mercoledì 24 febbraio 2010

Gift


Mi sono fatta un regalo.
Qualche settimana fa, un quadro, conosciuto per caso camminando in Via San Lorenzo.
Ho conosciuto anche l'autore, con occhi famigliari (nel senso proprio di famiglia), barba famigliare e silenzio famigliare.
E nel quadro ci sono io, con i miei laboratori di chimica e le zappe sinergiche nello stanzino. Il mio paesino colorato in cui posso chiudere persiane e porte per starmene in giardino. Scale per salire sui tetti come nei miei sogni e un bosco sullo sfondo.
Lì la questione si fa un pò più difficile, niente fronde, nè ripari. Il cielo è scuro, gli alberi nodosi, ritorti e complicati come il novanta per cento dei miei pensieri. Tanti uccellini osservano e pesano sui fili, ma non aiutano granchè, pesano e basta.
Forse è nevicato e forse fa freddo, anche se l'aria sembra non esserci. Non c'è luce, non c'è vento ed è tutto molto silenzioso.
I contorni della case sono lucidi e un pò in rilievo, saltano all'occhio quasi prima dei colori, che, pur essendo tanti, non aggrediscono, rimangono discreti.
L'Arte, è ovvio, è prima di tutto sensazione. Quello che piace a me per te è orribile, quello che ti esalta per me non ha alcun significato.
In questo caso io la Sensazione, con la S maiuscola, l'ho sentita come uno schiaffo in faccia (e chi mi conosce bene sa quanto odio gli schiaffi, soprattutto a sorpresa). L'incontro con il mio quadro è avvenuto di domenica, giornata intollerabile per me, ma ero in ottima compagnia, avevo accanto due amici, presenti da quando ero bambina piccolissima. Nella loro casa ho sognato più che in qualunque altro posto al mondo: l'arazzo di stoffa mi ha portata in Egitto, molte sere ho osservato affascinata una Genova di zucchero e guardato con sospetto maschere di cuoio appese alle pareti. Ho desiderato e ottenuto pietre dipinte, sono scappata da agguati ripetuti e ho concesso sorrisi e sguardi alla macchina fotografica (foto che, ricordo all'autore, scadranno al mio trentesimo compleanno).
Questa domenica d'inverno, tornata un pò bambina, ho conosciuto anche il mio quadro, me lo sono portata a casa e ogni giorno lo guardo, entro nel paesino e faccio un giro. Oggi ci scrivo anche su.

L'opera non ha titolo, che io sappia.
L'autore è l'artista Amedeo Baldovino

sabato 20 febbraio 2010

libera il giardiniere che è in te...


Ho conosciuto il Guerrilla Gardening qualche anno fa, per caso. Mi affascinava l'idea della spontaneità e della condivisione, del buio e del colore dei fiori. Quindi ho cominciato a fare ricerche: prima il web, poi le librerie e ora eccomi qua, reduce da un incontro con i fondatori italiani del movimento e da due chiacchiere con loro davanti al buon vino biologico di Valli Unite.
In verità i tempi dilatati del mio percorso di guerrigliera mi hanno permesso di affrontare l'argomento con molte persone e in diverse situazioni, di confrontarmi con punti di vista differenti, di leggere il libro sotto al sole salentino e prendere una mia precisa posizione sulla cosa.
Per chi non lo sapesse Guerrilla Gardening è un movimento internazionale (mondiale veramente), che riunisce cittadini qualunque, di città qualunque, età qualunque, religione qualunque, credo politico qualunque: unico punto in comune l'amore per la natura, l'esigenza di sperimentare e sperimentarsi, la voglia di verde tra il grigio cemento.
In Italia ci sono diversi gruppi, più o meno organizzati e vari, che hanno condotto "attacchi verdi" notturni con l'intento di riqualificare spazi vuoti tra le case, aiuole abbandonate, lembi di terra ricoperti di rifiuti.
Io stessa, e mamma ancor di più, abbiamo preso in custodia una fascetta scoscesa quasi in spiaggia e ogni estate, alla sera, i passanti che alzano il naso possono vedere una guerrigliera con stivali e annaffiatoio che si prende cura di edera, oleandri, agavi...
Ieri, con Terra! che ormai mi dà tante opportunità e soddisfazioni, abbiamo organizzato un incontro presso la Facoltà di Architettura della mi città, con Michele e Fabio (i guerriglieri di Milano). Nonostante un doppio sciopero dei mezzi pubblici che ha paralizzato il traffico e un clima terribile (pioggia incessante, freddo, vento e neve a bassa quota), l’affluenza è stata molto buona. Ad una partenza lenta è infatti seguito un corposo arrivo di persone: ragazzi giovani e meno giovani, cittadini impegnati in azioni di recupero urbano, giardinieri della domenica, mamme con bambini piccoli, semplici curiosi.
L’incontro è stato moderato da Giorgio Boratto, amico giornalista dallo spirito verde, la nostra Giorgia ha brevemente raccontato l’attività di Terra!, ma la parola è stata presto lasciata ai due ospiti che hanno illustrato le caratteristiche del movimento Guerrilla Gardening, le sue problematiche, le difficoltà e le soddisfazioni raggiunte.
Le fotografie proiettate hanno aiutato a comprendere l’entità degli “attacchi verdi” e la loro ricaduta sul territorio, non solo estetica ma anche fortemente simbolica. Il pubblico ha potuto interagire con gli ospiti facendo interventi, raccontando le proprie esperienze, ponendo domande e quesiti sulla legalità e sull’opportunità di confrontarsi o meno con le Istituzioni.
Il dopo conferenza è stato al Centro Culturale Belleville, dove abbiamo chiacchierato ancora e ancora, dove ho fatto bei discorsi con la mia amica Francesca e bevuto (troppo!) vino. Ora si che mi sento guerrigliera dentro e mi riconosco in un movimento "che in realtà non esiste", perchè chiunque può prendere una zappa, scendere in strada e piantare un fiore.

