sabato 31 gennaio 2015

b di blogger

Non so se sia un caso (ma forse no) che ultimamente mi capitino sotto gli occhi post e riflessioni sul concetto di blogger, sul significato cioè di questa parola presa in prestito da un'altra lingua per definire un ruolo che forse identifica anche me. Dico forse perché non ho ancora capito né cosa si intenda per blogger, tanto meno se io faccia parte di questa categoria.
Nell'ultima settimana mi sono imbattuta in diversi post e video che hanno tracciato, ognuno a modo suo, una sorta di via da percorrere per capire il significato di questo termine.
Il primo è questo, di Vendetta Uncinetta, in cui Gaia non scrive in senso stretto di blogger, ma racconta come è diventata quello che è diventata, o meglio, quale strada l'ha portata a fondare un blog seguitissimo e, prendetelo pure come un giudizio di parte, pure bellissimo.
Poi ho trovato il video di Federica (Sweet as a candy), che in realtà per me è una recentissima scoperta e, come Clio sta facendo da anni, rappresenta uno dei pochi canali Youtube in grado di farmi rilassare: lei parla, io nel frattempo riordino, piego i calzini, metto lo smalto, edito foto e, inspiegabilmente, mi rilasso. Nel video Federica sottolinea diverse volte di sentirsi maggiormente una blogger che una vlogger (scrittura vs video) e io, ascoltandola, mi rilasso continuo a fare la stessa domanda: ma cosa è, dunque, una blogger?
Sempre negli ultimi quattro giorni ho letto il post di Vagina , in cui il tema "significato vero della parola blogger" attraversa tutto, dalla prima all'ultima riga. Ci sono anche ben due articoli di Chiara (Ma che davvero?): questo e quest'altro, che in maniera se vogliamo diametralmente opposta ci danno due dritte per aprire un blog e ci fanno riflettere su come "il regno bianco, impomatato e super ordinato" che si respira nei blog sia in realtà la cosa più falsa del mondo.
Anche la bellissima Justine di Le Funky Mamas ha scritto sull'argomento, con tanta onestà mi pare, facendo un poco di chiarezza sulla questione compensi, blog=lavoro, soddisfazione personale, difficoltà nel far capire agli altri cosa davvero tu, blogger per professione, faccia per vivere (e raccontando in maniera divertente come scattare delle belle foto di famiglia "facendo sparire" il caos super normale che regna in una casa abitata da quattro persone, di cui due con i denti da latte o addirittura senza, più un cane).
C'è poi questa uscita di Cucina Precaria, che a me piace sempre tantissimo, divisa tra la voglia di scrivere di cucina, i bisogni del piccolo Martinotino, la sua spontaneità: anche lei, come tante altre blogger, ha scritto della necessità di cambiare registro, di sentire di nuovo (o di più?) suo lo spazio on line che aveva aperto per sé e che non percepisce più in linea con la sua vita.
Per ultimo ho deciso di citare il post di Patamaga, forse perché, in assoluto, l'ho trovato più vicino a ciò che intendo io per blogger.
E dunque, cosa significa questa parola così assurda e, a mio avviso, limitativa?
Già Wikipedia sta in difficoltà e se digiti blogger su Google ti rimanda alla "pagina di disambiguazione". Perché blogger può essere la piattaforma da cui scrivi (Ilmareingiardino, per esempio, sta su blogger) ma anche la persona che segue e si occupa delle pubblicazioni su un blog. E cosa è un blog? Il termine blog è la contrazione di web-log, ovvero "diario in rete". (Wikipedia).
Ecco che ci si avvicina a quello che intendo io per blogger. Dall'età di quattordici (forse pure prima) anni, ho scritto su un diario cartaceo tutto quello che mi capitava. O meglio, ho scritto quello che sentivo il bisogno di buttare fuori. Questa (bella? utile? comune?) abitudine è venuta meno crescendo e, soprattutto, andando in analisi: le cose profonde, i malesseri radicati, le difficoltà più urgenti, venivano dette durante le sedute. Naturalmente, in un'ora, il tempo per condividere anche i momenti collaterali, belli o brutti che fossero, non c'era (e continua a non esserci), dunque il mio blog è nato così, per scrivere delle piccole (grandi) conquiste (difficoltà) di ogni giorno in un periodo in cui, per questioni economiche, stavo rinunciando all'appuntamento settimanale sulla poltrona arancione. Dovevo ricominciare a gestire da sola le cose grandi e pensavo che condividere con altri, che magari non mi conoscevano neppure, esperimenti handmade, gusti musicali, ricette di cucina, piccoli pensieri faticosi, risultati raggiunti con sacrifici e gioia, potesse essere una buona idea. Non è nemmeno un anno che i post di questo blog finiscono anche sul mio profilo Facebook e non è nemmeno un mese che esiste la pagina dedicata a Ilmareingiardino.
Sono dunque una blogger anche io?
Boh, sì, se si vuole intendere una persona che ha la voglia di mostrare ad altri quello che succede nella propria vita, tenendo presente però che, almeno nel mio caso, quaggiù ci finisce ben poco di quello che mi capita tutti i giorni. Non sono una blogger di professione se si pensa che da questa passione io stia guadagnando qualcosa a livello economico, non ho nulla in contrario a ricevere denaro lavorando in rete, semplicemente io non lavoro in rete con il mio blog (mentre prendo compensi per gestire blog e immagine web di altre realtà con cui collaboro). Se per guadagno si intendono anche conoscenze e contatti, beh, allora sì, in questo ultimo anno soprattutto, permettendo alla mia immagine web di crescere e navigando molto di più nel mondo blogger, ho conosciuto tantissime persone che sono felice siano, ognuna a modo suo, entrate nella mia vita.
Per finire (so di essere stata lunghissima, ma è molto che penso a questo post) volevo esprimere la mia noia assoluta verso le polemiche inutili su "essere un blogger non è un lavoro vero". Può darsi, se pensiamo a cosa significhi timbrare un cartellino, curare un paziente, fare l'operaio, insegnare in una classe, gestire un negozio, costruire una casa. Io (quasi) non lavoro in rete e quindi non so cosa voglia dire passare la propria giornata connessi e sempre sul pezzo, anche quando di stare on line e a bomba magari proprio non ne abbiamo voglia, però posso immaginare che non sia semplice. Mettere in piedi un'attività fondata (anche) sul web, sull'immagine che si offre di sé al resto del mondo (e che, gioco forza, ormai il mondo si aspetta di vedere), in un periodo storico come questo così legato all'apparenza perfetta sempre e comunque, credo sia a tutti gli effetti un lavoro, che ci piaccia o no. Si può decidere di non seguire nessun blog, di snobbare tutti i siti del mondo, di boicottare con coerenza estrema questo sistema, di non comprare nulla su internet (io, per esempio, non l'ho mai fatto!), ma penso che si debba sempre evitare di giudicare il lavoro degli altri, se è un lavoro onesto e, soprattutto, se non lo si è mai provato.

