venerdì 26 giugno 2015

Sentieri uniti contro il disagio

In questi giorni mi sento profondamente a disagio.

Al lavoro, con il mio corpo, con il resto del mondo. Sono poche, pochissime, le persone con cui riesco a stare volentieri e altrettanto poche le situazioni in cui mi sento di dire: "Ok, eccomi." L'ultima ieri in un campo di zucchine, tra impianti d'irrigazione anarchici e cestini rossi.
Come spesso mi capita non trovo il mio posto nel mondo, ma nemmeno nella città in cui abito o in quelle vicine. E' ormai chiaro che si tratti di un problema legato a me, a questo carattere che non si arrende a diventare stronzo e a desensibilizzarsi, nonostante rispetto al passato lo so solo io quanto abbia imparato a non sentire le cose. Sempre di più. Sempre peggio.

Eppure spesso non basta e questo è un periodo in cui non basta.

Perciò mi aggrappo con le unghie e con i denti alle cose che mi salvano, a quei momenti piccoli ma per me enormi che funzionano come una perfetta zattera, pronta a traghettarmi da una sponda all'altra del Fiume Sconforto.
Come sempre, il regno dei ragni è quello che mi tratta con i guanti, che mi avvolge e mi protegge tenendomi fuori da tutto, che mi permette di camminare e scivolare senza (quasi) farmi male, che mi regala attimi di meraviglia inaspettata e silenzi dal valore inestimabile.
Io di tutto questo non sono mai capace di scrivere e mi affido, come al solito, agli elenchi:

- un giglio di San Giovanni appena sbocciato che ospita una piccola farfalla a pois
- una foresta di foglie verdi che diventano psichedeliche appena ti azzardi ad alzare il naso verso il cielo
- un'adunanza di scarabei che non abbiamo saputo spiegarci
- una merenda nella radura delle merende
- un paguro di montagna protetto dal legno e uno appeso per un filo di bava
- una ginestra che ha finito i suoi fiori
- una piuma a righe azzurre e blu che spunta tra le foglie secche e mi lascia a bocca aperta
- una "famiglia di volpi" che nasce da una pineta malata
- un panorama che chiamarlo Paradiso era inevitabile
- una storia di aerei che sanno dove andare che ancora non conoscevo
- un piede che scivola, una schiena che si sbilancia e un culo che atterra
- un picchio che batte in lontananza
- un giardino botanico bizzarro che conserva davvero quello che promette
- un cane che quando beve fa un rumore conosciuto
- un'aquilegia viola sulla sponda che scende
- un panino col prosciutto che pare il più buono di sempre
- una dose sufficiente di serenità per affrontare la settimana di difficoltà che sarebbe cominciata di lì a poco

Questo è successo lo scorso weekend, quando i sentieri si sono uniti contro il disagio, in una lotta lunga, bella, impari e non ancora conclusa.


domenica 21 giugno 2015

Thismustbetheblog #1: Melissa Erboristeria

Qualche giorno fa avevo scritto qui del mio nuovo progetto Thismustbetheblog: un viaggio non più solo virtuale per conoscere di persona le blogger che seguo e che, in qualche modo, fanno parte delle mie giornate.

Nel frattempo ho frequentato un corso alla Holden che mi ha aperto gli occhi su molti aspetti di scrittura per il web che decisamente ignoravo, facendomi però sentire anche abbastanza esperta di questa strana materia che è il digital writing. Non ho nessuna intenzione di stare qui a parlare di SEO, copyright, snippet o tracciabilità, ma sono curiosa di scoprire se le cose che ho imparato influiranno in qualche modo sulle letture del mio piccolo, verde blog.

Per tornare all'argomento del titolo, dunque, oggi vi racconto la prima tappa del viaggio #thismustbetheblog. Perché ho scelto di pubblicarlo ora? Perché davanti a me c'è un giga pacco di prodotti che ho comprato da Melissa Erboristeria. Qualcuno di voi ancora non conosce questo luogo magico? Ecco dove trovare info utili, foto splendide e tanta poesia:
Il catalogo
Il mondo Instagram
La pagina Facebook
Il sito web
Per me è andata così: taccuino rosso alla mano (lo stesso su cui sto scrivendo adesso, dal treno, come mi capita spessissimo quando viaggio) con la "lista della spesa" sono entrata nel negozio di mattoni e fiori a 65 passi dalla Mole. Valeria era un momento sul retro e ad accogliermi è stata la mamma, dolcissima, piena di premure e subito pronta a raccontarmi la sua passione per le tisane, gli infusi e le erbe in generale. Mentre stavamo chiacchierando è arrivata Valeria, che è ancora più alta, bella e gentile di come la si immagina seguendola sul web. Vestito blu a pois, zoccoli argentati, cintura alta per un vitino che nemmeno Marilyn, rossetto corallo, e centomila consigli.
Io giravo con il taccuino, lei mi portava davanti ad ogni scaffale e riempiva la borsa verde con le nostre scelte, i miei acquisti.