sabato 13 febbraio 2010

Arancia loves cioccolato


Oggi ricetta.
Si tratta di un dolce molto bello e molto buono, che portato in tavola fa un'ottima figura innanzi tutto dal punto di vista estetico.
Ho provato a prepararlo una sola volta, perciò devo apportare qualche modifica al procedimento che ho seguito affinchè i pochissimi difetti riscontrati scompaiano.
Ho trovato questa ricetta sul web e l'ho riadattata alle mie esigenze, come al solito. Il risultato è stato una torta in grado di soddisfare quasi tutti i sensi: è soffice, profumatissima, buona e colorata. Il procedimento è piuttosto semplice anche se gli ingredienti sono numerosi; non me ne intendo particolarmente di abbinamenti alcolici ma penso che si sposi molto bene con liquori come il cognac o l'armagnac.
Comunque ecco cosa vi occorre (solite dosi da 4/6 persone):

- 150 gr di cioccolato fondente
- 1 cucchiaino di cacao (amaro) in polvere
- 200 gr di zucchero
- 100 gr di burro
- 300 gr di farina per dolci (oppure farina 00 con un pò di fecola di patate)
- 1 vasetto di yogurt bianco (125 gr)
- 80 gr di latte
- 3 uova
- 1 bustina di lievito per dolci
- 1 bustina di vanillina
- un pizzico di sale
- 2 arance
- zucchero a velo (facoltativo)

Procedimento:
I passaggi sono a questo punto davvero facili, basta mettere nel frullatore il cioccolato, il cacao e lo zucchero fino a raggiungere una polvere omogenea. Spostare in una ciotola e aggiungere il burro morbido spezzato a dadini, lo yogurt, il latte, le uova, la vanillina e la scorza di un'arancia (abbiate cura di non grattare la parte bianca del frutto, è troppo amara).
Mescolate il tutto, aggiungete la farina e il sale e aiutatevi con le fruste elettriche finchè il composto risulta essere ben amalgamato. In ultimo mettete il lievito.
Tagliate ora a rondelle regolari l'altra arancia, lasciando la buccia e cercando di essere precisi nell'ottenere le fette rotonde.
Versate il composto in una tortiera (io uso quelle a cerniera, comode e veloci), disponete con cura le rondelle di arancia sulla superficie e infornate a 170° per 50 minuti.
L'errore che ho fatto io è stato lasciare troppo la torta nel forno: con la famosa (e spesso ingannevole!) prova dello stuzzicadenti mi pareva che il centro fosse sempre mollo e crudo. Continuando la cottura più del dovuto il dolce è poi risultato leggermente stopposo, insomma era necessaria parecchia acqua (o spumante...) per buttarla giù.
Sono sicura che appena taglierete vi colpirà, come ha colpito me, il fortissimo odore di arancia che si sprigiona immediatamente dal cuore della torta.
Come dice la ricetta originale (ma in internet ne trovate moltissime varietà), dopo aver lasciato raffreddare il dolce potete cospargerlo di zucchero a velo, ma secondo mè è così bello al naturale...
Buon lavoro e buon appetito