P.S. A proposito di condivisione, ho scattato questa foto un mese fa, pensando di caricarla su Instagram, poi non l'ho fatto. Stavo pranzando in rifugio per festeggiare il mio compleanno e stavo bene.

domenica 25 gennaio 2015

Curriculum Vitae


Come ormai sanno tutti, muri compresi, il prossimo weekend (per l'esattezza sabato 31 gennaio) scade il mio contratto.
Addio lavoro.
Ciao ciao assegno di ricerca.
Ho iniziato a "lavorare" in università nello stesso anno della laurea, il 2009. Le virgolette attorno alla parola lavorare sono d'obbligo:
- tre anni in una ditta piena di aspetti positivi (stimoli continui a imparare, nuovi punti di vista, sviluppo inevitabile di mostruose capacità di problem solving), ma le difficoltà erano dietro ad ogni angolo, il denaro era pochissimo, mentre moltissime erano le sconfitte e le delusioni.
- tre anni di dottorato senza borsa, che significa no stipendio ma anche no fondi per partecipare a convegni, formazioni, workshop, o per portare il tuo lavoro fuori dal laboratorio e farlo conoscere al resto del mondo.
Durante l'ultimo anno del dottorato arrivò la proposta: partecipare al bando per una borsa biennale, un assegno di ricerca, che mi permettesse di essere pagata per continuare il mio lavoro. Ho accettato e ho ottenuto il posto.
Quello che è successo dopo porta con sé ancora molte delusioni, tante difficoltà, aspettative disattese, speranze infrante e fatica (mentale, ovviamente). Ma in questi due anni ci sono stati anche convegni, scoperte, corsi formativi, soddisfazioni, collaborazioni, e soldi. Parecchi soldi. Ho imparato molto di me durante i mesi dell'assegno, ho visto fino a dove riesco a spingermi nel pretendere quello che è mio (e non sono capace, ve lo dico, non sono per nulla capace), ho imparato a credere in chi crede in me (almeno un poco), ho cominciato ad amare un po' di più questo lavoro, nonostante sia sempre preso troppo poco sul serio dalla maggior parte delle persone che invece dovrebbero valorizzarlo.
Ad ogni modo, tra una settimana esatta, il mio ruolo all'interno dello studio scientifico delle opere d'arte sarà concluso, dovrò produrre ancora un po' di materiale e non smetterò certo di sperare in una nuova opportunità, per me, nella diagnostica per i beni culturali.
Nel frattempo però cerco un lavoro.
E due giorni fa, chiacchierando con un'amica, mi sono ritrovata a mandarle una mail con le mansioni che mi piacerebbe svolgere. Mentre le scrivevo pensavo "questa roba potrebbe tranquillamente diventare un post per il blog". E, infatti, ecco qui lo pseudo elenco che ne è venuto fuori:

