mercoledì 28 dicembre 2011

L'anno che verrà


Quasi un anno fa scrivevo il post dei buoni propositi per il 2011:
"PARLARE. Al primo posto, devo dire quello che penso, devo far presente i miei sentimenti se serve.
GUIDARE. E non dipendere più da nessuno.
CONTINUARE A FARE ATTIVITA' FISICA. Come sempre, senza drastiche diminuzioni, sennò la schiena (e la ciccia) ne risente.
LEGGERE. Come in questo 2010 appena passato, un anno ricco di libri.
LAVORARE. Per il gusto di farlo.
STUDIARE. Per non sentirmi mai fuori posto.
AMARE. Innanzi tutto me stessa, ascoltandomi ogni volta che posso."

Come è andata?
Parlare...forse un po' meglio, forse qualcosa comincio a dire, oppure forse comincio a non dire delle cose e a preferire l'azione alla parola. Che è anche meglio: so che non ascolterai? Bene, mi faccio i cazzi miei.
Guidare: non ci siamo proprio, punto di partenza, poche occasioni e le poche non sfruttate.
Continuare a fare attività fisica: male, malissimo. Ma non è solo colpa mia, ok che ho fatto meno pilates e mi sono fossilizzata in ufficio usando pochissimo gambe, braccia e schiena, ma dopo un inizio d'anno sfavillante alla Sciorba mi sono massacrata la caviglia e invece di andare al mare a nuotare ho passato mezza estate in ospedale. Quindi, mi perdono.
Leggere...l'immobilità ha aiutato la lettura, tanti libri, mille riviste e, grazie al dottorato, anche qualche articolo serio. Ottimo.
Lavorare: eccome se ho lavorato! Muvita, ditta, un po' di IMG e il programma futuro è molto più intenso...bene!
Studiare...come sopra, costretta dal lavoro, l'ho fatto con piacere, poteva andare meglio, ma so più cose che nel 2011.
Amare: ce l'ho. Ho amato tanto, tantissimo. Ho amato me stessa smettendo di amare, e ho amato gli altri ascoltandoli, capendoli, aspettandoli, rispettandoli, pensandoli, abbracciandoli, guardandoli negli occhi.
Arriva il 2012 e io cosa voglio? Le stesse cose del 2011...
In realtà sono i propositi ad essere i medesimi, cambiano forse un pochino i desideri, con le novità della casa e dei lavori freschi freschi vorrei avere la salute per divertirmi con lo sport e la leggerezza mentale per chiudere delle porte. Vorrei la serenità della mia mamma più di ogni altra cosa e vorrei godermi le persone che mi hanno trovata nel 2011. La mia coinquilina con i suoi riccioli e il comportamento naif, X e la sua dolcezza infinita, Fonso e le premure che mi regala tutte le volte che può. Vorrei anche che le persone del 2010 e degli anni passati restassero comunque le mie persone, che il vicino-vicino (presto più vicino che mai) fosse felice ogni giorno, che la mia "famiglia vesimese" continuasse ad accogliermi come sempre e a crescere ancora, che sorella Ale godesse della sua nuova avventura, che Sturm und Drang avessero più tempo per dire cavolate davanti ad una birra, che il lavoro e le persone giovani e meno giovani che passano le giornate con me sedute davanti ad un pc avessero tutto quello che desiderano dalla vita, che fratello Francesco fosse sereno sempre, che i pochi parenti veri che ho smettessero di incontrare ostacoli e difficoltà, che le colazioni da Nessie continuassero per mille anni ancora, che chi è stato ed è tuttora nel mio cuore trovi un posto tranquillo dove riposare e farmi sentire a casa, farmi sentire me stessa.
Quindi, anziché propositi, che alla soglia dei trent'anni aumenterebbero solamente la mia ansia da prestazione, sono i desideri che lancio nel 2012, almeno, se non si avvereranno, sarà solo colpa dei Maya.

sabato 24 dicembre 2011

A Natale siamo tutti più buoni


A Natale siamo tutti più buoni?
Non credo.
Dipende da cosa si intende per buoni. Essere gentili, fare regali, andare a messa di mezzanotte, chiamare i parenti, non dire parolacce, dare la precedenza alla vecchietta, salutare il vicino antipatico...
Io sono a casa, è la vigilia e non mi sento più gentile del solito, ho fatto pochi regali e molti dettati dalla stupida esigenza del ricambio (tu l'hai fatto a me, mi tocca farlo a te), non ho nonni da chiamare e gli unici, acquisiti, hanno sempre ricevuto la mia telefonata per ringraziarli della busta coi soldi, se possibile ho detto più parolacce che nel resto dell'anno, non ho aiutato nessuna vecchietta e non vedo l'ora di andare a pranzo dai vicini domani.
Credo che sarei buona se pensassi un po' di più ai cari che ho accanto e che faticano a superare il Natale senza avere pensieri terribili o che perdono persone importanti proprio in questi giorni, se facessi qualche carezza extra alla mia gattina bianca, se comprassi meno cazzate e risparmiassi ancora di più in vista della futura casa, se smettessi di sentirmi in colpa per ogni cosa che faccio e che non faccio, se la finissi di pensare al passato che è giusto rimanga tale, se mangiassi qualche cioccolatino in meno o non salissi sulla bilancia proprio adesso per sentirmi meglio una merda, se non mi riducessi all'ultimo per studiare e fare cose che dal 2 di gennaio saranno subordinate al mio nuovo lavoro pomeridiano.
Credo anche però di essere buona tutto l'anno, quando corro a casa nel week end perchè voglio fare compagnia alla mamma, quando pulisco il cesso io invece che chiedere aiuto a chi vive con me, quando faccio anche per gli altri che manco se ne accorgono, quando mi alzo presto per andare a lezione e vado a dormire tardi per prepararmi il pranzo, quando faccio il turno al Belleville anche se sono morta di stanchezza, quando mi preoccupo che tutti siano felici prima di me, quando sorrido ripensando a chi mi ha fatto male senza saperlo e che ancora alberga nel mio cervello, quando non rifiuto di vedere persone che non avrei affatto voglia di incontrare e quando do spiegazioni e giustifico comportamenti che ho tutto il diritto di tenere.
In questa sera di vigilia io penso alle mie di vigilie, le bimbe dagli occhioni neri che mi aspettano, i trent'anni che mi corrono incontro, un 2012 pieno di novità e una bellissima casetta che verrà riempita da: la famosa brocca rossa con i sei bicchieri figli, un dondolo meraviglioso con i cuscini a quadretti, quattro sedie colorate per la camera da letto e gli ospiti inattesi, un vasetto dipinto con grande precisione e il suo abitante tulipano, quadri e foto del cuore, un tavolino un pò sbilenco e la sua lampada di latta verde, un abat-jour blu che fa pochissima luce, un piattino con disegnate delle capre, un set di legno d'ulivo per gli aperitivi, i miei libri, una scatola piena di fiori e uccellini da posare su un comò che ancora non c'è, un kilim antico con i colori morbidi, uno sgabello giallo che diventerà il mio comodino...
Buon Natale

domenica 18 dicembre 2011

Piccolo vs Grande


Per il titolo andava bene anche "Sacchetti", ma faceva troppo Natale o troppo spesa alla Basko. Il succo è comunque quello: tante cose piccole in sacchetti enormi, e oggetti giganti in mini-borsine. Non è facile rendere l'idea, lo so, ma sono in quella situazione in cui vorrei avere degli spazi dove mettermi in ordine, delle federe vuote per la roba sporca come fanno gli scout, dei pensili nudi su cui posarmi, degli astucci liberi porta-pensieri. Invece, ovviamente, non è così. Tutto si mescola e sui pensili dell'amore c'è ancora un sacco di roba appoggiata, nel sacchetto della biancheria da lavare ci sono anche i calzini puliti, l'astuccio dei pensieri non è vuoto ma anzi è così pieno che non si chiude quasi più, nelle stanze della mia vita mobili inutili ovunque, che si mescolano con cassettiere nuove e sgombre.
Non riesco a iniziare percorsi felici senza zavorre, voltare pagine e chiudere libri senza tornare indietro a leggere frasi importanti, buttare via soprammobili orrendi per lasciare spazio a fiori colorati.
Ho pensato che forse il problema potrebbe essere nella sostituzione, ogni cosa che elimino la penso immediatamente rimpiazzata da qualcos'altro e probabilmente il guaio è proprio questo: stanza vuote da arredare piano piano, biancheria nuova ancora nelle scatole da scartare al bisogno, pensieri negativi (ma pure quelli positivi, perché no) lontani nella mente, mensole pulite che rimangono libere per future presenze. Questo per me è impossibile, mai fatto: finisce un amore e io attivo lo sgombro forzato, muore un gatto e ne miagola subito un altro, si rompe una scarpa e ho già il paio nuovo nella borsa, alla terzultima pagina di un libro entro da Feltrinelli per comprare il prossimo, le pastiglie non finiranno mai perché ho sempre la scatola di scorta. E così dove rimane Elena? In un perenne trasloco sentimentale, in cui non c'è spazio per il lutto della fine, per annusare un cuscino profumato o un maglione che conta, per riflettere su quale lampada potrebbe stare meglio in soggiorno, per comprare il libro che ci ispira nel momento in cui ci ispira, per ascoltare musica sul divano senza pensare a niente.
E' quasi Natale e io ho deciso di non leggere il post sui propositi 2011 almeno ancora per un po', oggi ho comprato qualche regalo che mancava e stasera cena dalla Ale come tradizione vuole. In questo anno che finisce ho comprato una casa, ora si può dire, andrò a vivere nel 2012 in un piccolo appartamento abbracciato dai vicoli di Genova dove dovrò risparmiare più luce possibile, ma dove potrò osservare spazi vuoti che mi aspettano. Nel 2012 comincerò anche un nuovo lavoro, o forse due: avrò la fortuna di passare i pomeriggi con un paio di bimbette dalla frangia nera e gli occhi scuri e scriverò qualche articolo per una rivista che mi garba assai. Ci sono progetti belli anche in Università e cercherò di seguire anche quelli, così da raggiungere, se tutto andasse in porto, le sette attività contemporanee...non male!
In tutto questo scrivere ho perso i sacchetti dell'inizio e voglio provare a ritrovarli ora completamente vuoti, per riempire quelli piccoli con cose piccole ma meravigliose come una colazione venezuelana tra amici e quelli grandi con con cose grandi come una mezza luna gigantesca in un giardino freddo d'inverno.

giovedì 15 dicembre 2011

Viva la Vida!