Difficoltà: media
Cottura: circa 50 minuti
Costo ingredienti: basso

venerdì 5 febbraio 2010

Erri ti presento Sally


Un post che nasce in un pomeriggio di pioggia e mal di testa, ma comunque un buon pomeriggio.
Ci sono per me sensazioni assimilabili, luoghi assimilabili, nomi assimilabili, dolori assimilabili, persone assimilabili…Per esempio i nomi Sara e Linda, Tommaso e Niccolò o le tinte ocra e melanzana, lavanda e verde salvia. Ci sono anche i giorni della settimana che hanno ognuno un colore preciso (lunedì azzurro, martedì giallo, mercoledì rosso, giovedì verde scuro, venerdì nero, sabato blu, domenica bianca), così come i mesi dell’anno, i numeri, le lettere dell'alfabeto e gli stati europei.
Più difficile è spiegare la vicinanza di alcune sensazioni, apparentemente così distanti e sconosciute come quelle che nascono dopo un funerale (molto simile nel mio cuore ad una festa di fine anno) o alla vista del mare d’inverno sotto una pioggia fredda (rassicurante come la moquette della casa dove vivevo da piccola o come l’odore dei fiori di magnolia).
Il mare d’inverno sono andata a vederlo ieri sera, prima di tornare a casa per cena, mi sono avvicinata alla spiaggia e a quel rumore confortante, ho respirato il vento del cielo, ho sorriso e con calma mi sono allontanata.
I dolori assimilabili sono ancora più complicati da individuare, ma ci sono: un dito chiuso nel cassetto è un tradimento, una fitta continua alla testa è una sconfitta, un mal di stomaco è la paura che tormenta. Le emozioni assimilabili sono secondo me le più belle e anche le più evidenti, io ne ho moltissime: programmare una serata diversa, preparare una cena per una persona speciale, iniziare un libro, progettare un viaggio, piantare un fiore sono decisioni a lungo termine, sono vittorie posticipate che assaporo col passare del tempo, più ancora che nel momento in cui comincia la musica, arrivano gli ospiti, si chiude il bagagliaio, finiscono le pagine, spuntano le foglie.
Queste sono le emozioni più belle, le sorprese invece no: un campanello inaspettato, un telefono che squilla di notte, uno schiaffo, una festa con trombette, un rimprovero senza pudore sono cose violente, angoscianti e difficili da rimediare.
Tra le sensazioni assimilabili ci sono anche accoppiate incrociate, come canzoni con profumi, odori con immagini, dolori con luoghi, sorrisi con parole scritte.
Erri, che per ora è solo nel titolo del post, nella mia mente è accoppiato; sia con persone fisiche, sia con emozioni, film, paesaggi, note musicali. E qui entra in scena Sally.
Erri è Erri de Luca, e Sally è la Sally della canzone.
Nei libri di questo scrittore e nel brano di Vasco io trovo riflessioni simili, mi commuovo e immedesimo in intere frasi o passaggi: due persone che raccontano la vita a modo loro, ascoltando il rumore della pioggia, parlando di “candide carezze”, di coraggio e di errori. Così come li sento io.
Sia chiaro, non amo particolarmente Vasco (Erri invece mi piace moltissimo), ma in Sally ha messo tutto, ha cantato al femminile, ha espresso dolori e paure che ho conosciuto, così come Erri nel suo “In nome della madre” ha addirittura partorito.
Forse queste emozioni hanno anche il medesimo colore, hanno ugual profumo e sono chiuse nello stesso paesaggio.
Non avrei potuto assimilare due autori più diversi probabilmente, e probabilmente questo post è solo un delirio pre febbrile...

Quando saremo due
Quando saremo due saremo veglia e sonno,
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l'uguale di nessuno
e l'unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l'universo
diventerà diverso.


(Quando saremo Due. Erri de Luca)