- La prima cosa che vorrei fare per vivere è scrivere (riviste, siti, blog). Ho qualcosa in CV quindi non partirei proprio "nuda".
- Vorrei continuare a lavorare nella didattica (della scienza ma non solo, anche laboratori più "semplici", basati sulla creatività, il riciclo, le robe mie insomma).
- Mi piacerebbe lavorare in una libreria o anche da un fioraio.
- Posso dare ripetizioni di materie umanistiche fino al liceo (esclusi latino e greco che non mi ricordo una cippa), mentre fino alle medie vanno bene tutte le materie, compreso il forse banale ma sempre attuale "aiuto compiti".
- Ok pure per babysitting.
- Ben accetti i ruoli di cameriera/barista (e forse pure aiuto cucina), in questo caso, utopia delle utopie, lo farei molto più volentieri a pranzo che a cena.
- Non l'ho mai fatto ma posso fare la commessa, nonostante ormai assumano solo apprendisti, quindi ciccia per l'età.

La mail si concludeva con questa speranza bella, che non si sa mai:
Questo per quanto riguarda tutti i lavori collaterali fatti fino ad adesso, se poi apriamo il mondo "lavoro per cui hai studiato", le cose si complicano e temo tu possa fare ben poco. Comunque, se sentissi di qualche museo, fondazione, centro, che cerca un "conservation scientist"...beh, eccomi!