Troppo stanca per raccontare tutto quello che è successo questa settimana, tra le tante cose fighissime: HO I BIGLIETTI PER I COLDPLAY!!! Un ringraziamento con baciamano e regali votivi al vicino-vicino che ha fatto l'acquisto...Evviva!
Perciò festeggiamo con una bella canzone strappa lacrime di Chris & Co, una delle più belle e vere secondo me.
Buon ascolto e buonanotte.

A warning sign

A warning sign
I missed the good part, then I realized
I started looking and the bubble burst
I started looking for excuses
Come on in
I've gotta tell you what a state I'm in
I've gotta tell you in my loudest tones
That I started looking for a warning sign

When the truth is
I miss you
Yeah the truth is
That I miss you so

A warning sign
It came back to haunt me, and I realized
That you were an island and I passed you by
When you were an island to discover
Come on in
I've gotta tell you what a state I'm in
I've gotta tell you in my loudest tones
That I started looking for a warning sign

When the truth is
I miss you
Yeah the truth is
I miss you so
And I'm tired
I should not have let you go

So I crawl back into your open arms
Yes I crawl back into your open arms
And I crawl back into your open arms
Yes I crawl back into your open arms

giovedì 8 dicembre 2011

L'albero della Coccagna


Immagino una stanza con i muri chiari e un divano grande. Una sedia a dondolo con i cuscini e un kilim vecchio su cui sdraiarsi a leggere. Immagino una libreria grezza e tante lampade, immagino una cucina spaziosa con mille frullatori, un frigo colorato e una brocca con sei tazze rosse. Immagino piante appese e piatti, quadri e ombrelli, coperte e fiori. Immagino un bagno profumato con saponette e creme, una doccia pulita e una spazzola grande. Immagino una dispensa con le conserve e i barattoli di sott'olio, con le bottiglie di vino e i sacchi di riso. Immagino nicchie nei muri con libri, foto e curiosità. Immagino una stanza con un letto e una parete verde, con cuscini colorati e seggiole fuxia, con una scrivania antica e una lampada da tavolo di latta. Immagino tende spesse ma allegre, immagino uno stereo che suona buonamusica, immagino un pavimento di legno che fa tanto casa calda e un profumo di minestra che arriva dai fornelli. Immagino un giro nella piazza vicino casa e la voglia di ritornare sul tappeto a leggere. Immagino un pc acceso sul tavolino vecchio in camera da letto e una tisana calda che fuma in un angolo. Immagino bicchieri di vetro e seggiole tutte diverse, immagino un mazzo di fiori misti ogni sabato e una lavagna per i messaggi degli amici. Immagino una pianta sul frigo e un microonde di salvataggio, una tovaglia a quadretti rossi e una lampada da terra con la luce soffusa. Immagino un tappetino per non scivolare nella doccia e un bicchiere di quelli di una volta per gli spazzolini, asciugamani che si scaldano per il dopo bagno e pigiami sul termosifone. Immagino un tappeto in camera per fare pilates e un armadio che profuma di me, il cesto gigante di vimini per le borse e un panchettino giallo per prendere una coperta ripiegata in alto. Immagino di imparare a vivere con meno luce ma più libertà, con meno spazio ma più spazio, con meno compagnia ma più serenità, con meno riferimenti ma più concretezza. Immagino il mio albero della coccagna come un nuovo inizio, immagino le vostre facce se vi raccontassi come è andata e se provassi a convincervi che è la scelta giusta. Immagino tutto questo e, con un peso nel cuore, mi sento bene.

venerdì 2 dicembre 2011

Tsunami


Domani sembra ci sarà allerta meteo, fa caldo in effetti e il cielo pare pesante. Fuori gli uccellini di Campopisano cinguettano senza sosta, è mezzanotte e un quarto. Il vicino vicino e Nessie sono appena andati via, partitona alla wii...grandi soddisfazioni e grandi risate come al solito. Dico la verità che però qui, da sola, in cucina, con la casa ancora un po' tiepida di riscaldamento e una notte lunga davanti, ci sto bene. Ci sto bene perché posso pensare, posso immaginare questo immenso tsunami che si sta abbattendo sulla mia vita, portandosi via tutto, abbattendo certezze, sconvolgendo il paesaggio delle mie giornate, togliendomi terreno stabile ed equilibrio da sotto ai piedi e regalandomi cose nuove e inaspettate. Non so quanti danni farà, non so quanto sarà difficile ricostruire, ma so che sta arrivando. Una casa in vista, l'ho già scritto, ma è troppo prematuro per raccontare...questa notizia enorme avrà lo spazio che merita solo quando sarà una certezza. Un legame sempre più lontano, che torna nei sogni e nei ricordi, che mi fa sorridere e mi fa male e la cui assenza, nonostante tutto, mi rende una persona un poco più rilassata, forse. Nuovi arrivi, precari, incerti, che non so come accogliere, persone, lavori, opportunità. Ci sono chiacchiere e passeggiate, barchette di carta e cormorani, articoli di giornale da scrivere, presentazioni importanti da sostenere, un nuovo modo di sentirmi Elena che non sapevo esistesse. Arriverà uno tsunami ad alleggerire la mia testa, a farmi sentire libera, a darmi un'indipendenza mai sperata, a rendere più saporiti i miei giorni, più tranquille le mie notti. Scendono i muscoli perché non si arrampica, crescono i capelli, si intrecciano i pensieri e si allontanano le negatività. Si ritirano l'asciugamano, le creme solari, le ciabatte e la rivista dall'onda che arriva, si proteggono le cose che contano, i ricordi che resteranno per sempre e le isole felici e si lascerà andare tutto il resto. Lo prenderà il mare e lo porterà con sé, lo impiglierà sul fondo e nelle grotte buie, lo trascinerà al largo e lo romperà in tanti pezzi. Alla fine, dopo lo tsunami, ci sarà solo il mare in giardino.

giovedì 24 novembre 2011

Devo chiederti una cosa:


Ci sono cose che si pensano lontane: la laurea, il matrimonio, la morte di un nonno, la nascita di un nipote, l'acquisto di una casa.
Ecco, ora una di queste potrebbe pure essere vicina...e tu dove sei? Passi la laurea, passi la morte del nonno, ma come faccio a comprare casa senza fartela vedere?
Ho bisogno che tu mi dica che sto facendo una cazzata, che tu veda i lavori che ci sono da fare e smonti il mio entusiasmo di bambina, che litighi con mamma su ogni piastrella da riparare, che guardi storto il parquet con i segni lasciati dal cane, che ti preoccupi dei vicoli pericolosi e del posto auto lontano.
Ho bisogno che tu mi dica che è bella, che c'è la cucina in muratura come a Vesima, che è accogliente e ha anche la dipensa, che è piena di nicchie e i soffitti sono alti, che le finestre sono grandi e che il muro lo buttiamo giù per far passare la luce.
Qualche sera fa, con la gatta sui piedi e la coperta verde, ho preso un pacco nell'armadio: carta da pane marroncina un pò rotta sui lati, spuntavano un paio di occhiali da lettura, i tuoi, spuntava un cinghino di orologio, il tuo e spuntavano un sacco di lettere e foto.
Ne ho lette tante, scrivevi ai nonni da militare e loro rispondevano a te. Scrivevi anche ai tuoi di nonni, Ione e Tancredi (che nomi meravigliosi!) e loro ti mandavano lettere con calligrafie lunghe, amore e macchie di caffè.
La zia Iris che aspettava il tuo ritorno, zio Vinicio che ti raccomandava la salute, nonno Luigi che ti raccontava del lavoro e nonna Licia che si lamentava un pò.
Tu volevi andare a Roma, ma ti toccava invece cucinare per il comandante, volevi la camicia con i polsini e la cravatta coordinata, volevi tornare in licenza.
Ti ho letto tanto e ho tenuto per me qualche tua foto da piccolo, ora però ho bisogno di una mano, che faccio? Salto?
Non sono capace, o forse sì e non lo so, mi pare enorme e probabilmente lo è, ho solo bisogno di te. Ho bisogno di te e ho bisogno di tempo.
Mi serve tempo per decidere della casa, per scrivere la relazione di fine anno di dottorato, per dare un esame, per voltare pagine giganti, affrontare discorsi e guardarmi allo specchio. Ho bisogno di tempo e di te, e non posso avervi.
Almeno però posso desiderarvi, quello sì, posso rubare tempo alle cose stupide e cercare te nel mio carattere, nelle mie paure, nelle mie regole, nel mio rigore, nei miei sorrisi inaspettati e nel mio cuore.

mercoledì 16 novembre 2011

Extremely Loud and Incredibly Close


Le zucche, i gatti, il colore verde, lo zucchero di canna, le maglie con i bottoni, i cappelli, le galosce di gomma, l'arte di Christo, i fiori piccoli, le case accoglienti, le sciarpe che non pungono, gli aironi, la pasta e fagioli, i divani comodi, i viaggi in treno, le panchine al sole, le giornate di pioggia, le passeggiate, il tempo in cui si legge, i film di Von Trier, i tisanuri, le scaloppine al marsala, i vestiti color mattone, gli ombrelli, le abat-jour liberty, i pastelli a cera, il negroni sbagliato, i libri di Murakami, i calzini a righe, i montgomery, la birra bianca, i film dei Coen, le citroen due cavalli color carta da zucchero, Strasburgo, i contenitori di latta, la focaccia, l'odore del legno, le stufe, il pesto, i bruchi, cercare i funghi, Cat Power, la carta riciclata, il vino, le lucine natalizie, i tramonti viola, i licheni, il mare d'inverno, i gomitoli di lana, le calze autoreggenti, i capelli corti, il caffè, i dolci di ricotta, la Germania a novembre, gli spinoni, Erri de Luca, gli anelli vecchi, i jeans, le camicie a quadri, il riso nella minestra, le mulattiere, le luci soffuse, la musica jazz, i libri di Safran Foer, le serie televisive mediche, gli orecchini, il riso coi porri, l'amaro S. Maria al Monte, le sculture di marmo, i satelliti, i legumi, i paguri, l'eclissi di luna, i REM, le tillandsie, il tiramisù, il rimmel, arrampicare, le banane, gli stivali, le borse, l'odore dei libri, le torte di verdura, le vasche da bagno, il pilates, i musei, i tetti, le libellule, il muschio, le mandorle, il miele, le mani sui fianchi, gli orologi, gli stormi di uccelli, l'odore della pipa, le coperte di lana, i tappeti, il suono del violino, il rumore del correre sulla moquette, le campanelle, la panna montata, le poltroncine, il latte condensato, le aquilegie, Palermo, la farinata, il cinabro, i bambini, gli alberi di ginkgo biloba, lo zafferano, i cestini di vimini, il fritto misto, le collanine lunghe, i gialli scandinavi, le agende, le foglie, le tende alle finestre, il bucato steso al sole, pane burro e marmellata, l'ardesia, l'edera, i pavoni che fanno la ruota, la sogliola, il gelato, gli anelli nell'acqua quando tiri un sasso, i quadri di Fussli, scrivere, le stoffe colorate, i matrimoni, lo sciroppo di rose, gli anacardi, i quaderni per gli appunti, le capre, le matite colorate, l'uvetta, i costumi a triangolo, le calamite, gli sformati, la cioccolata, le lenti di ingrandimento, gli accenti, l'idea della Bretagna, le candele accese, i lemuri, Nick Drake, i bicchieri, le tisane, le sottovesti, i cereali, l'erba mossa dal vento...

