mercoledì 25 aprile 2012

Le cose di oggi

Le cose di oggi sono tante e sono semplici. Sono un paio di scarpe da trekking (tipo quelle della foto), sono un'auto azzurra, un piccone, un barattolo arancione, delle taniche vuote e delle meduse secche. Chi mi legge o mi conosce sa che io amo gli elenchi. Probabilmente per una questione di ossessiva volontà di tenere sotto controllo tutto. Un foglio, una penna e mille parole scritte una sopra l'altra, o in fila, o numerate, o sottolineate. Se devo partire (a proposito, da quanto non lo faccio?), la prima cosa è la lista per la valigia. Se devo fare la spesa (e vivendo da sola immaginate quanto io debba comprare) è indispensabile il pizzino con su segnati lo zucchero, la pasta, il detersivo, il caffè... Faccio elenchi delle cose che mi piacciono, la mia amica X lo sa, scrivo in ordine quello che amo nelle persone che amo, riempio foglietti di cose da fare che spunto via via che le faccio, annoto sull'agenda appuntamenti, numeri telefonici indispensabili, indirizzi imperdibili. A Natale scrivo su un foglio i regali che devo fare abbinati alle persone che devono riceverli. Anche adesso, alla fine, sto facendo una lista. La lista delle cose di oggi. Dicevo, l'auto azzurra, il piccone, il silenzio, i licheni crostosi ovunque, i pini storti, i pini dritti, il rumore delle pietre che rotolano, i fiori viola completamente all'improvviso, i ciuffi d'erica, l'acqua, il vento forte, il sudore, la maglia del Festival, il gregge di pecore, i signori che chiacchierano sull'erba, le carote selvatiche, l'agnellino che si è perso, il torrente che scorre, le navi che fanno rumore, le moto in fondo alla valle, gli uccelli che volano piano, il mare laggiù, le mani congelate, i pantaloni con le toppe, la maglia rossa, le stelle filanti di erba secca, la corona sul bottone, i ragni che camminano svelti, le pigne piccole, il sentiero stretto, la corteccia spessa, l'euforbia verdissima, l'abbronzatura inaspettata, il barattolo arancione pieno di colomba, le tegole, l'aquila che non si è vista, la cappelletta con la porta aperta, la stufa arrugginita, la discesa veloce, le chiacchiere divertenti, i pensieri brutti tenuti lontano, le due quaglie di fretta, le taniche vuote poi riempite d'acqua fresca, il cane curioso e spaventato, la serenità passata dal mio cuore, le curve, le meduse spiaggiate e il sorriso di sempre. 25 Aprile, Festa della Liberazione.

