e volumi.

           

Avevamo prenotato la cena un poco fuori centro città e abbiamo deciso di raggiungere il ristorante a piedi, allungando leggermente il percorso e visitando così un paio di quartieri molto carini, entrambi affacciati sui canali, dove il tempo sembra essersi fermato, i bambini giocano in piazza senza alcuna apparente supervisione, i murales cominciano a prendere piede sempre di più.


Per cena ci aspettavano al Gare du Nord: un ristorante vegano allestito sul vagone di un treno parcheggiato in mezzo a un giardino. Sembra uno strano sogno, di quelli che si fanno nel dormiveglia, ma è tutto vero ed è meraviglioso in ogni suo aspetto (se volete saperne di più, scrivo tutto nel box sotto).

19 agosto 2022 - il ritorno
Quando KLM ci ha mandato una mail raccomandandoci, viste le lunghe file ai controlli di sicurezza, di arrivare in aeroporto quattro ore prima del volo, probabilmente, non aveva capito che stava scrivendo a mio marito.

Il panico.

Ci siamo alzati alle 5, Siamo arrivati a Schipol quattro ore e mezza prima, la coda è durata 20 minuti e ora eccomi qui, in stile The Terminal, a vagare tra i negozi di bulbi di tulipani per le prossime 4 ore.

Il volo, in orario perfetto è andato benissimo, i panini di cui sono grande fan erano come sempre super buoni e Maurone commosso che ci aspettava davanti al terminal era bellissimo.

Fine.


BOX dove mangio e dove dormo?

Amsterdam
Ecco dove abbiamo dormito: un piccolo hotel (meno di dieci stanze) in un punto super strategico. Il gestore è molto gentile, la colazione è semplice e buona, ogni mattina si possono scegliere uova strapazzate o pancake freschi, preparati sul momento nella cucina a vista. 
Unica pecca, ma non è colpa di nessuno, è stato il caldo insopportabile. La struttura non ha l'aria condizionata, le finestre delle stanze non si possono aprire ad eccezione di un piccolo vasistas e, nonostante i ventilatori sparsi in ogni dove, scale comprese, la notte è stata dura.
Ci tornerei? senza dubbio sì. C'erano 32/33 gradi in Olanda. La gente si tuffava a bomba nei canali tutto il giorno. La mie giacche sono rimaste nel borsone. Sappiamo tutti che non è normale.

A cena
The Pantry: ci siamo stati la prima sera. B.U.O.N.I.S.S.I.M.O.
Dovrebbe offrire tipica cucina olandese e probabilmente è così davvero.
Abbiamo preso due menu completi ma diversi, per assaggiare più sapori possibili.
Il cameriere è uno spasso.
Il posto, dentro e fuori, è piccolo (noi abbiamo mangiato all'esterno).
Riservate il tavolo, abbiamo trascorso la cena circondati da persone che venivano invitate a tornare un altro giorno perché senza prenotazione.
Io, come al solito, avevo prenotato da Genova tipo due settimane prima di partire.
Ho digerito le polpette alle 4 di notte, ma ne è valsa indubbiamente la pena.
Little Thai Prince: scelto all'ultimo e prenotato on line prima di addentrarci nel De Wallen. Buono e strategico per girare il quartiere. Non mangiamo mai thailandese in Italia e quando siamo all'estero cerchiamo sempre di rimediare.
Levant: un ristorante turco a due passi dal Van Gogh Museum. Abbiamo prenotato qualche giorno prima, sul presto, perché, oltre al fatto che qui si mangia tendenzialmente alle 19, ci veniva comodo agganciare la cena alla visita al museo. Abbiamo mangiato benissimo! Gli antipasti si scelgono direttamente da un vassoio pieno di piattini: la salicornia, ad esempio, era davvero deliziosa. Il servizio è stato molto rilassato, abbiamo cenato fuori, in una piccola terrazza accanto al canale. Prezzi non bassissimi, ma lo consiglio sicuramente!

A pranzo
SLA: è una catena, in città ce ne sono diversi. Noi abbiamo pranzato, per comodità, nel locale vicino al Sarphatipark. Eravamo alla ricerca di verdure, che ci mancano sempre quando saliamo al nord. Per me l'insalata più buona e abbondante di sempre. Se cercate di fare il pieno di vegetali, è il posto giusto.
Jacketz: patate ripiene deliziose! Se non volete esplodere scegliete la mezza, altrimenti esplodete pure, non sarò certo io a fermarvi. Io ho preso quella ripiena di verdura e ricoperta di formaggio olandese, lui quella con l'hummus e il salmone. Davvero buonissime entrambe.
Il locale è vicino alla stazione, molto furbo se, come noi che eravamo in partenza per Utrecht, vi trovate in zona. 
Cafè de Jaren: un bellissimo bistrot nato in una ex banca e, che ve lo dico a fare, affacciato sull'acqua. Io ho scelto il menu del giorno, con zuppa di pomodoro tiepida e crostone con hummus e verdure. Soddisfattissima! E grazie a Emanuele per la dritta!
Nemo Restaurant: all'interno dell'omonimo museo, una sorta di mensa sul tetto. Abbiamo mangiato un panino, nulla di incredibile, ma è stato un ottimo pretesto per vivere anche l'ultimissimo piano del Science Center. Ci sono alcuni tavolini e diversi giochi d'acqua interattivi, dove i bambini possono continuare a sperimentare all'aperto. C'è una bellissima vista sulla città e, dal punto di vista del cibo, un sacco di scelta, soprattutto per quanto riguarda le bevande.