domenica 13 novembre 2011

Le sagome nere degli alberi


Le sagome nere degli alberi su un cielo giallo e rosa.
Post breve, già lo so.
Sola a casa, a Vesima, febbre improvvisa e alta...prevedibile: troppo stanca, troppo esposta, troppo di corsa, troppo inconcludente, troppo spaventata.
Non avevo ancora finito di avere mal di gola e di tossire tutto il giorno che sono di nuovo qui, seduta su un divano, a guardare fuori. Fuori che c'è? C'è la foto del post, non proprio la stessa perchè non ho la macchina con me, ma la finestra è quella giusta, il panorama pure, gli alberi sono neri e il cielo è giallo e rosa.
Vorrei condividere questi colori, vorrei fare un sorriso grande e una carezza, vorrei essere stanca dopo una lunga passeggiata in Baiarda, vorrei andare a mangiare le castagne dalla Nessie e non avere così tanto mal di testa da non riuscire a studiare. Scelte giganti, la casa, il dottorato, me stessa. Il budino al cioccolato e la gatta sui piedi aiutano, ma non bastano. Non basta nemmeno l'ottimismo sepolto che mi fa dire: beh, per la presentazione hai quasi un mese, i percorsi IMG sono rimadati, il Muvita è organizzato, le persone che ami ora stanno meglio, la mamma è al cinema con le amiche, l'esame in qualche modo lo supererai, il lavoro lo dividerai con le altre, hai ricominciato palestra e ti fa bene, Novembre è il tuo mese preferito.
Come si fa con le diete, comincio domani che è lunedì, da domani sarà tutto più facile, basterà alzarsi al mattino e scandire la giornata con riunioni, animazioni, riassunti, colloqui, telefonate, seminari e si arriverà a sera in un attimo. Per oggi, che è ancora domenica, che ho la febbre, che fuori è giallo e arancione e gli alberi sono neri, che vorrei essere in Baiarda, la frase più vicina a me in questo momento è: sometimes crying in the shower is exactly what you need.

lunedì 7 novembre 2011

Lo sminatore


Oggi un racconto.

"Qualcuno conosce uno sminatore? Io sì.
E' una persona speciale, piena di coraggio nelle cose difficili e terrorizzata nelle più semplici. Ti chiedi ogni giorno come faccia ad affrontare certi rischi in solitaria, come faccia a non avere paura, a bastare a se stesso, a non sentire il peso dell'isolamento. Poi lo vedi seduto al bar, con una birra scura davanti, con i suoi occhi chiari tagliati dritti come fa lo scalpello col legno, con la camicia a quadri e le mani rovinate e solo allora capisci che non può aver paura nelle difficoltà. Quando c'è unicamente lui, quando non è responsabile di altro che non sia la sua stessa vita, lo sminatore non ha mai paura, va avanti tranquillo, ascolta il suo respiro, tiene immagini, ricordi, odori per sè e non teme nulla. Se però ti siedi al tavolo davanti a lui, ordini una birra chiara, intercetti il suo sguardo da faina, provi a non distogliere il tuo (ma sappi che non ci riuscirai mai) e con le mani cerchi le sue dita rovinate, lui tremerà. Il castello di pietre che ha costruito vacillerà, la sua scorza di legno duro si spaccherà, parlerà ancora meno del solito e vorrà essere altrove. Perchè? Perchè sarai arrivata tu, tu con la tua voglia di pensare a domani, tu con la paura delle cose difficili e l'amore per quelle semplici, tu che ti nutri di passione e sentimento, tu che in due è giusto.
Dall'istante in cui ti siederai quelle birre cominceranno ad avere un sapore diverso, una sera saranno amare da far male, quella dopo dolci come il miele, una sera le troverai troppo fredde ed un'altra ti disseteranno. Gli sguardi continueranno ad essere tagliati con lo scalpello, ma le parole diventeranno di più, le camicie a quadri non cambieranno, ma le mani saranno più morbide. Con il tempo lo sminatore forse imparerà a temere meno la compagnia e tu scoprirai che un pomeriggio sola con te stessa non è poi così male, lui saprà che la sua birra scura è più buona accanto alla tua chiara e tu penserai che vali tanto anche in una casa vuota, su un divano comodo, con un libro in mano e un pò di musica"

E io, uno sminatore, lo conosco davvero...

venerdì 4 novembre 2011

Comunanza


Eccomi. Tornata dopo dieci giorni di Festival pieni di tutto.
Non riuscirò ad essere euforica come vorrei in questo mio racconto perchè qui fuori è l'inferno, alluvione terribile che sta facendo vittime e danni spaventosi.
Chiusa nella mia tana, avvolta nel poncho di lana, col termometro sotto all'ascella, penso alla mia bella città devastata e al dolore di chi ha perso tutto.
Nel mio cuore c'è però il calore dei ragazzi del Festival, che da tutta Italia chiedono notizie, offrono letti, aiuto e parole di conforto. Persone che quasi non conoscevo, che ho amato da subito nella loro spontaneità e nel loro essere sempre pronti a condividere progetti, idee e momenti.
Ora ci si scambiano foto, video, ricordi, si ripensa alle bevute in Bottega del Conte, alla festa del Ducale, al compleanno di Sex con tanto di super pizza a domicilio, a posti assurdi come il Nick Masaniello, ai robot che fanno sumo, alla foresta di X, alle favole dei Ranocchi e alle Isole di Fonso.
La mia città annega e gli abbracci delle altre regioni si sentono davvero, amici che su Facebook usano una foto di Genova come foto del profilo, che postano solidarietà ogni due minuti e ti fanno squillare il telefono in continuazione.
Questa è l'aria che si respira durante il Festival, una ricerca costante di contatto e amicizia, dove un gruppo di persone che arrivano da fuori città affitta una casa che chiamerà Comune per due settimane, in cui tutti entrano, mangiano, chiacchierano, cantano e dormono come se fosse casa loro, dove per entrare ti fanno un pass da morire dal ridere, dove se vuoi due coccole dalla X basta girare il campanello e dire buongiorno.
Nonostante la fatica di conciliare tutto, lavoro, casa, impegni e dottorato, lo rifarei da domattina, ricomincerei a sgolarmi per i bimbi, a mangiare un pezzo di focaccia al volo, a strappare un ora al lavoro per vedere il laboratorio di un'amica, a correre al Belleville per una cena improvvisata, a bere cocktails annacquati alla super festa del Ducale, a ripiegare esausta al Conte dispensando sorrisi a chi mi è stato vicino con dolcezza i tutti questi giorni.
Pensando al Festival e alla mia amata città in ginocchio, chiudo questo post con un pò di tristezza nel cuore.

sabato 29 ottobre 2011

Moby Dick


Confesso di non averlo mai letto, non tutto per lo meno. Ma chissà perchè in questi giorni mi sento molto vicina al mitico capitano Achab, alle prese con l'enorme bestione e con le sue paure. Rifletto, mi impegno a superare ostacoli, cerco strategie per recuperare energia, ma ogni volta i problemi si fanno più grandi. C'è una casa in bilico, c'è un sentimento difficile, c'è un lavoro bello ma a volte frustrante, c'è un futuro che dire incerto è dire poco, ma ogni volta provo ad andare oltre. Ce la metto tutta per riuscire in quello che so fare, mi accontento del poco che ho per passare una serata tranquilla, cerco di prendere situazioni forse incomprensibili ai più come un dono. Ma in giorni come oggi, quando ad ogni traguardo raggiunto si alzava un nuovo ostacolo non sempre era facile saltare di nuovo. Hai voglia a indossare la collanina con le forbici, andare comunque a letto presto col sorriso anche se si vorrebbe fare tardi con gli altri, svegliarsi prima per fare la doccia ed essere operativi tutto il giorno, andare a comprare i regali per gli amici che compiono gli anni, organizzare il giro di laboratori del Festival per la mamma, provare a programmare (almeno col pensiero) i prossimi giorni di pseudo-ponte. Mi piacerebbe, ma non solo non riesco a dirlo, faccio fatica persino a scriverlo, che qualcuno mi dicesse "Sai, perchè non ti prendi una pausa tua, in cui leggere un libro, vedere una mostra, andare fuori a cena, passeggiare in questo bel novembre?". Per farlo bisognerebbe però avere i soldi per il libro, la mostra e il cinema e avere la forza di parlare chiaro innanzi tutto con me stessa. Sono una bomba inesplosa e lo so: ho voglia di passare del tempo bello con le persone che amo, tempo in cui dimostrare completamente i miei sentimenti, senza pensare ad altro che a stare bene. Invece sono la prima a dare spazio a mille altre cose, alla ditta, alle lavatrici (!), al secondo lavoro, al terzo lavoro, al dottorato, alla spesa...
E' un post di lamentele ma in fondo, dentro di me, vedo la schiena bianca della balena, so che è lì vicina e so che è solo il coraggio che mi manca. Probabilmente il primo passo è accettare l'invito a cena di quel tesoro della mia coinquilina che mi vede confondermi in mare aperto, per poi dormire un pò di più grazie al cambio dell'ora, spararmi un bel turno-festival di mattina con giro pomeridiano in famiglia, tornare a casa e cercare imperterrita ciò che mi manca, festeggiare con gli altri 700 e ricominciare a pensare a nuovi orizzonti lavorativi. In tutto questo resta sempre da capire dove sta Achab...e dove stanno le sue paure...