mercoledì 18 aprile 2012

Photo


Sono seduta sul dondolo. Sui cuscini rosa che ha cucito mamma, con il pile giallo senape come lo chiama lo Sminatore e le luci spente. Sto pensando che le notizie del neurologo, anche lui propenso a credere all'ipotesi virus (le conferme si avranno solo armandosi di tanta pazienza), sono belle notizie. Sto pensando anche che giornate come quella di oggi, con quattro ore di animazione, due di studio e un pò di relax dovrebbero capitarmi più spesso. Essere impegnata con la testa in qualcosa che mi piace...che privilegio!
Qui avvolta dall'oscurità, con le dita illuminate dal monitor, penso a quando questo accadrà nella mia casa nuova e penso che in quel momento mi verrà in mente questa serata. Tutte le volte che mi sono soffermata su un istante dicendo tra me "un giorno ricorderò quella cosa" è accaduto, sono sempre riuscita a riportare alla memoria sensazioni, odori, rumori.
Mi capita anche con le foto, sfogliando il mio profilo su Facebook ricordo esattamente ogni istante immortalato, le immagini del mio viso, che qui sul blog non riporto quasi mai, sono sempre legate a momenti precisi che non ho mai dimenticato. Ora c'è il mio volto ripreso dal basso: mento, labbra, capelli ricci e arruffati, bianco e nero, stanza di Perugia in viaggio universitario. Poi la mia espressione perplessa durante una sessione di studio di chimica organica in biblioteca, un broncio post bagno a San Fruttuoso di Camogli, la mia faccia disegnata a pennarello da Giacomo, i vecchi riccioli rossi davanti agli occhi, la testa con una zazzera cortissima e scura immersa nel cuscino appena sveglia, uno sguardo spaventato e avvolto in una spessa sciarpona, un sorriso abbozzato mentre mi tengo il cappello con la mano in una giornata ventosa in barca, una risata verde a pranzo da Marina e Claudio che è come stare in famiglia, un ritratto bello e vero senza trucco e dopo un periodo difficile, un brindisi, la mia parrucca green, un profilo senese, uno degli scatti che mi rappresentano di più con la mano sul mento e il golf color bosco al bancone del circolo, una serata di cucito con la Vale e il vicino-vicino testimoni, una posa per la coinquilina aspirante fotografa, una foto ricordo pisana mentre sorreggo la torre con il mio lato b, qualche scatto con gli occhiali, uno casalingo in salopette verde (come sempre!), un primo piano al massimo dell'eleganza al matrimonio di Lucia, un sorrisone soddisfatto sulla cima di un ponteggio, la schiena asteriscata su un mare di nebbia e tantissime altre. In tutte queste foto sono io, ricordo l'ansia e la felicità di essere a Palermo da sola per qualche ora, le vigilie di Natale nella tana, i laboratori del Festival pieni di gioia e fatica, le mie tenere certezze con la testa rasata. Anche nell'immagine del post sono io, con i tentativi (per ora riusciti) di tenere la chioma lunga, con l'amore per i maglioni a collo alto e con la passione per le spille. Mi ritrovo in ogni scatto, amo quelli del vicino-vicino che mi vede sempre come sono realmente, vorrei averne con mio padre ma non ne ho, mi piacerebbe fare un viaggio e fotografare il mio viso in un posto nuovo.
Per ora mi accontenterò di sfogliare le foto che ho e fantasticare di cene in cucine accoglienti o di film su divani comodi: delle piccole foto in arrivo direttamente dal futuro che renderanno più semplice questo presente incerto.
Buonanotte!

domenica 15 aprile 2012

Spontaneamente


Non ho la foto che vorrei, perchè le foto le ha fatte Elli, compagna di lavoro al circolo e compagna di avventura ieri: abbiamo seguito il corso di riconoscimento piante spontanee, con particolare attenzione a quelle commestibili.
Nonostante il tempo minacciasse continuamente pioggia, nonostante il freddo, nonostante la stanchezza e l'arrivo di un turno serale, è stato bello! Un numeroso gruppo di curiosi, appassionati e futuri contadini, guidato da un esperto e simpaticissimo insegnante, ha vagato indisturbato nell'Orto Botanico di Cogoleto, osservando, fotografando, domandando, per poi mangiare abbondantemente frittate, torte, insalate e polpette preparate usando erbe aromatiche e piante spontanee.
Il pomeriggio, sotto una pioggerella sottile, abbiamo cambiato località e, seguendo una strada di campagna poco trafficata, abbiamo riconosciuto, raccolto e assaggiato un sacco di varietà botaniche diverse: la pimpinella, la silene, il tarassaco, la cicoria e i famosi ingredienti del genovese prebuggiùn. Finito il corso e tornata a Genova è stato bello aprile il circolo, apparecchiare per una cena di pochi, servire ai tavoli con tranquillità, chiacchierare con gli avventori di passaggio e con la volontaria in turno, aggiornare il calendario dei Tozzi e trascinarmi in Campopisano, ospite per una notte di pioggia, nella vecchia stanza di Marta ormai trasferita nella sua casa con l'ape fuxia in salotto. In una mattina assonnata, una colazione con il vicino-vicino, un treno caldo, un bus rumoroso, una salita bruciata e una gatta bianca in attesa. Le prossime ore saranno di tranquillità, di giardino, di creme per il viso, di doccia rilassante, di lavoro per il dottorato e forse di cinema dopo cena, The Artist dicono sia bello e io ho proprio bisogno di bellezza.
Domani neurologo e ricognizione mobili in casa nuova, due appuntamenti importanti che mi fanno agitare e sperare contemporaneamente...