domenica 18 gennaio 2015

Le montagne di Milano

Se Milano fosse sui monti ci sarebbero distese di colline innevate, cortili inumiditi dal freddo della notte, cascine dai sapori genuini, mucche, pecore, musei dedicati al legno e alla sua lavorazione, vette da conquistare.
Ma Milano non è sui monti.
Ma a Milano ieri c'erano tutte queste cose lo stesso, almeno per me.
Siamo partiti prestino e siamo andati diretti a Cantù, per visitare questa meraviglia qui. Cosa mi ha colpito di più?
Per farla breve, perché potrei scrivere un elenco infinito: gli sgabelli di mille legni diversi che sembravano dipinti, il tavolo Sant'Andrea (e te pareva) che sarebbe perfetto per le cene con gli amici se solo avessi una cucina tre volte più grande della mia, l'angolo profumatissimo dei mobili in cedro, la fila di biciclette d'epoca ognuna per un mestiere diverso (io sarei sicuramente stata "venditrice di pianeti della fortuna", con a bordo ben due pappagalli vivi e verdissimi) e le vetrine di coloranti per legno o segature di ogni albero possibile.
Da Cantù ci siamo spostati a Milano, parcheggio, metro e pranzo qua. Era una vita che volevo andarci, perché ogni racconto di amici che già c'erano stati era entusiasta e si concludeva sempre con "a te piacerebbe da matti". Infatti, mi è piaciuto da matti. Un'isola di verde nel cemento, un'aia di campagna tra i palazzi, in una via dal nome che ricorda un po' troppo quella di casa, tra tavoli colorati, banconi di legno e bimbi che urlano domandando "ma oggi non ci sono laboratori???". Laboratori per bambini in una fattoria con orto, giardino e bistrot incorporati. Lasciatemi lì.
Da Cascina Cuccagna siamo andati diretti a vedere la mostra delle fotografie di Bonatti, quelle scattate nel periodo in cui lavorava per Epoca (e non solo). Bella, tanta gente, tanti spunti di riflessione, tanti scatti che se si pensa ai mezzi a disposizione a quel tempo ci si chiede come sia stato possibile. Nelle foto tra i ghiacci, i deserti, le foreste e le praterie compare quasi sempre anche lui, come uomo avventuroso che gira il mondo e lo riporta a casa racchiuso in un'immagine. Una foto che tiene con sé, come Walter stesso dichiarava, anche l'attimo prima e quello dopo il click. Ma come faceva a fotografarsi da solo in cima a una duna, senza assistenti o autoscatto? Con i comandi a distanza. Prima via cavo, poi a trasmissione, posizionando le macchine su cavalletti, scegliendo lenti, messa a fuoco, inquadratura e ricominciando a camminare.
Tra le didascalie della mostra ho trovato questa frase di Bonatti, e in un periodo in cui anche i romanzi che sto leggendo e le mie personali riflessioni sulla vita e lo scorrere continuo delle cose mi parlano di realtà, ho pensato fosse bello annotarla sul taccuino e condividerla:
Una "realtà", dopotutto, non dipende anche dalla nostra capacità di immaginarla?
Sono circondata da gente che non è più (o forse non è mai stata) capace di immaginare una realtà. Non per forza bella e piena di soddisfazioni eh...anzi, vedo spesso persone che se non la possono immaginare perfetta non la immaginano proprio e fanno prima. Facile no?
Ad ogni modo, se non vi piace la montagna, se l'avventura vi spaventa, se Bonatti vi stava antipatico, andateci comunque a vedere la mostra, non fosse altro che per questa foto (la schiena di Walter, soggetto alquanto ricorrente).
Usciti dal Palazzo della Ragione abbiamo girovagato attorno e dentro al Duomo, siamo entrati in Galleria e da Rizzoli, dove c'è chi ha comprato un libro e chi (nella fattispecie io) si è innamorata di un piccolo oggetto di carta, una sorta di pop up che pop up non è, il primo lavoro di Emma Giuliani (una grafica francese di trentacinque anni, se non ricordo male quello che ho letto sul retro) che ha realizzato un capolavoro sulla vita davvero meraviglioso.
Il libro si intitola Vedere il giorno, edizioni Timpetill, e con pochi colori, forme semplici e costruzioni interattive dosate nella loro linearità, racconta tutto. La nascita, l'amore, l'amicizia, la morte in poche pagine. Dovevo comprarlo, ma la borsa già piena e la pioggia fuori mi hanno fatta desistere, nonostante il piccolo libro sia protetto da un sacchetto di plastica trasparente, come se dentro nascondesse davvero la vita. Mi rendo conto, queste sono le seghe mentali di un'innamorata della carta, ma non vedo l'ora che sia domani per correre in libreria a ordinarlo e magari scriverne qui o A casa di Cindy tra qualche tempo.
L'ultima tappa della giornata è stata la mostra di Segantini a Palazzo Reale, per fortuna avevamo comprato i biglietti on line direttamente da casa perché la coda in ingresso era interminabile. Dentro abbiamo trovato tanta (troppa) gente e delle sale poco pronte ad accogliere un flusso simile di visitatori; l'esposizione però è bellissima e ci sono opere che tolgono letteralmente il fiato. La mia personale e probabilmente banale classifica vede al primo posto Ave Maria a trasbordo e al secondo L'ora mesta, il perché non lo so dire, è troppo difficile spiegare le emozioni che si provano davanti a un quadro.
Quando siamo usciti dalla bolgia diluviava, corsa in metro fino al parcheggio, viaggio svelto verso Genova, pizza e farinata sotto casa.
Quindi ieri come è andata la mia gita a Milano, città di montagna?
Bene direi, tornata stanca ma piena di nuove cose in testa, e con un'immagine su tutte nel cuore: lo stormo di gabbiani che si alzano dalla banchina di ghiaccio mentre l'aereo di Walter si solleva per riportarlo a casa (vedi foto quassù, scattata stamattina in mezzo alla luce del giorno che inizia).


martedì 13 gennaio 2015

Vi presento "Leggermente"