mercoledì 19 ottobre 2011

Selezione naturale


Una maglia a maniche lunghe, una felpa, un pile e un sacco a pelo come coperta. Ecco cosa indosso in questo istante. Non sto scrivendo dal polo sud, nè da quello nord. Sto scrivendo dalla mia stanza, Campopisano ovviamente, dopo essere corsa sul tetto per riparare il possibile dal vento e aver chiuso tutte le persiane. Chissà come sta il mio pomodoro dello scarico...
Il pomodoro dello scarico è un classico esempio di selezione naturale: una rigogliosa pianta che nasce e cresce nel tubo di plastica attaccato alla parete nord di questa casa, lo scarico della cucina (o del bagno) dove un coraggioso semino ha messo radici. Mi piace pensare al pomodoro come a un segno, una spinta a sopravvivere o, per non sembrare troppo tragica, un incoraggiamento a mettercela tutta. In questi prossimi giorni avrò bisogno di molta forza di volontà, o meglio, di molta forza e basta, da sabato verrò piacevolmente inghiottita dal Festival della Scienza e anche il mio mareingiardino ne risentirà. In realtà non vedo l'ora di iniziare: persone che ho voglia di vedere, visitatori (piccoli visitatori!) curiosi, serate al Conte, concerti, aperitivi, risate...
Rispetto allo scorso anno avrò meno turni, ho lasciato più tempo possibile alla ditta, giusto così, ma di sicuro mi calerò in atmosfera Festival fino in fondo, per godermi al meglio ogni giornata.
Oggi grandi fatiche, una mattinata intera di XRF al cimitero, la schiena a pezzi e fango ovunque, ma come sempre...meglio così! Meglio tanto lavoro e tanti impegni, meglio IMG domattina e corso al pomeriggio, meglio corso venerdì mattina e formazione animatori venerdì pomeriggio...meglio tutto questo che stare fermi a pensare. L'unico momento in cui ho fatto il grande errore, ovvero mi sono seduta a riflettere, ho scritto una lunghissima e iper contorta e-mail alla mia commercialista, per capire che diavolo sono io dal punto di vista lavorativo e dare un nome alla mia pseudo-povertà! Ancora nessuna novità.
Fuori il vento soffia fortissimo, io mi metterò a studiare prima che la stanchezza me lo impedisca definitivamente e cercherò di preparare un sugo di funghi da congelare per le concitate sere di Festival. Nel frattempo andrò a guardare il mio bel pomodoro coraggioso...

domenica 16 ottobre 2011

Siena, Pisa e il freddo.


Mattina presto, vento gelido, poco tempo per scrivere perchè a pranzo "Festa della Zucca" nel mio meraviglioso paese e devo cucinare.
La settimana scorsa sono andata a Siena con Vale e Serena, per un corso. Non ero mai stata a Siena perciò siamo scese un giorno prima e abbiamo visitato la città: bellissima! Piccola, molto più piccola di quanto pensassi, piccole le strade (ma per chi abita nei vicoli di Genova è semplicemente come essere a casa), piccola la piazza del palio, tanto da chiedersi: ma dove corrono i cavalli?
Una delle cose che mi ha colpito di più è stato il freddo. Un freddo inaspettato, ok che è una città continentale, ma dover chiedere una seconda coperta nel bed and breakfast o uscire con tutti i vestiti della valigia addosso uno sopra all'altro non me lo aspettavo proprio.
Di Siena mi hanno colpito i colori, tre giorni di tempo splendido e di azzurro da fare male agli occhi, uno sfondo turchese per una città arancione. Mattoni, mattoni ovunque e marmo bianco, un duomo lasciato incompiuto, delle mura che diventano vigne e ulivi, pasticcerie ad ogni angolo. Gli archi sono portafoto che incorniciano paesaggi, nelle pizzerie ci sono frasi scritte sui muri: "anche l'orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno" e ogni contrada ha il suo simbolo che ti aspetta in piazzetta. Finito il corso e finita Siena, una serie di coincidenze fortunate ci hanno portate a Pisa, dove ho potuto finalmente coronare il mio sogno nerd: fare la foto mentre fingo di reggere la torre. Pensavo, magari cerco di capire in quale angolazione mettermi, chissà se ci sarà qualcuno che lo fa e che posso copiare...appena arrivate sui prati, davanti a noi decine di persone immobili, come tanti allievi di tai chi, che si appoggiavano virtualmente alla torre chi con le mani, chi con la schiena, chi con un dito. Io, che devo sempre fare le cose sceme, ho scelto il sedere per tenere su il campanile storto e mi sono guadagnata il soprannome di J.Lo. Finito anche il tempo per questa sosta inaspettata siamo risalite nella nostra Liguria, pronte per preparare la presentazione del convegno sulla maiolica e mangiare cinese a domicilio.
E il freddo è arrivato anche qui.

domenica 9 ottobre 2011

Ettore & co.


Più di una settimana dall'ultimo post. Perchè?
Perchè ho avuto un sacco di lavoro da fare (per fortuna!) e un esame da preparare...nemmeno un minuto per fermarmi e scrivere qualcosa di me.
Oggi però è domenica, una bellissima domenica di ottobre, col cielo blu, la tramontana e la casa vuota. Per la prima volta dopo tanto tempo ho passato il week end in Campopisano, per recuperare un pò di forze e prepararmi a una partenza. Ma cominciamo dall'inizio: il senso di inadeguatezza dell'ultimo post è pian piano dimuito e ora latita dentro di me, quando non si hanno momenti liberi è difficile pensare...per fortuna. Dal lunedì al giovedì non ho fatto altro che lavorare e studiare, studiare e lavorare, lasciandomi due sere per riunione del Belleville e dell'IMG e una per tirare un respiro in palestra e a cena dalla Ale. Come sempre le serate con la mia sorella mancata sono carburante per lo spirito, davanti a due mini sformatini caldi e due belle rosse fresche abbiamo chiacchierato di tutti i nostri casini e della bellezza, tutto sommato, di amare qualcosa o qualcuno comunque, nonostante le difficoltà di lavori precari o uomini distanti. Le giornate in ufficio sono state dense di telefonate, e-mail e analisi da interpretare e mettere per iscritto in report conclusivi super importanti, fino a giovedì dove alternavo la correzione di un preventivo al ripasso per l'esame, una telefonata alla commercialista all'elaborazione di uno spettro Raman. Il venerdì è arrivato e, sostenuto l'esame con buonissimi risultati, sono corsa dal cliente dove insieme a Vale ho smanettato tutta la mattina con la nostra super pistola a raggi X e giocato con il meraviglioso gatto birmano della padrona di casa. Rientrate in ufficio con l'autista (adoro lavorare con i ricchi...) è scattato il pomeriggio relax: un pò di pulizie, una bella doccia e un'uscita romantica, per non parlare del giorno dopo. Il sabato iniziato con una super spesa di pesce per la cena di questa sera è continuato con un pò di lavoro a domicilio a casa di Lucia e finito con una cena da leccarsi i baffi al Belleville e un'altra uscita romantica. Ora è domenica, sveglia tardissimo e mille lavori di casa con Bon Iver, Beirut e Lou Reed che suonavano per me, la borsa per andare a Siena tre giorni che pian piano si riempiva e il terrazzo che aspettava l'acqua. Corsa fuori per comprare il gelato e la coca zero per il mio fratellone in arrivo e poi innaffiata selvaggia prepartenza, con Ettore che mi guardava dal suo ulivo e il sole che tramontava. Ora, mentre scrivo, Andrea che cucina con Marta, odore di stocafisso ovunque, pistacchi in mano e sorriso sulle labbra. Che meraviglia...

sabato 1 ottobre 2011

Parassiti, o che la forza sia con te.


Mi manca la forza.
Quella fisica intendo, e poi di conseguenza anche quella mentale.
E' come se vivessi velata, appesantita, con una rete davanti agli occhi che mi impedisce di vedere la mia strada e che mi porta ad adattare costantemente lo sguardo. Continuo a plasmare la mia visione delle cose sulla base di quello che gli altri vogliono che veda. E' così contorto che non si riesce nemmeno a dire.
Dovrei-vorrei però imparare a circondarmi solo di persone che me la danno la forza invece che togliermela, è questa la chiave, dovrei-vorrei evitare i parassiti e tutti quelli che mi fanno stancare facendomi arrancare verso le loro stupide aspettative.
L'errore è chiaro, dare la colpa agli altri. Non è responsabilità loro ma mia, io mi adatto potrei dire no, io resisto potrei gettare la spugna, io rispondo subito alle richieste potrei farmi i cazzi miei, io ascolto le necessità altrui potrei abbracciare le mie. Tutto questo votarsi mi fa perdere tempo, tempo che potrei impiegare per lavorare meglio o di più (e non nel week end o di notte), tempo che potrei usare studiando e preparandomi per fare meno fatica nella vita di tutti i giorni, tempo che potrei passare a non fare nulla. Ho il diritto di rispettarmi, di ignorare le domande, di non aprire le mail, di posticipare gli incontri, di rifiutare le uscite, di scegliere le compagnie, di non cenare alle otto, di svegliarmi tardi, di non tornare a dormire, di leggere per tre ore consecutive, di ascoltare musica per sere intere, di non lavare il bagno, di uscire prima, di fare due passi all'ora di pranzo, di dormire presto, di dormire tardi e di fare o non fare mille altre cose. Ho anche il diritto di essere puntuale, di rispondere alle mail, di rispettare i tempi altrui, di ascoltare, di essere disponibile, di collaborare, di sforzarmi, di sacrificare del tempo, di risparmiare denaro, di pulire la casa, di lavorare a oltranza, ma tutti questi diritti, almeno ogni tanto, vorrei che venissero dopo quelli del primo elenco.
Così, giusto per non impazzire e fare il pieno di forze, giusto per non perdermi di vista e ricordarmi che a me piacciono le coccole, che oziare sul divano con un libro e un pò di musica mi fa stare bene, che mangiare quando ho fame mi fa sentire libera, che fare un giro per negozi mi rilassa, che bere una birra senza impegno mi diverte, che dormire mezz'ora di più mi rasserena, che ricevere un abbraccio o un bacio non è un reato e che anche chiederlo non lo è.

giovedì 29 settembre 2011

Sbarazziamoci!