sabato 7 aprile 2012

Feste di merda


Era inevitabile. Non ci sono pastiglie che tengano, regolatori dell'umore che aiutino, positivismi spinti che servano: sono arrivate le Feste e con loro una tristezza infinita. O rabbia forse. O entrambe, non so.
Giorni di casa, chiusa in casa, esco giusto la sera ogni tanto e meno male. Cerco di mettere a posto le cose del trasloco, considerando che tra un paio di mesi si ripartirà di nuovo per la casa nuova. Il collo va meglio, ma imbottita di medicine come sono non so giudicare se sia effettivamente migliorato o sia solo un effetto dei farmaci. Ho passato il pomeriggio così, a catalogare documenti, pensare a mio padre, ascoltare musica deprimente e aspettare non so nemmeno io cosa. Vorrei uscire e nello stesso tempo infilarmi sotto al piumone, come al solito. Vorrei aver risolto tutta questa questione della salute e contemporaneamente penso a quando sarò a posto e non avrò più il corso da barman, il circolo chiuderà, le animazioni finiranno e non mi resterà che lavorare per la ditta (ammesso che si continuino ad avere richieste) e studiare per un dottorato che mi costringe a seguire corsi completamente inutili ai fini della mia ricerca, a sostenere esami impossibili e a spendere un sacco di soldi in tasse. Gli affetti ci sono, eccome, ma stando lontano dal centro è difficile mantenere costanti i contatti con gli amici con cui ho vissuto due anni. Fortunatamente anche qui non sono sola, anzi, ma la paura di perdere quello che ho, in giorni come questo, è più forte di qualunque altro pensiero. Sette anni fa mangiavo l'agnello, era l'ultima Pasqua di mio padre e io non sapevo se comportarmi come al solito e impedirgli di cucinarlo per protesta contro l'uccisione di queste povere bestie o regalargli un pranzo come avrebbe voluto, facendogli chiaramente intendere che si trattava di un favore di fine vita. Avrei voglia di un abbraccio stasera, in cui perdermi e non pensare a nulla, in cui respirare tranquillità e in cui sentire possibile un futuro normale, da costruire con i miei ritmi, da riempire di passioni e di piccole cose mie.
Buone Feste di merda.

P.S. La foto è stata scattata tre anni fa, in occasione del mio viaggio a Palermo. Lì avevo avuto modo di trovarmi (devo aver scritto un post a tal proposito mesi addietro). L'androne del palazzo dove ho vissuto era così, pieno di fascino.

mercoledì 4 aprile 2012

Piovono polpettoni


Una ricetta, che ha avuto molto successo!
Qualche tempo fa cena in Campopisano: io, Marti, Andre, Marga e il vicino-vicino.
Menu: Torta di verdura con tutti gli avanzi che avevo nel frigo, polpettone di carciofi (la ricetta di oggi), pasta e fagioli, torta cioccolato e pere.
Il polpettone è finito in un lampo, tanto che ho dovuto difenderne con i denti un paio di pezzi per il povero Marga in ritardo.
Inutile dire che per questo piatto è un po' tardi, occorre infatti, perché sia buono, che i carciofi siano freschi e teneri.