Premessa
Questo sarà un semplice post di presentazione: breve, essenziale, di servizio per così dire.
[In realtà, lo sappiamo tutti, non ci riuscirò e sarò prolissa come al solito :-D]

Oggi è uscita la mia rubrica, anzi la sua prima puntata, sul blog di Cinzia. Su A casa di Cindy per intenderci.
Tutte le informazioni le potete trovare direttamente lì, sul post fresco fresco, completo di foto e musica scelte da me, perché Cindy le cose le fa bene e ti lascia totale libertà di movimento. Che bellezza. Se penso a quando, in passato, scrivendo per conto di altri, dovevo accettare correzioni alle mie frasi con aggiunte tipo "caleidoscopio di emozioni", mi sento male.
Quindi, come si legge nella presentazione della rubrica, il mio compito sarà quello di parlare di libri, una volta al mese. Quali libri? Quelli che mi hanno colpita o appassionata, quelli che ho appena letto o che mi porto dietro da sempre, quelli che mi sono stati regalati o che ho comprato dopo mesi di ricerche. Sarebbe bellissimo che si riuscisse a scrivere di libri tutti insieme, che mi segnalaste voi qualcosa su cui riflettere, un racconto, un romanzo, una raccolta di poesie. Mi sono appena accorta che tra i commenti al post c'è già un suggerimento e io ne sono così felice che con una mano scrivo e con l'altra mi infilo i calzini per correre in libreria a cercare "Nove storie sull'amore" di Giovanna Zoboli e Ana Ventura (che se leggete la scheda correte in libreria pure voi, secondo me). La bellissima opportunità che Cindy mi ha regalato in una mattina di inverno natalizio sarà utile anche per continuare questo progetto, un pochino addormentato perché, lo confesso, sono in letargo da lettura. Una cosa che ciclicamente capita e poi rientra, ma che mi porta a non leggere nulla. Ad esempio? Ad esempio ho comprato Casa Facile ieri e, io che di solito la inizio a sfogliare in mezzo alla piazza, non l'ho ancora aperta. Perciò spero che Leggermente possa aiutarmi a riguardare il mondo fuori in un momento di totale chiusura, possa annaffiare il PNBProject, possa darmi una spinta per riprendere a divorare pagine e possa regalarmi una scusa per comprare libri...una delle mie attività preferite!
Chiudo con una brevissima spiegazione del titolo, che è stato una scelta un pochino sofferta (emotivamente) e che per me significa poter scrivere in maniera leggera del leggere, parlando dei libri e del loro rapporto con la mente di chi li legge.
Sono stata lunga.
Lo sapevo.
Ciao

lunedì 12 gennaio 2015

Granelli

Ci sono giorni, settimane, periodi, in cui basta una frase qualunque, di una persona qualunque, per sentirsi subito un poco meglio.
Alla lezione di pilates di venerdì il mio insegnante mi ha detto "Brava, molto bene, schiena perfettamente dritta", senza sapere che stava regalando un granello di zucchero ad una giornata molto, troppo, amara per me. Grazie Luciano, alle diciannove di un venerdì qualsiasi mi hai fatto una carezza inconsapevole.
Ci sono giorni in cui basta davvero poco, in cui la soluzione è affinare i sensi e lasciarsi toccare dal bello, per quanto piccolo sia, per quanto bene si nasconda.
Il Secret Santa di quest'anno mi ha portato una buona stella che veglierà sulla mia casa: mai coincidenza è stata più azzeccata per un momento della vita in cui mi pare di vedere, come unico passo sensato per me e per chi mi sta vicino, che io me ne vada più lontano possibile.
Nel frattempo la stella bianca starà lassù, sopra la casetta di legno nero e la veglierà: grazie Ambaradanmamy per questa meraviglia!
Così ieri, che mentre camminavo veloce per raggiungere la funicolare e salire sui monti, ho trovato per terra la spilletta nella foto, ho di nuovo pensato al posto in cui vivo, a quello che ho costruito, a quello che ho sbagliato, a quello che potevo fare meglio, a quello che comunque non sarebbe andato diversamente.
Quante cose dipendono da noi? Tutte? Solo alcune? Nessuna? Quanto potere abbiamo?
A me ultimamente sembra di non averne nemmeno un po' e, nello stesso tempo, mi pare di dover aggiustare, sistemare, risolvere, mettere a posto milioni di situazioni che, per l'appunto, non dipendono da me.
E allora dove voglio arrivare oggi?
Voglio mostrarvi (e forse soprattutto mostrare a me stessa) che quando mi impegno e mi immergo in qualcosa che nasce dai miei pensieri, cresce nella mia mente, rimbalza nel mio cuore, i risultati alla fine ci sono. Sono piccoli magari, sono buffi, maldestri, emozionati, ma ci sono. E perché si vedano davvero occorre il granello di zucchero di cui scrivevo all'inizio del post, serve cioè che qualcuno che crede in noi, qualcuno che si accorge degli sforzi altrui e apprezza il nostro modo di guardare il mondo, decida di mostrarlo anche agli altri.
E così arrivano i messaggi di chi legge questo blog e mi vuole solo dire "grazie" e quelli di chi invece intende incoraggiarmi a continuare a scrivere, dando aria alla mia passione più grande, dando fiato alle parole che ho sempre pronte in punta di penna, in potenza.
E così arriva Cindy, che ama il novanta per cento di quello che amo io e che mi chiede di scriverne con e per lei, nella sua casa, esattamente nel modo che piace a me.
Cosa accadrà lo scoprirete (credo) domani leggendo il suo bellissimo blog e io mi impegnerò a condividere anche qui questo nuovo, piccolo, incoraggiante, granello di zucchero.