Post veloce perchè la giornata è stata dura e le ore al pc troppe...
La serata è già quasi finita per me, più che un pò di streaming non posso reggere e il soppalco è un sogno ormai vicino!
Questa sera torno un pò a casa, nella mia piccola-grande comunità, dove tutto è possibile e dove qualche vecchio vestito è un pretesto per sorridere: lunedì scorso, a Vesima, abbiamo dato vita allo Sbarazzo!
Che cos'è? In verità è tutto e niente, a seconda di dove si legge o di chi lo organizza le regole del gioco cambiano, e credo che in fondo il bello sia proprio questo: adattare un'iniziativa tutto sommato divertente alle proprie esigenze. Le nostre necessità erano quelle di sbarazzarci (appunto!) di vecchi vestiti troppo piccoli, o troppo strani, o troppo brutti, che restavano a impolverarsi e occupare posto prezioso negli armadi. Quale modo migliore se non mangiare sotto l'albero e scambiarci maglie, pantaloni, borse, addirittura scarpe?
C'erano i sandali del matrimonio messi una sola volta e poi abbandonati, c'era l'accappatoio viola con le ruches, la gonna trapuntata arancione, gli scialli con i fiori, le canotte a righe, i vestiti a pois, le sciarpine, le gonne lunghe e quelle corte, i jeans, i cappelli, le giacche e i cappotti. Colori, stoffe, sfumature, filati, tutti diversi e tutti personali, ognuno un pezzo del proprietario, ogni cosa simbolo di insospettabili vite precedenti, antiche magrezze, giornate di shopping compulsivo, regali inappropriati. La serata prevedeva il baratto di abiti dello stesso valore (ogni capo era contrassegnato da un cartellino col prezzo, da 1 a 15 euro), oppure l'acquisto. I maschi, banditi categoricamente dall'evento, hanno aiutato stendendo fili come appendiabiti e portando il vino, le femmine si sono divertite a scattare foto improbabili (tipo a me, vestita con la mia "nuova" tuta nera tutta attaccata in stile Eva Kant), a provare abiti, commentare modelli e immaginare accostamenti.
Cercando su internet scopro che lo sbarazzo è in voga ovunque ormai, specialmente negli Stati Uniti, personalmente lo trovo una buona soluzione per eliminare le cose inutili e rinnovare il proprio guardaroba spendendo poco o addirittura nulla! Inutile dire che questa serata è stata un buon pretesto per riflettere sulle cose di cui mi sbarazzerei volentieri, in senso moooolto più lato...

martedì 20 settembre 2011

andare, vedere, dare.


Una serie di tasselli che vanno al loro posto. Automaticamente.
Basta un consiglio, una considerazione, una parola buttata lì per caso e quello che pensavo fosse ormai lontano, almeno nella mia mente, torna, prepotente torna a rosicchiare.
La questione delle somatizzazioni, che nei miei sei lunghi anni di analisi veniva fuori un giorno sì e l'altro anche, oggi si ripropone davanti a me chiara più che mai. Sono stati sufficienti 15 minuti di colloquio con una persona che mi conosce pochissimo e alla quale ero andata a chiedere tutt'altro per fermare il mio cervello sulla domanda: e se davvero fossero tutti segnali?
Mi è stato chiesto: dov'è che non vuoi andare? Bella domanda, dov'è che non voglio andare?
Non lo so, non so nemmeno dove voglio andare, figuriamoci se so dove non voglio. Però, se proprio regalo un pò di tempo alla pulce che mi salta nell'orecchio, allora mi accorgo che in primavera sono state le gambe il problema: dov'è che non vuoi andare? Poi, all'inizio dell'estate, all'ospedale mi ci ha mandato un pezzo di plastica piantato in un occhio: cos'è che non vuoi vedere? Ora è la volta del calcolo che non riuscivo a mollare: cos'è che non so dare?
Probabilmente sono solo una cazzo di sfigata che ne ha sempre una, semplicemente una persona cagionevole di salute, ce ne sono no? Ci sono sempre state. Non credo e quindi non posso rivolgermi a un dio, nè per incazzarmi, nè per chiedere la grazia. Posso convicermi che sia il destino, che quel giorno dovevo cadere arrampicando proprio la sera in cui non avevo molta voglia di andare, che il pezzo di plastica o vetro o quello che era mi sia entrato nell'occhio proprio nel periodo in cui microscopio e pc erano i miei compagni di giochi quotidiani, che il calcolo mi si sia bloccato nell'uretere il primo giorno di ferie perchè era così che doveva andare. Potrei ripetermi il mantra di Giovanni Lindo che sempre va bene: "...così vanno le cose, così devono andare...". Oppure potrei pensare che la metamedicina non sia poi così stupida, che forse il mio corpo stia parlando al posto della mia mente che sono tanto abituata ad ignorare, che magari sia il caso di sedermi e tra una pillola e una puntura chiedermi davvero: Elena, ma dov'è che non vuoi andare?

domenica 18 settembre 2011

Ogni cosa è illuminata


Buffo, titolo e foto non corrispondono. L'immagine è buia, lo so, ma è autunno oggi e non ho voglia di accendere la luce. Dopotutto, ogni cosa è illuminata

"...La vita di Brod fu una lenta assimilazione del fatto che il mondo non era per lei; che, quale ne fosse la ragione, non sarebbe mai stata nel contempo felice e sincera. Aveva la sensazione di tracimare, di produrre e accumulare sempre più amore dentro di sé. Ma senza mai scioglimento. Tavolo, incanto dell'elefante di avorio, arcobaleno, cipolla, acconciatura, mollusco, Settimo Giorno, violenza, pellicina, melodramma, fossato, miele, sottocoppa...niente di tutto questo valeva a smuoverla. Si rivolgeva al suo mondo con onestà, alla ricerca di qualcosa che meritasse la quantità di amore che sapeva di avere dentro, ma a ogni cosa diceva: Non ti amo. Poesia troppo lunga: Non ti amo. Cena nella scodella: Non ti amo. La fisica, l'idea di te, le tue leggi: Non ti amo . Nulla sembrava qualcosa in più di quello che era davvero. Tutto era semplicemente una cosa, impastoiata, da cima a fondo, nella propria cosalità.
Se avessimo aperto una pagina a caso del suo diario - che deve aver serbato e serbato in ogni momento, con la paura che venisse perduto o scoperto o letto, ma di imbattersi un giorno nella cosa che finalmente valesse la pena di scrivere e di ricordare e scoprire che non aveva qualcosa su cui scrivere - avremmo trovato una qualche enunciazione del seguente sentimento: non sono innamorata.
E dunque si doveva accontentare dell'idea dell'amore - di amare il fatto di amare cose della cui esistenza non le importava affatto. L'amore in sé divenne l'oggetto del suo amore. Lei amava se stessa innamorata, amava amare l'amore come l'amore ama amare: ed era in grado, quindi, di riconciliarsi con un mondo tanto diverso da quello che aveva auspicato. Non era il mondo la grande menzogna salutare: lo era la sua volontà di renderlo bello e giusto, di vivere una vita già-avulsa in un mondo già-avulso da quello dove tutti gli altri sembravano esistere..."
(Ogni cosa è illuminata, Jonathan Safran Foer)

Ecco il libro che sto leggendo, buffo come Molto forte, incredibilmente vicino, emozionante, dispersivo, a tratti noioso e insostituibile.
Buona lettura.

sabato 17 settembre 2011

Lapillo is in the air!


Due giorni fa sono stata operata e ora Lapillo is in the air, anzi nella scatolina.
Come al solito il titolo non è casuale, come al solito l'ispirazione è una canzone che andava qualche anno fa (tanti!) e come al solito la spiegazione è semplice: al posto di Lapillo (nome deciso dal vicino-vicino in veste di "zio") avrei dovuto usare la parola Love, perchè in fondo questa è una storia d'amore.
I protagonisti siamo io e tutte le persone che, in questo momento di difficoltà, hanno voluto e saputo starmi vicino. Come si discuteva ieri, infatti, è proprio vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno: oltre alla mia famiglia e a mia mamma, che, instancabile come sempre, non mi ha lasciata un attimo, tante facce sorridenti e piene di affetto mi hanno aiutata ogni giorno. A iniziare dai vicini-famiglia, che, appena hanno visto il fiocco azzurro appeso al cancello, hanno cominciato il pellegrinaggio fatto di regali per la "neo-mamma", coccole e inviti a cena, passando per i medici simpatici, professionali e dolcissimi, fino agli affetti di una vita sempre pronti ad aiutare. Non ho avuto grandi sorprese, nè grandi delusioni, sapevo chi avrebbe voluto di essermi amico e chi invece avrebbe preferito continuare la sua strada, senza fermarsi. E va bene così.
L'operazione in sè è andata bene, era semplice, ma pur sempre un intervento e io ci sono arrivata provata da un mese di coliche e di difficoltà. La ripresa però è buona e sembra anche piuttosto veloce, a parte i postumi dell'aperitivo di festeggio organizzato dai vicini, un chiaro tentativo di uccidermi! Se non ci sono intoppi domani conto di tornare a casa, in Campopisano, non vedo l'ora di passare un pò di tempo con gli amici del centro, che non hanno mai smesso di farsi vedere e sentire e che mi hanno fatto ridere anche poche ore dopo l'intervento con messaggi e battute.
Da lunedì si rientra al lavoro e le mie energie saranno concentrate sulle commesse arretrate e sugli esami del dottorato. Dovrò ricordarmi però di ritagliare sempre dei piccoli momenti per me, che mi aiutino ad affrontare le settimane di impegni con più leggerezza. Ho cominciato a caricarmi di positività già stamattina, facendo un salto veloce al matrimonio di Sonia (bella come una dea!) e continuerò stasera dedicandomi agli affetti più grandi e domani trascorrendo tutta la giornata con mamma prima al MET (la nuova manifattura etica di cui spero di scrivere presto anche qui) e poi in Campopisano, con una mega valigia da disfare e un terrazzo abbandonato da soccorrere. Anche questa è passata, in un annus horribilis fatto di caviglie slogate, occhi accecati, morti, perdite, inteventi e difficoltà di ogni tipo, anche questo momento avrà il suo significato.
Per adesso, love is in the air!

sabato 10 settembre 2011

Lib(e)ro, ovvero "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello"