Ecco, come sempre, gli ingredienti:
- 6 carciofi
- funghi secchi
- 3 uova
- parmigiano grattugiato
- 1 cucchiaio di maggiorana
- 1 spicchio d'aglio
- origano
- pangrattato
- prezzemolo
- olio
- sale
- pepe

Procedimento:
Ripuliti i carciofi delle foglie più vecchie e tagliati sottili, metterli immediatamente in acqua e limone. In una padella cuocere i carciofi con olio e sale, una volta pronti stendere i più integri sul fondo di una teglia rifasciata con la carta forno e spolverata con del pane grattugiato. Tritare grossolanamente (meglio la mezzaluna dell'incontrollabile frullino) i carciofi rimasti e poi ripassarli in padella con un trito di funghi secchi ammollati in acqua tiepida, aglio e prezzemolo. Una volta insaporito, lasciar raffreddare il composto e successivamente unirlo in una ciotola capiente a uova, parmigiano, maggiorana tritata, pepe e sale. Quando è ben amalgamato, ricoprire lo strato di carciofi messi sul fondo della teglia, spolverare il tutto con abbondante pane grattugiato miscelato con origano. Infornare a 180°C per mezz'ora. Buonissimo come antipasto, come secondo o come piatto unico, caldo o freddo.

Difficoltà: media
Cottura: almeno 30 minuti
Costo degli ingredienti: medio (dipende soprattutto dai carciofi e quindi dal periodo d'acquisto)

domenica 1 aprile 2012

Welcome home


Eccoci qui. A Vesima.
Da poche ore ho finito il trasloco, che mi ha riportata a casa dopo due anni di permanenza nella tana. Campopisano mi ha accudita per ventiquattro mesi esatti, le sue scale hanno tonificato i miei glutei, la sua luce mi ha svegliata la mattina, il suo terrazzo mi ha rilassata, il suo silenzio mi ha concentrata.
In Campopisano ho lavorato tanto, scritto report, studiato per gli esami, corretto articoli, organizzato animazioni e laboratori. In Campopisano ho cucinato, ho preparato la peperonata per la mia coinquilina, il cous cous con il vicino-vicino, le trofie al pesto per lo Sminatore. In Campopisano ho ospitato gli amici, ho giocato alla wii, ho bevuto vino sul divano, ho ascoltato le confidenze di Marti, ho steso i panni un milione di volte, ho riempito il frigo di verdure e ho dormito in tutte le sue cucce. In Campopisano ho fatto l'amore, ho pianto, ho riso a crepapelle, mi sono arrabbiata, ho sognato mio padre, ho ascoltato musica a tutte le ore, ho visto film sotto al piumone, ho acceso candele, ho parlato con Scheggino, ho aspettato l'idraulico una ventina di volte e sempre all'alba, ho appeso quadri, ho letto libri meravigliosi, ho preparato dolci buonissimi, ho cenato sul tetto. In Campopisano ho avuto paura di perdermi, di perdere gli altri, di stare sola, di stare con qualcuno, di non riuscire a parlare, di non poter sentire, di dover cambiare, di non saper ricominciare.
In Campopisano ho fatto un trasloco, ho guardato i muri perdere i quadri, le finestre lasciare le tende, le mensole del bagno salutare i barattoli, la tana spogliarsi delle lenzuola verdi, la stanza svuotarsi delle sedie viola e delle campanelle appese, la libreria diventare un buco senza senso, la scrivania ripulirsi dagli ottomila post it, la bacheca tornare pannello, la porta della cabina armadio abbandonare gli orecchini appesi alla sciarpa, lo sgabello giallo salire in macchina.
In Campopisano ho visto Marta minacciare di legarsi alla porta, abbracciarmi forte in silenzio, dirmi che presto ci rivedremo e dormiremo ancora insieme. In Campopisano ho lasciato un po' di me e va bene così, ora si deve cominciare a pensare al futuro, alla nuova casa e a quello che mi attende laggiù.
Arrivederci...

P.S. http://ilmareingiardino.blogspot.it/2010/04/per-un-volo-sempre-piu-alto.html