domenica 4 gennaio 2015

Trentatrètrentini

Niente foto con i calzini a righe sull'uscio di casa quest'anno. Un po' perché ho scordato i calzini a righe, un po' perché ho scatti ben più belli tra cui scegliere, un po' perché basta, è l'anno del cambiamento (volente o nolente) e magari cominciare a scegliere io qualcosa può essere un piccolo passo avanti. Quindi oggi quattro gennaio duemilaquindici ecco un'immagine di questa mattina al rifugio Prato Rotondo, dove ho festeggiato il mio compleanno con mamma e due vicini di Vesima e da dove sono poi rientrata a casa, a piedi.
Trentatré anni, come Gesù, e i miei amici ieri sera ci hanno tenuto a ricordarmelo!
Non ricordo di aver trascorso delle vacanze natalizie così belle. Davvero.
Sarà che dopo tutta la pioggia che abbiamo patito questo autunno, svegliarsi quasi ogni mattina con il cielo blu, il sole (troppo) caldo, e intere giornate da poter passare fuori, camminando, correndo, guardandosi intorno, è stato meraviglioso.
Cosa ho fatto in due settimane a casa dal lavoro?
Cucinato
Mangiato
Camminato
Di solito proprio in quest'ordine.
E ho festeggiato con tutte le persone che avevo voglia di vedere, ho preparato piatti nuovi come la zucca marinata e piatti vecchi come la pasta e fagioli, ho corso attorno alla casa dove sono cresciuta e attorno a quella in cui sto crescendo, ho camminato a Ponente e ho camminato a Levante, in compagnia e da sola, con la luce e con il buio, senza trascurare un momento.
Così, un'euforbia a picco sul mare incontrata a Punta Manara diventa il mio attimo felice del due gennaio, mentre in mezzo alla sera che arrivava (troppo) svelta tra i pini ho trovato un secondo tutto mio solo poche ore fa. E mi sono sentita felice.
Quanto ieri che ho festeggiato il mio compleanno semplicemente non dandomi tempi, dilatando tutto, facendo colazione all'ora di pranzo, chiacchierando con le amiche, passando a salutare nel mio negozio vintage del cuore, perdendomi in drogheria alla ricerca di qualche fetta di zenzero candito che mi togliesse la nausea. Ma anche cucinando per gli ospiti della sera, stanchi e reduci da un trasloco, pronti ad appendermi un paio di quadri da troppo tempo posati lì, a riempirmi di regali e a mangiare tutto quello che avevo preparato con calma, e affetto. Tantissimo affetto.
Ora non resta che:
- prendere in mano la situazione cibo e la mia totale incapacità di digerirlo, aspetto che ben conosco (perché mi capita assai spesso) e che immagino possa risolversi smettendola di sfondarmi di latticini e lieviti e ricominciando a riflettere sugli acquisti utili davanti al banco ortofrutta.
- rimettermi nell'ottica di sedermi al pc per lavorare, che altrimenti il sette mi prende una sincope.
- passare un sei gennaio di sole degno di tutte le feste appena trascorse. E perciò bellissimo.