Avete mai letto questo libro? Io sì.
In questa estate strana, ho alternato i consueti gialli scandinavi così da spiaggia e ombrellone a qualcosa di più "serio" come L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks.
Credo che si possa definire un saggio, sicuramente è un libro saggio. L'autore, medico che mi risulta essere ancora attivo seppur anziano, racconta storie di problemi neurologici, non con un taglio alla Doctor House, bensì con uno stile misto tra la glaciale cartella clinica e il personale affetto profondo.
C'è un sentimento dentro, che si mescola alla grande competenza professionale e che è indispensabile per comprendere le vite di persone che, per esempio, hanno percezioni sensoriali così distorte da scambiare la testa della propria moglie per un cappello o non riuscire più a riconoscere il loro stesso corpo.
Quando mi sono slogata la caviglia qualche mese fa ho sentito parlare per la prima volta di propriocettività (e ne ho anche scritto qui, se non ricordo male). In questo libro molti racconti ritornano sul concetto di percezione di noi stessi, che ci muoviamo in maniera automatica senza bisogno di "sentire" il nostro corpo: se prendiamo un bicchiere lo afferriamo e basta, ma ci sono persone, rare per fortuna, che non sono in grado di farlo spontaneamente. Una delle storie che mi ha colpita di più, è proprio quella di una ragazza della mia età che improvvisamente non si è più "sentita", ha smesso di "percepirsi". Il titolo del racconto è "La disincarnata" e, a parte la terribile angoscia che si prova leggendo cose simili, il primo beneficio (se così si può chiamare) che ho tratto dalla lettura di queste pagine è la consapevolezza di me. Ho sempre lavorato molto sul mio corpo e sulla mia mente (sei anni di pilates e sei di analisi direi che sono un buon inizio!), leggere le parole di questo medico, ma soprattutto di questa donna che non si trova più mi ha aiutata a capire l'importanza del collegamento. Si dice "siamo quello che mangiamo", "siamo quello che facciamo"...ma non si pensa a come facciamo a mangiare o a compiere semplici gesti come allacciarci le scarpe o legarci i capelli. Non si tratta di invalidità, disabilità, è una cosa diversa, certamente invalidante ma diversa. Dover guardare la propria mano per muoverla, perchè senza vederla non ci si rende conto di averla, ecco cos'è la propriocettività. Una parola che fino a pochi mesi fa non conoscevo e che invece mi permette di essere Elena ogni giorno.
Quindi, con questa umile e assolutamente personale recensione, vi invito a leggere il libretto azzurro polvere che vedete nella foto, ne vale la pena, capirete molto più di voi e degli altri.

P.S. Quando, verso la fine, arriverete alla sezione dedicata alle forme di autismo capirete il perchè nel titolo c'è quella e tra parentesi, quanta libertà nelle espressioni artistiche di ragazzi da tutti definiti sbagliati e incapaci, prigionieri di un male insuperabile, quanta libertà!

giovedì 8 settembre 2011

LimoniAmo?


Oggi ricetta.
Crostata al limone, ma non una crostata qualunque di limoni qualunque, bensì una crostata con crema di ricotta e marmellata di limoni. La marmellata del vicino di sotto e i limoni dell'uomo dai mille spaghetti (vedi ultimo post).
La ricetta è rintracciabile anche sul web, la mia necessità era quella di rendere più delicata questa marmellata molto amara e aspra, insomma buona ma forte. Perciò, addizionando la ricotta che è praticamente insapore si ottiene una crema morbida e molto gustosa, effetto cheesecake.
Come di consueto, prima gli ingredienti e poi il procedimento.

Ingredienti:
- Pasta frolla (io la prendo surgelata, sono ancora poco cuoca)
- 3 cucchiai di marmellata (in questo caso di limoni, ma penso possa andare bene anche di arance e agrumi vari)
- 250 gr di ricotta
- 1 uovo

Procedimento:
Stirare la frolla per renderla sottile (aiutatevi con un pò di farina). Amalgamare in una terrina la ricotta e la marmellata, insieme al tuorlo dell'uovo. Stendere la frolla sulla teglia e distribuire un velo di marmellata sul fondo della pasta. Aggiungere alla crema l'albume dell'uovo montato a neve. Mescolare bene e versare il composto nella teglia. Decorare a piacere la superficie, io di solito faccio la classica griglia da crostata ma credo vadano bene stelle, cuori e altre amenità di pasta frolla.
Infornare a 180° fino a che la frolla non risulta dorata.
Una volta cotta è buona calda e anche fredda, io l'ho mangiata a colazione con un bicchiere di latte e con il caffè, e mi è piaciuta! (Buone recensioni anche da parte di zii e parentame vario).

Difficoltà: facilissima (contando che la frolla è già pronta e la marmellata è in
regalo!)
Cottura: almeno 20 minuti
Costo degli ingredienti: medio (si paga la frolla già pronta, non si può avere
tutto!)

mercoledì 31 agosto 2011

L'uomo dai mille spaghetti


E' morto l'uomo dai mille spaghetti.
L'uomo dai mille spaghetti era mio nonno.
Non ho mai avuto un buon rapporto con lui, anzi, è morto vecchio e ha sofferto poco.
Ma è morto in un momento non poco difficile per la mia famiglia: io in ospedale, zio in ospedale, mamma stanca e provata da un'estate di lutti dolorosi.
Oggi ci sono stati i funerali, io ci sono arrivata con una colica in corso e così sono sembrata di sicuro la più addolorata di tutti. Gli uomini della confraternita hanno salutato mio nonno con le loro bellissime preghiere in latino, recitate da un compagno di deportazione ancora vivo, visibilmente emozionato e fiero del suo addio.
Ora la casa sarà più vuota, anche i pensieri lo saranno e i ricordi troveranno il loro giusto posto. Poche ore prima che morisse sono riuscita a dirgli ciao come desideravo e poi, prima che venisse chiuso, sono riuscita a mettere accanto a lui un rotolino di spago che non si sa mai. Lui era l'uomo dai mille spaghetti ovunque, nelle sue cose o addirittura su se stesso tutto era tenuto insieme da un pezzetto di corda. Corde al posto dei lacci delle scarpe, corde per appendere il bastone, corde per gli occhiali, corde come cintura, corde per accendere la luce sul comodino, corde per legare il berretto alla testa, corde per fermare la radio sul ripiano, corde per appendere il cestino delle caramelle accanto al letto, corde corde corde...
Anche la foto che abbiamo scelto lo ritrae che chiacchiera, col suo cappellino bianco e un cordino al collo, chissà a cosa gli serviva.
Quindi, prima di infilare sotto al raso grigio perla un rocchetto di spago da pollo ho pensato, se mai dovesse davvero esserci questo famoso viaggio, che possa affrontarlo con uno spaghetto...

venerdì 26 agosto 2011

Il sonno della ragione genera mostri


La mia frase preferita. Di sempre.
Un'opera di Goya in verità, che amo molto, ma più ancora dell'opera in sè amo il titolo. E' verissimo, quando la mente abbandona la ragione, o meglio, quando la ragione abbandona la mente arrivano i mostri.
Non per tutti è così, chiaro, per me sì. Ogni volta che penso che vorrei farmi un tatuaggio questa frase è la prima cosa che inciderei sulla mia pelle.
Oggi la mia mente è andata a dormire, la conseguenza...un bell'attacco d'ansia.
Dall'ultimo post è successo di tutto, in una settimana un calcolo renale (con terribili coliche annesse) mi si è piantato nell'uretere e non ne vuole sapere di uscire. Mille medicine, riposo forzato, dolore allucinante e continuo, stanchezza e paura. Oggi soprattutto paura. Un antibiotico che reagisce e mi infiamma i tendini, come se non bastasse tutto questo. Rischio di rottura, riposo a letto o quasi. E il calcolo resta lì, tranquillo e stronzo.
Nel frattempo zio in ospedale e nonno moribondo, quindi mamma distrutta, poverina.
A tutto questo come si reagisce? Ho ripetuto tipo mantra tibetano che tutto si sarebbe aggiustato, ho insegnato alla zia il detto cinese "se hai un problema che puoi risolvere perchè ti arrabbi, se hai un problema che non puoi risolvere perchè ti arrabbi?" (o qualcosa di simile), ho continuato a sorridere, sono andata a lavorare con due toradol in corpo. Ma oggi sono crollata. Appena ho percepito che erano le gambe il problema, con tutto quello che significa per me, sono crollata come una pera marcia. Aria che manca, testa che pulsa, battiti che accelerano.
Poi, come è giusto, la ragione si sveglia e caccia i mostri, la dottoressa mi rassicura e interrompe subito l'antibiotico, la mamma si tranquillizza e restano solo un gran mal di testa e i tendini che tirano.
Ora, per cercare ancora un pò di relax, potrei preparare la mitica salsina all'aglio per le verdure grigliate che mangeranno il vicino-vicino e la Vale in visita domattina. Non ho una foto, ma ho la ricetta:

Ingredienti:
- Olio
- Aglio
- Prezzemolo
- Limone
- Pepe
- Sale

Procedimento:
L'aglio è meglio spremerlo, a pezzetti coprirebbe il gusto delle verdure grigliate che tutto sommato hanno un sapore delicato.
Il prezzemolo si frulla o si taglia fine fine con la mezzaluna.
Tutto mescolato.
Siate generosi col pepe se vi piace.

Difficoltà: facilissima
Cottura: zero!
Costo degli ingredienti: bassissimo

Buon appetito.

venerdì 19 agosto 2011

Will you show me something that nobody else has seen?


Quando penso ai prossimi concerti che vorrei assolutamente vedere sono tre i nomi che ritornano sempre:
- REM
- Depeche Mode
- Coldplay
E questo post veloce è dedicato ai primi, anzi, a una delle loro canzoni che amo di più, lunga, difficile, evocativa.
Mi ricorda le atmosfere che ci sono spesso nei miei sogni, offuscate, confuse, indecifrabili ma fortemente collegabili con la realtà.
Al link qui sotto c'è la traduzione del testo super difficile e quasi parlato:
http://www.musicaememoria.com/REM-NewAdventures.htm
Qui sotto invece il link al video, bellissimo, con una Patti Smith delicata, così com'è delicata nell'eseguire la parte femminile del brano:
http://www.youtube.com/watch?v=5cnIQHJ169s&feature=related
Inutile dire che uno dei passi che preferisco è quello che ho scelto per il titolo del post.
Buon ascolto!

E-bow the letter

Look up, what do you see?
All of you and all of me
Fluorescent and starry
Some of them, they surprise

The bus ride, I went to write this,
4:00 a.m.
This letter
Fields of poppies, little pearls
All the boys and all the girls sweet-toothed
Each and every one a little scary
I said your name

I wore it like a badge of teenage film
stars
Hash bars, cherry mash and tin-foil
tiaras
Dreaming of Maria Callas
Whoever she is
This fame thing, I don't get it
I wrap my hand in plastic to try to
look through it
Maybelline eyes and girl-as-boy moves
I can take you far
This star thing, I don't get it

I'll take you over, there
I'll take you over, there
Aluminum, tastes like fear
Adrenaline, it pulls us near

I'll take you over
It tastes like fear, there
I'll take you over

Will you live to 83?
Will you ever welcome me?
Will you show me something that nobody
else has seen?
Smoke it, drink
Here comes the flood
Anything to thin the blood
These corrosives do their magic slowly
and sweet
Phone, eat it, drink
Just another chink
Cuts and dents, they catch the light
Aluminum, the weakest link

I don't want to disappoint you
I'm not here to anoint you
I would lick your feet
But is that sickest move?
I wear my own crown and sadness and
sorrow
And who'd have thought tomorrow could
be so strange?
My loss, and here we go again

I'll take you over, there
I'll take you over, there
Aluminum, tastes like fear
Adrenaline, it pulls us near

Look up, what do you see?
All of you and all of me
Fluorescent and starry
Some of them, they surprise

I can't look it in the eyes
Seconal, spanish fly, absinthe, kerosene
Cherry-flavored neck and collar
I can smell the sorrow on your breath
The sweat, the victory and sorrow
The smell of fear, I got it

I'll take you over, there
I'll take you over, there
Aluminum, tastes like fear
Adrenaline, it pulls us near

Pulls us near
Tastes like fear..

