giovedì 27 settembre 2018

Cavalcando i giganti


Musica

Tutte le mattine mi sveglio più o meno alle sette e mezza. Faccio colazione, mi vesto ed esco con le cuffie nelle orecchie. Percorro gli stessi vicoli, con la stessa luce che taglia a metà le facciate, con i bidoni appena svuotati, con le cassette di frutta ancora piene, con i cani che fanno pipì. Dall'inizio dell'estate la musica che non mi ha mai abbandonato è quella di Cosmo, ed è abbastanza strano perché non sono una grande ascoltatrice di autori italiani. Ogni sua canzone, però, prima ancora di entrare a piè pari in questo incubo, è stata perfetta per raccontarmi qualcosa di quello che stavo vivendo.

Ecco perché ho deciso di iniziare con lui il post di oggi, rubandogli pure le parole per il titolo.
Le mie, di parole, le ho raccolte nelle ultime settimane e rappresentano cose, situazioni, momenti, a volte addirittura attimi.
Sono scritte una dietro l'altra, perché, ormai mi conoscete, l'elenco è l'unica forma che mi salva quando non posso controllare nulla.
Eccole qui.

Il colore del cielo alle otto di sera, con le sagome nere degli alberi, dalle finestre grandi del terzo piano
Il ciclamino viola che beve al posto della signora Lalli
Le statue ricoperte di patina scura che mi fanno sentire sicura di sapere almeno qualcosa
Il cinghiale enorme che scodinzola nel buio
Le urla quotidiane del cinese
Il matrimonio in verde all'uscita dell'ascensore
Il profumo del nuovo latte detergente
Il mio maglione a coste grigio, oversize e comodissimo
Le mani sulla spalla che chiedono se ho bisogno di qualcosa
Le parole di conforto che si siedono accanto e piangono con me in uno dei pochi momenti di crollo
Il bastone della signora delle pulizie che si muove avanti e indietro, tra le sedie della sala d'aspetto
Il profumo del primario
Il "cara" delle infermiere
Il ragazzo con il virus nel ginocchio
Il Cristo crocifisso senza braccia e senza croce
Il gel per disinfettarsi le mani appeso in corridoio
Le gelatine di frutta Leone
I sogni al contrario e la sveglia all'alba
La goccia che scende lenta
Le liste infinite della spesa
Le scale polverose del patronato
I gamberi saltati in padella
La camicia da notte rossa
Le rose giallo ittero
Il bagnoschiuma della felicità
I discorsi belli e dolorosi passeggiando sotto gli alberi
Il sacchetto di zenzero candito contro la nausea
Il pranzo gigante del ritorno
La corsa a casa a perdifiato perché il telefono squilla a vuoto
Il mazzo di fiori in soggiorno con i grappoli di peperoncino
Il pianto inaspettato di Agata
Il pellegrinaggio senza sosta dei vicini di casa e le telefonate degli amici
Le ciabatte rosa
Le notti a leggere e a confrontarsi con i compagni di lotta
La faccia del medico della mutua
Le fotocopie, le code, i timbri negli uffici
Il mare calmo che ci scorre accanto percorrendo l'Aurelia la sera
La cena di pesce, senza domande, sotto gli ombrelloni
Il libro per bambini che non è ancora arrivato
La signora con il dito staccato
Il signore con la cacca nelle scarpe
Il tassista gentile al sorgere del sole
L'Autunno che arriva lo stesso
I viaggi in moto, con il vento che asciuga le lacrime
I colleghi meraviglia
Le battute in cucina e quelle al telefono
Le cose più rare

Potrei continuare ancora e lo farò, ma non questa sera.







domenica 2 settembre 2018

Il regno delle trappole di tulle


Negli stati di crisi il mio cervello ha sempre lavorato più del solito, soprattutto di notte.
Con l'insonnia, con i sogni.


In questi giorni, nei pochi momenti in cui mi addormento (comunque più frequenti di quanto sperassi), sogno moltissimo. Sogno situazioni vivide, potenzialmente tanto reali quanto assurde. Sogno moti di rabbia, sogno litigate, sogno case abbandonate aggredite dalle piante infestanti, sogno torte di compleanno ripiene di marmellata alla colomba, sogno di ricevere buste color avana indirizzate a una ragazza francese, sogno pacchetti regalo blu cobalto lanciati da una moto in corsa, sogno metropolitane che non partono, sogno metropolitane che partono lasciandomi a terra, sogno olimpiadi di corsa nel greto di un fiume, sogno laboratori rimandati, sogno gatti siamesi, sogno amiche d'infanzia, sogno ascensori lenti, sogno autobus sbagliati.

La notte scorsa ho sognato che dovevamo terminare un videogioco analogico, una scatoletta con tante scene intercambiabili in cui i personaggi, minuscole bambole di legno, venivano mossi a mano, liberati da corde, salvati da pericoli.
Si chiamava "Il regno delle trappole di tulle" ed era davvero difficile.

Due notti fa, invece, alla fine del giorno più lungo ho sognato il futuro e mi tengo stretto ogni passo.

Iniziavamo a camminare mano nella mano, faceva caldo e gli alberi erano pochi. Dietro una roccia enorme onde alte di schiuma bianca, come quella che c'è sulle spiagge bretoni durante la marea, ricoprivano tutto: "potete farcela, diceva il bagnino". E ce la facevamo, saltando su isolotti di sabbia, camminando radenti alla parete polverosa, aiutandoci a vicenda.
Dall'altra parte cominciava il bosco freddo, c'era neve ovunque. Soffice, profonda, dura, ghiacciata, scivolosa, bianca, sporca e freschissima. Tante cadute, qualche passo lungo, le gambe congelate, gli angoli bui, i rumori sinistri. Fino alla casa di sassi grigi, dove abitava una signora con i capelli grigi come le pareti, vestita con un abito grigio come i capelli. Ci ha fatto un caffè, ci ha dato una coperta, ci ha mostrato il suo canguro e la sua lepre arancioni. Aveva deciso di abbatterli, erano troppo impegnativi. Abbiamo deciso di comprarglieli, per ventitré euro, come in una canzone di De André. Ci ha spiegato che le sue due sorelle gemelle, saputelle e alla moda, abitavano nel centro storico, ci ha detto che lei aveva preferito restare lì. Siamo ripartite con un canguro e una lepre arancioni, due animali che saltano lontano e fanno danni in tutta la casa, perché non sanno stare rinchiusi.

Come è andata a finire non lo so, mi sono svegliata, ma sono certa che in ogni caso scapperemo dalle trappole di tulle in groppa a lepri e canguri arancioni.
Provate a prenderci.