Alla fine ho svaligiato il negozio, erano mesi che non compravo nulla per la cura del corpo e raschiavo i fondi dei barattoli perché sapevo che sarei andata a Torino, perciò non mi sono granché limitata [e meno male che il gel all'aloe si può pure mangiare perché temo sarò costretta anche a nutrirmene]. Visto l'ingombro della maxi spesa ho optato per l'invio a Genova e ho tenuto con me solo la mousse detergente da viaggio (uno dei regali che mi ha fatto Valeria) e la mia nuova Tangle Teezer arancione vitamina, perché, come al solito, avevo dimenticato la spazzola a casa.

I prodotti che ho comprato sono così belli, profumati e buoni che mi verrebbe voglia di scrivere un post tutto dedicato a loro (com'è che si dice? Haul?), per ora mi limito a piantare la prima puntina sulla cartina del lungo viaggio di #thimustbetheblog, consapevole che non avrei potuto iniziarlo in un luogo migliore. Grazie infinite, Valeria, per la splendida accoglienza!


venerdì 12 giugno 2015

This must be the blog

Per la colonna sonora di questo post affidatevi a quella di This must be the place.

Ieri, la stanza bianca non era più bianca. Era più grande, più colorata, con delle lampade bellissime.
Anche Lastanza, tutto attaccato e con la L maiuscola era diversa: soffitti altissimi, pareti color crema (ho persino contribuito nella scelta della tinta), più seggiole, poltrone, tappeti e...quella finestra. Con quegli alberi. Con quella luce.
Ho parlato per la prima volta del mio progetto davanti alle foglie di ippocastano, ho continuato davanti a un mojito e un margarita.
Il via a questa folle idea lo ha dato il film che regala anche titolo e colonna sonora al post di oggi: This must be the place di Paolo Sorrentino. Come diceva Gipi la settimana scorsa "la gente s'ammazza su Sorrentino". C'è chi lo ama, c'è chi lo odia, c'è chi perde giornate intere partecipando a infinite gogne sui social network o inneggiando allo splendido regista del secolo. Ecco, io ho visto Il Caimano, Le conseguenze dell'amore, This must be the place e un pezzo di La Grande Bellezza. Mi sono piaciuti tutti molto. Stop. E This must be the place mi è piaciuto più degli altri: per la fotografia innanzi tutto, per le musiche, per Sean che è bravo assai e per la sceneggiatura. Delle frasi che bam!, ti spezzano le ossa. Non le riporto qui, perché voglio scrivere di altro e perché in rete si trovano facilmente, vi basti "Io ho capito solo che a volte la gente se ne va". (bam!)
Quindi, che c'entra il film con il mio nuovo progetto? C'entra eccome, perché mentre Cheyenne va alla ricerca di un uomo e in realtà fa un lungo percorso per (ri)trovare se stesso io ho deciso che darò una voce, un volto, uno sguardo, una gestualità, alle persone con cui ho stretto relazioni sul web in questi anni, senza averle mai viste dal vivo. Mi rendo conto che possa sembrare folle ma ho deciso che i commenti, i like, gli scambi di opinione, gli incoraggiamenti, le mail e i tag non bastano più. Perciò parto e vengo a cercarvi. Potrei nominarvi tutte ma probabilmente dimenticherei qualcuna. Voi sapete chi siete e io spero che vi farà piacere prendervi un caffè con me.
Oggi sono a Torino, perché domani mi aspetta questo corso alla Holden (non vedo l'ora, lo ammetto), così, questa mattina, dopo un giretto in centro e una sosta nel bed and breakfast più bello del mondo, sono andata da Melissa con la lista della spesa e uno zaino di curiosità sulle spalle. L'ho incontrata, abbiamo parlato un po', mi ha riempita di consigli e regalini e poi non scrivo oltre perché a lei voglio dedicare il primo post del tour (che nasce on line, diventa reale e torna on line con l'hashtag #thismustbetheblog).
Appena sono uscita dal negozio di Valeria e ho cominciato a camminare sotto la pioggerella fine, mi è arrivato un messaggio di un'altra Valeria, l'inventore di mostri per intenderci, che era a Torino ancora per poche ore e...si è presa un caffè con me! Due tappe del mio viaggio in un solo giorno, un sacco di risate, parole a raffica e tanta comprensione.
Anche per lei ci sarà un post tutto speciale.
Non mi resta che andare a dormire, non senza aver prima salutato Mario e Patata, i gatti di casa, e sorriso ancora una volta a questo periodo pieno di incastri e coincidenze segni del destino.