Nearer, nearer
over, over, over, over
Yeah, look over
I'll take you there, oh, yeah
I'll take you there
Oh, over
I'll take you there
Over, let me
I'll take you there
There, there, baby, yeah


P.S. La foto che ho scelto, un pò sfocata (ma quella a fuoco che avevo rendeva molto meno) e forse poco chiara, rappresenta fogli stesi ad asciugare in una vecchia cartiera ligure.

lunedì 15 agosto 2011

Il buio oltre la siepe


Non è una recensione del libro di Lee che mi riprometto sempre di leggere e non lo faccio mai, avrei potuto intitolare questo post "il vuoto sotto" e sarebbe stata la stessa cosa.
Dopo settimane di distacco totale dai problemi, o meglio, di totale immersione nei problemi con una sorta di muta protettiva che mi faceva nuotare senza timore...le bombole sono finite.
Improvvisamente mi è mancata l'aria e ho cominciato ad annaspare.
Se la totale, totalizzante, precarietà in cui mi trovo mi spaventava ma riuscivo a conviverci dignitosamente da un pò, ora mi si è aperta una voragine sotto la seggiola e mi pare di essermela cercata io questa precarietà così difficile da digerire. Potrei trovare (l'avrei pure già trovato) un lavoro serale che mi faccia guadagnare il giusto per pagare un affitto da sola, mantenendo magari la ditta al mattino e dandomi così la possibilità di fare ciò che mi piace durante il giorno. Ma la mia vita privata? Gli amici? Il cinema? L'arrampicata con Sturm? Il pilates con la Dè? Le cene con la Ale? Le sere tra chiacchiere e affetto? Dovrei rinunciare ad una fetta di me enorme, dovrei fondamentalmente rinunciare a me.
Come ho fatto a scivolare sull'olio che ho versato io stessa? Parlando probabilmente, parlando a chi sento più vicino al mondo e spiegando, con mio grande stupore, come ogni mia precarietà sia legata ad un'altra. Non ho soldi per vivere, come potrei volere qualcuno con cui condividere una vita senza viaggi, prospettive, futuro? Del resto cercare i soldi per vivere vorrebbe dire fare un black out, nemmeno tanto momentaneo, della vita al di fuori, togliendo possibilità di crescita alla sfera dei sentimenti che già mi pare di coltivare piuttosto poco. Due giorni fa ho tenuto in braccio Amelia che dormiva, abbiamo sincronizzato i nostri respiri e tutto mi pareva perfetto, eppure ai bambini chi ci pensa? Ho quasi trent'anni e non ho spazio neppure per me. Ho trascorso l'ultima settimana di pseudo vacanza sentendomi in colpa se non lavoravo a pieno regime, per cosa? Nemmeno un euro naturalmente. Ma allora perchè continuo così? Perchè non comincio a pensare che non sia normale abbracciare come unica soluzione quella di vivere a metà per non sentire troppo l'incompletezza di fondo della mia vita?
Eppure erano settimane in cui riuscivo ad essere gioiosa del semplice fatto di esistere, non può una semplice chiacchierata, peraltro piacevole e tranquilla, gettarmi in questo mare di lacrime senza senso nè utilità. Dovrei organizzarmi per le ripetizioni dei prossimi quindici giorni, finire i report del dottorato, concretizzare un pò di più la ricerca per l'esame di settembre, preparare un banalissimo zaino di sopravvivenza per i prossimi giorni di vai e vieni da Campopisano. Eppure sto qui a scrivere, e fino a poco fa stavo qui a non fare nulla.
Vorrei dormire ma non mi riesce nemmeno quello. Forse il problema vero sta proprio in quel vorrei, che non pronuncio mai ma sostituisco sempre con un dovrei. Io voglio continuare a dedicare il mio cuore a qualcosa e qualcuno che ho e che mi fa stare bene senza le grandi difficoltà conosciute in passato, voglio continuare ad andare in un ufficio dove i miei studi e le mie passioni possono essere messe alla prova ogni giorno, voglio abitare in una casa che mi permette di essere vicina a chi riesce a farmi ridere con una smorfia o mi offre una birra improvvisa, voglio riprendere in mano questi pezzi incasinati e ritrovare la strada del va tutto bene.

P.S. Per la foto grazie a Chiara, fresca compagna di camminate con Sturm. Un'altra cosa che voglio è dedicare presto uno spazio a un libro, una ricetta, un'idea, che non mi faccia sentire un'isterica che si sfoga sul web.

domenica 7 agosto 2011

Il mattino ha l'oro in bocca


"Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca, Il mattino ha l'oro in bocca...."
Questa è la frase che Jack Nicholson scrive all'infinito in una delle scene più celebri si Shining. Questo è quello che ho pensato quando sono arrivata a casa di Sturm per il week end in montagna quasi passato. L'ho pensato per una serie di ragioni: la prima è il posto, questo palazzo alto, con un ascensore a prova di claustrofobici che riportava messaggi del tipo si consiglia l'uso dell'ascensore solo con la certezza di non essere soli nel condominio, in caso contrario è preferibile l'utilizzo delle scale. Se si è in più di una persona utilizzare l'ascensore a turno per evitare in caso di guasto di rimanere per lungo tempo chiusi all'interno, poi gli strani abitanti gemelli che continuavano a passarci davanti ripetendo lo stesso saluto e i numerosi dettagli rossi all'interno della mini mansarda di Sturm (dallo spicchio triangolare sul soffitto al tavolino di porcellana, dalle miniseggiole di legno agli umidificatori sui termosifoni). Anche il paesaggio montano così affascinante e alienante nello stesso tempo, il sentiero attorno al lago, la portiera della macchina che si chiude con la sicura anche senza che lo vogliamo, la nebbia vai e vieni mentre percorriamo il sentiero più esposto del mondo e la seggiovia avvolta dal bianco, mi hanno fatto ricordare il film di Kubrick...
Tutta questa atmosfera ovattata, la speranza esaudita che davvero il mattino avesse l'oro in bocca regalandoci un tempo clemente, hanno reso questi due giorni un fine settimana bellissimo, in cui ho conosciuto dei luoghi stupendi e una bella persona amica di Sturm, ho trascorso ore tranquille, ho messo alla prova il mio fisico con discreti risultati, ho mangiato tantissimo, dormito bene, pensato a me, lasciato al mare un pò di problemi e respirato a fondo l'aria dei monti.
Come spesso mi capita quando faccio qualcosa di nuovo, ho cercato di godermi il più possibile le situazioni in cui mi trovavo e ho provato a stare con me stessa...poche cose come la montagna penso che ti diano questa opportunità. Mentre percorrevamo il sentiero che tanto ha spaventato Sturm ho pensato a come fare per mantenere la calma e concentrarmi sui miei passi, ho cominciato ad osservare i miei piedi e il percorso davanti a me, come se non fosse una semplice via ma rappresentasse in realtà molto di più: un percorso lineare, stretto ma continuo, in ripida salita e in veloce discesa, avvolto da nebbie fitte o a picco sulla luce, solitario o circondato da alberi rassicuranti. Non ho avuto paura ma ho solo continuato a camminare. Ed è quello che continuerò a fare.

martedì 2 agosto 2011

Opportunità


Ho deciso di cogliere queste opportunità. Le opportunità che ho di ridere.
Nonostante non sia facile notarle ci sono, e sono tantissime. Da una battuta del vicino-vicino a una telefonata inaspettata. Da una bevuta tra donne ad un professore che si comporta da giovane. Da un incontro in pizzeria ad un week end in montagna. Da vecchi ricordi divertenti a future aspettative positive.
Una delle mie caratteristiche è il sorriso, o meglio, è una delle cose che generalmente le persone ricordano di me. Non so se sia perchè i miei denti sono dritti, o bianchi, o tanti o se il merito vada al fatto che quando rido la mia bocca riempia tutta la faccia...quello che so è che se rido si nota. Un'altra cosa che so è che per anni non ho riso, ma mi sono limitata a sorridere. Che c'è una bella differenza: quella sensazione di luce che ti da una risata, i crampi allo stomaco se dura a lungo, il contagio immediato di chi ti sta attorno se è una risata sincera.
Da un pò di tempo ho ricominciato a sorridere e ridere, me ne accorgo dalle foto: nelle ultime immagini che mi ritraggono si vede innanzi tutto la mia bocca, nella migliore delle ipotesi è semiaperta e in alcune occasioni è addirittura spalancata da orecchio ad orecchio, impegnata in una risata genuina. Ci sono io che rido con le mie colleghe, io che rido abbracciata al vicino- vicino, io che rido ballando sul terrazzo, io che rido lavorando davanti al pc, io che rido in cima ad un'impalcatura altissima.
Sorrido anche adesso che scrivo, eppure ho passato una giornata correndo da biblioteca a ufficio, da mezzi pubblici a ripetizioni, camminando a piedi con uno zaino enorme, scrivendo l'ennesima e-mail per una ennesima commessa che non si sa nemmeno se verrà accettata, rendendomi disponibile per un terzo lavoretto serale che mi aiuti a pagare il gas, incastrando il sopralluogo al museo di giovedì pomeriggio con l'apericena di giovedì sera. Ho deciso di non perdere nemmeno una di queste occasioni, di ridere alle cose belle e, quando arrivano le difficoltà affrontarle con un sorriso. So che devo ringraziare Luisa per tutto questo, andandosene via appena una settimana dopo Fra mi ha ricordato quanto sia importante godere di ogni cosa e fare tutto ciò che è in nostro potere affinchè ogni cosa sia un godimento. Per questa ragione sono maldestra nel tentativo di dare affetto a chi mi sta vicino, nel ringraziare chi mi aiuta ancora dopo anni, nell'accogliere con gioia telefonate montane, nell'ascoltare i sogni della mia coinquilina e nel chiederle consiglio per districare tutti i miei pasticci. So che devo ringraziare chi non c'è più e con la sua assenza mi ricorda quanto è bello esserci e so che devo ringraziare tutti quelli che ci sono e amano la mia ironia, la condividono, la esaltano e...mi fanno ridere!
Questo post, uscito veloce come una risata, spero mi servirà nelle giornate no, in quei pomeriggi di festa in cui mi chiudo a casa o direttamente a letto come solo io so fare, in quelle mattine che iniziano con una riga infinita di problemi e promettono serate anche peggiori, in quei giorni in cui le delusioni o le ferite causate da chi credevo vicino bruciano di più.