Utrecht
Blij: un ristorantino un po' fuori mano, esposto sul canale, che abbiamo trovato e prenotato mentre raggiungevamo Utrecht con il treno. Bella l'idea di portare mezze porzioni, questo permette di scegliere due antipasti, due piatti principali e due dolci, provando diversi abbinamenti e sapori. Una cucina semplice e, nello stesso tempo, molto particolare. Cheesecake super. La sua posizione ci ha dato modo di osservare la vita serale sul canale: gruppi di amici in barca che fanno festa, uccelli acquatici che mangiano, navigatori solitari semi addormentati su canoe gonfiabili, il tramonto e le lucine della notte che si specchiano sull'acqua.

Texel

Ecco dove abbiamo dormito: ho già scritto parecchio su questo albergo, quindi vi lascio direttamente il link al loro sito. Hanno anche la pagina FB e il profilo Instagram, se volete dare un'occhiata in più,  soprattutto in merito ai lavori che sono stati eseguiti per realizzare la struttura.

A cena
de Conick van Poolen: una cena leggerissima e il ristorante scelto all'ultimo minuto senza prenotare. Il mio consiglio è, se invece potete, fatelo. Si mangia presto, in agosto i locali sono belli pieni, rischiate di vagare senza meta per un po'. Abbiamo comunque cenato bene, in compagnia del gatto di quartiere che, appena ha annusato il mio merluzzo, mi è saltato in braccio e lì è rimasto a sonnecchiare tutto il tempo.

A pranzo
Il primo giorno abbiamo preso un boccone al volo in una sorta di mega panificio a De Koog, il secondo giorno, invece, siamo stati al Torenrestaurant Texel, dove abbiamo provato le polpette fritte che vedevamo da giorni nei piatti di tutti. Sono a base di brodo, carne e farina e sono deliziose. Con birretta locale e vista faro, ancora di più!

Rotterdam
Ecco dove abbiamo dormito: una catena che non conoscevamo, un hotel dove ci siamo trovati più che bene. Non molto economico, ma quest'anno ci siamo mossi davvero tardi con l'organizzazione della vacanza, per cui non possiamo lamentarci. Tutto il soggiorno si basa sull'autogestione grazie all'app e al tablet presente in ogni stanza. Dal check in al check out, dalle luci alla doccia, dall'aria condizionata alle tende. Colazione ottima e super varia, molti (moltissimi!) turisti italiani, posizione a due passi (di numero) dalle case cubiche.

A cena
Hotel New York: un posto molto famoso, sicuramente da vedere, se non altro per il concentrato di storia che porta con sé. La cena non mi ha entusiasmata, ma probabilmente perché non sono più in grado di processare nulla. Ho ordinato quello che credevo essere pollo con qualche arachide e mi è arrivato uno spiedo enorme di carne di pollo compattata e ricoperta, su ogni lato, da un centimetro abbondante di burro di noccioline, a sua volta impanato nella cipolla fritta. Ogni tanto lo digerisco ancora adesso, credo.
Gare du Nord: questa è una delle mie classiche prenotazioni pazze, che Andrea accetta senza fare domande, poi comincia a porsele e poi, una volta accomodato, ringrazia. Si tratta di un ristorante vegano allestito all'interno di un vagone del treno, piazzato in un giardino nel bel mezzo della prima periferia di Rotterdam. Noi abbiamo cenato all'aperto, alle 18.30 perché era l'ultimo slot orario disponibile, ma credo che all'interno sia, se possibile, ancora più suggestivo. Hanno pochi coperti, lavorano solo su prenotazione per minimizzare gli sprechi e hanno un menu fisso che varia a seconda della serata. Quando siamo andati noi era pronta la cena indonesiana: una bontà incredibile. Servizio lento (in senso buono!), spiegazioni dettagliate, atmosfera surreale e tranquillità: il modo perfetto per concludere la nostra permanenza in Olanda!

A pranzo:

Jack Bean: ennesima catena vegana dove abbiamo trovato ristoro appena usciti dalla stazione, sotto il diluvio. Lui curry caldo, io immancabile insalata fredda. Tutto buono, bibita al rabarbaro compresa!

Il secondo e ultimo giorno in città abbiamo pranzato al mercato coperto, scegliendo patatine fritte (che se venite in Olanda non potete proprio non assaggiare) e ravioli cinesi. Nella struttura avete l'imbarazzo della scelta, dal pesce alla carne, dal dolce al fritto, dal cinese al sushi, dal greco al portoghese. In generale è tutto un po' caotico, rispetto ai mercati già visti gli anni scorsi (ricordo con infinito amore, per esempio, quello di Malmö), ma merita senza dubbio una visita, se non altro per restare a bocca aperta di fronte ai disegni sul soffitto.