P.S. Il nome del progetto è tutto merito del vicino-vicino, che quando finalmente svilupperà il suo sito internet potrò anche mettere il link. :-)
P.P.S.S. Prima che i "Sorrentiniani" (o i "Morettiani") mi scannino, lo so, Il Caimano è di Moretti, e Sorrentino è "solo" tra gli attori con un cameo.

domenica 7 giugno 2015

"Ha dimenticato quanto può essere crudele la pelle degli alberi?"

Allora,
è successo questo: è successo che da una settimana non faccio altro che imbattermi in coincidenze.
Non è la prima volta che capita, figuriamoci, ma me ne sto accorgendo di più, più profondamente, più dolorosamente.
Ma dolorosamente è un avverbio bello, positivo intendo, è un dolore buono che rimonta pezzi smontati.
Martedì ho visto un polletto, un figlio di merlo che provava a volare sotto lo sguardo benevolo di merlo padre e merla madre. Mercoledì sono tornata a casa mia e un polletto identico stava sullo zerbino, occhi piccoli e bocca spalancata. Ho provato a prenderlo e si è buttato dalla finestra, hanno provato ad acchiapparlo le vicine di sopra ma secondo me polletto è riuscito a fuggire.
Due giorni e due polletti diversi. E' la stagione direte voi, e io questo lo so, ma non riesco a non trovarci la coincidenza inaspettata. Venti chilometri tra un polletto e l'altro sono una coincidenza inaspettata. Punto.
Poi è successo che a Genova, come sempre, sono scoppiate le cose da fare. C'è l'Andersen Festival a Sestri Levante, c'è la Biennale della Prossimità, c'è la Repubblica delle Idee. E poi c'è Gipi.
Gipi al Museo Luzzati, dove è allestita la sua mega mostra, è venuto due giorni fa. Io sono andata ad ascoltare Smargiassi al Ducale e poi sono andata a Porta Siberia, con "Una Storia" nella borsa e cinquanta euro per comprarmi tutto quello che potevo. Ho preso il catalogo, ho preso una borsa di tela con l'albero bianco (io compro borse di tela e compro alberi, figuriamoci se non compro una borsa di tela con un albero stampato sopra. Qualcuno potrebbe dire che "E' la modernità che lo domanda", bene, lo dice anche l'albero quindi state sereni). Mi hanno pure regalato una calamita.
La scorsa settimana ho pubblicato questo post, dove ho scritto così: "Ho paura che tutto mi scapperà di mano senza che nessuno se ne accorga, ho paura che quello che vedo ogni giorno e che è così bello da farmi quasi male possa restarmi dentro e scoppiare. Come se togliessi la linguetta a una bomba e poi non riuscissi a lanciarla lontano".
Ecco, stavo ascoltando Gipi e lui ha parlato di cosa che scoppia, di cuore che non regge ed esplode, ha parlato di bisogno di raccontare, ha parlato della sua capacità di "farsi arrapare" anche dalla panchina dove ha passato l'adolescenza.
Polletto per due.
E' capitato di nuovo così, a distanza di pochissimi giorni ho trovato lo stesso mio pensiero nelle parole di qualcun altro e mi è persino venuto da vomitare, perché avrei voluto alzarmi e dirgli "Cazzo sì! E' quello! E' quella cosa lì!".
Poi ha parlato di Fiducia nell'acqua, o meglio, ha raccontato della tecnica che usa per dipingere qualcosa senza farsi guidare dalla parte di cervello (la sinistra) che quella cosa l'ha registrata e tende quindi a prendere il sopravvento e a dirigere il tratto, portandosi dietro preconcetti e sovrastrutture, penalizzando l'istinto e la forma primaria. Non credo di essermi spiegata ma di sicuro una cosa io l'ho capita: è possibile spegnere la parte sinistra e dare respiro a quella destra anche quando si scrive. Io a volte lo faccio ma non lo faccio di proposito, anche se mi piacerebbe molto esserne capace; di sicuro non scrivo come Gipi disegna, ma quello che ha detto io davvero l'ho capito.
Per curiosità sono poi andata a casa e ho guardato un video che era stato citato come valida spiegazione della tecnica divisoria di Gipi (destra/sinistra). Non so se si comprenda davvero guardando una mezz'ora di acquerello, di sicuro si vede chiaramente quanto il lavoro di questo artista (il corsivo è d'obbligo, sennò poi s'arrabbia!) sia una roba di testa, corpo, pancia, jeans, barba, phon, bestemmie e pomodori ripieni. Una meraviglia senza senso, esattamente come vorrei che fosse per me la scrittura e quest'anno che me lo stanno chiedendo, di scrivere intendo, mi allenerò tutti i giorni a farlo così, con un emisfero, con due, in piedi, seduta, da sola, in compagnia, con qualche punto luminoso di terra chiara coprente. Oppure senza.

"Anche se io non vorrei una pianura, vorrei dei boschi di montagna, per favore, se è possibile averli" (Gipi)