p.s. L'immagine, un pò sfocata per la verità, l'ho scelta naturalmente perchè mi faceva un sacco ridere!

sabato 30 luglio 2011

La trave nel proprio occhio


Sabato sera...a casa...contenta.
Contenta perchè viste le premesse della giornata non posso che gioire, gioire per esempio del fatto che ho ancora due occhi!
Sono quattro giorni infatti che me ne vado bellamente in giro con un pezzononancoraidentificato conficcato nel bulbo oculare...figo no?
Per fortuna la dottoressa l'ha visto con il suo coso per gli occhi e con un simpatico ago di 5 cm l'ha tolto...dopo vari tentativi di cotton fioc e colliri anestetici.
Effettivamente la situazione era diventata abbastanza insostenibile e quando stamattina non riuscivo nemmeno a leggere gli sms sul cellulare perchè la luce del display mi faceva troppo male mi sono decisa a farmi visitare. Scongiurati tutti i sospetti, allontanata l'ipotesi di congiuntivite virale, batterica, herpes, colpo d'aria, me ne sono tornata a casa con gli occhiali scuri calati e senza più un pezzo di materiale sconosciuto piantato nell'iride.
L'avventura di oggi mi ha dato una scusa per, nell'ordine:
-pensare che forse invece di accanirmi a leggere, lavorare al pc, stare al microscopio, salire sui ponteggi, avrei potuto farmi vedere prima...
-farmi regalare da mamma una bellissima borsa anni '50, di pelle verde bosco, scovata in un mercatino estemporaneo...proprio come quando ero piccola e uscita dall'annuale visita delle ortotiste mi feci regalare una marmotta di peluche, lasciata e persa nel negozio successivo un'ora dopo.
-convincermi ad andare dall'oculista e mettermi gli occhiali, almeno per leggere e fare tutte quelle cose "stancaocchi" che faccio ogni giorno.
-pensare un buon titolo per questo post e ritrovarmi indecisa tra quello che vedete qui sopra e "occhio per occhio". La scelta è stata dettata dal significato, non sono abbastanza vendicativa (non lo sono affatto!) per il codice di Hammurabi e ritengo invece importante imparare a guardare i propri errori prima di giudicare quelli altrui.
-pubblicare una delle pochissime foto in cui si intuisce la mia persona...
Ora però l'occhio pizzica, tra poco collirio cicatrizzante, tisana e nanna.

sabato 23 luglio 2011

Something is always happening


Sette giorni, mille sentimenti.
Avrei potuto chiamare questo post in decine di modi differenti: prendendo in prestito, come faccio spesso, versi e titoli di canzoni avrei scelto July, she will fly (Simon & Garfunkel), ma anche The rhythm of the night (Ex Otago, cover), o ancora tutto quell'amore disperso, non era previsto (Max Gazzè).
In soli sette giorni è successo di tutto. Un matrimonio, un funerale. Una notte insonne per il dolore e una insonne per la gioia. Un film demenziale sul divano di chi mi raccoglie quando non ci sono parole da dire, una città intera che ricorda indicibili violenze di dieci anni fa. Un sagrato inondato di luce e di gente che sorride, un sagrato inondato di luce e di gente che piange. Una famiglia che nasce, una che muore.
Dentro di me un pezzo di cuore che batte, un pezzo che si ferma. Continua a correre il pezzo che mi fa festeggiare la mia coinquilina nel suo giorno grande, il pezzo che mi fa ballare fino all'alba con la sorella della coinquilina, il vicino-vicino e la mia socia come se avessi dieci anni di meno, il pezzo che mi fa preparare la cena per la Ale che stasera mi racconterà la sua Scozia. Una parte di cuore però è ferma, si è ghiacciato il pezzo che ha capito di non aver capito nulla, il pezzo che ha risposto al telefono e si è sentito dire che la persona che per anni ti ha aiutata a trovare un pò di pace se n'è andata nel modo peggiore, il pezzo che ha trovato le coincidenze dove non voleva trovarle, il pezzo che ha ascoltato le parole del papà della sposa e ha pensato che mai le potrà sentire dal proprio. Questa settimana è stato caldissimo e freddissimo, il sole ha seccato le mie piante e il diluvio le ha annegate, alcune persone mi hanno ferita e alcune mi hanno amata. Questa settimana sono stata arrabbiata e sono stata orgogliosa, ho avuto sonno e ho dormito bene, non mi sono mossa dal divano e ho attraversato la regione, sono stata molto adulta e sono stata molto bambina, non ho mangiato quasi nulla e mi sono abbuffata.
Chiudo questo post ripensando al suo titolo, something is always happening: spesso questo something mi terrorizza, ma dovrò farci l'abitudine, se voglio restare qui.

venerdì 15 luglio 2011

Il mare in cucina


Sono passati sei anni e io non ti ricordo ancora. Con il trascorrere del tempo è come se ti avessi solamente sognato, speravo che la memoria prima o poi tornasse e invece è sempre più fioca. Solo in certi momenti, un odore, una canzone, un libro, mi riportano a te. Ora ascolto Speed of Sound e ti penso, perchè è l'anniversario e perchè c'è una novità nella tua casa, una novità che sicuramente ti piacerebbe. Non ho la macchina fotografica con me e per ora non posso mettere l'immagine, ma sai che c'è papà? C'è il mare in cucina. Hanno tagliato quei grossi alberi spelacchiati che chiudevano la vista e ora, quando si arriva sulla porta, c'è solo una gran luce. Si è investiti dal bianco, come se una fitta nebbia avvolgesse tutto; oggi poi, che il mare è verde chiaro, sembra quasi che ci sia un prato.
Sono giorni difficili, di ostacoli grandi, incomprensioni e inevitabili mancanze. Mi manca essere piccola e imparare a nuotare con te, mi manca andare in montagna con la mamma, mi manca costruire case nel bosco con Alessia, mi manca andare in bici dietro al palazzo, mi manca essere piccola e non dover scegliere.
Invece piccola certo non sono più, devo affrontare gli intoppi, troppi, che mi compaiono davanti e cercare soluzioni a problemi più grandi di me. Ma non mi arrendo, per adesso. Ho trovato un lavoretto in più per continuare a vivere in centro, mi impegno a confrontarmi con i mei dubbi e con le preoccupazioni di chi mi sta intorno, provo a vivere fino in fondo le piccole gioie che mi capitano, senza inquinarle con i cattivi pensieri. Di più non riesco a fare, ma sono già contenta così, credo.
Domani secondo matrimonio di questa estate fitta di cerimonie, impossibile sarà non immaginare il mio senza di te...fortunatamente sarà lontano, se mai accadrà. Avrò fatto in tempo ad elaborarti ancora, a spingerti nella mia memoria più custodita e a renderti meno doloroso.
Per adesso continuerò ad essere felice per gli altri e per le conquiste di ogni giorno, concedendomi qualche pomeriggio a letto per dormire come solo tu sapevi fare e lasciandomi avvolgere dalla tristezza quando arriva. Per adesso mi godo il mare in cucina.

P.s. Appena avrò modo di fotografare la finestra questo post avrà la sua immagine.

domenica 10 luglio 2011

The Wedding


C'erano le more, tantissime more verdi. C'erano le margherite piccole, c'era la salvia. C'erano le rose col bordino fuxia, c'erano le foglie lunghe e sottili. C'erano le dalie bianche e c'erano i ranuncoli, bianchi pure quelli.
Di bianco c'era anche la luce sul piazzale della chiesa, c'era il vestito della sposa, c'erano i barattoli di polpa di pomodoro smaltati e usati come vasi, c'era la camicia di lino del vicino-vicino, c'erano i tovaglioli del ricevimento, c'era il sottogiacca della mamma, c'erano le candele sul tavolo, c'erano le zampette del gattino nero nato nel granaio.
E' durato pochissimo, come un esame studiato per mesi. E nulla è andato storto, come quando si arriva davanti al professore davvero preparati. Ogni volta che i miei occhi curiosi incontravano un dettaglio, nel mio cervello compariva la frase "eh beh certo, non potevano che esserci quel vaso, quel colore, quella luce, quella stoffa...". Ad una appassionata organizzatrice di cenette curate e festicciole ragionate, i coni del riso di carta da pacchi, la stessa usata per rifasciare i libri accatastati sui tavoli, non potevano passare inosservati.
L'atmosfera era la stessa di un film, di un sito on line per nozze super trendy, di una rivista di design di quelle che ti fanno innervosire guardando soluzioni semplici e d'effetto e pensare: "Ma cavoli, è vero! Perchè non ci ho pensato prima???". L'atmosfera era la stessa di un film, ma le persone eravamo noi. Noi che lavoriamo insieme tutti i giorni da due anni, noi che ci scriviamo spesso e ci telefoniamo ancora di più. Noi che ieri ci siamo truccate per due ore ridendo come pazze, che abbiamo sudato nei nostri vestiti, che abbiamo perso la strada e ci siamo arrampicate sui monti, che abbiamo mangiato benissimo, bevuto ancora meglio, riso, ballato, guardato satelliti e stelle. Ogni cosa è andata come doveva: c'è stato un discorso di gran valore per chi portava il vestito bianco, c'è stata una cena fenomenale, c'è stato uno sposo/David Bowie in all star, c'è stato un tavolo lungo con tante scarpe col tacco nascoste sotto e altrettanti piedi nudi che accarezzavano l'erba, c'è stato l'open bar con la frutta che piaceva tanto al vicino in bretelle e l'angolo dolci bello da morire. In tutta questa perfezione, fatta di fatiche, pensieri, calcoli, organizzazioni, preparativi...c'erano loro, gli sposi, che da oggi cammineranno ancora più vicini, costruendo ogni giorno una festa curata nei dettagli ma solo per loro, cercando di non perdere mai di vista quello che conta davvero: il loro amore.

P.S. Per la foto, grazie al vicino-vicino (in bretelle).