domenica 30 agosto 2015

Valigie

Una delle cose che amo di più è svegliarmi al fresco, con la gatta sui piedi e il rumore delle motoseghe che puliscono i giardini attorno a casa.
Quando capita, va da sé, sono da mamma.

Questa mattina è andata così, ho aperto gli occhi abbastanza presto e, gatta esclusa perché a sto giro aveva scelto un altro letto, sono stata accolta da tutto quello che più mi piace. Moka compresa, uccellini e cicale pure.
Sono giorni un po' rovinati da un piede dolorante, con visite mediche, fluidificanti e antinfiammatori annessi, sono giorni in cui provo a tenere a bada l'ansia e per ora ci riesco. Sono giorni in cui l'ipotesi di dover stare ferma mi sembra impossibile, con il lavoro che comincia, il Festival della Mente che mi aspetta e molti altri strascichi d'estate che vorrei tanto salvare: le corse al calare del sole, le gite, gli aperitivi all'aperto e le nuotate in piscina.
Ad ogni modo, come sempre, si vedrà e se la mia coagulazione ribelle ha deciso di rompere le palle proprio adesso, se i tendini o le ossa o quello che è di una caviglia già massacrata hanno voglia di farsi sentire così tanto, un buon motivo lo avranno. Per esperienza, è completamente inutile opporsi.

Quindi, questa mattina, mi sono alzata serena nonostante tutto, ho sorriso e ho iniziato il nuovo giorno con un libro, pensando d'istinto alla mattina di un paio di settimane fa, quando a svegliarmi alle cinque era stato un odore familiare. E orribile.
In realtà a quella notte penso tutti i giorni e ieri pomeriggio, mentre sopra alla mia testa passava il canadair che vedete in foto, ci ho pensato ancora di più.
Se c'è un incendio nei paraggi il mio naso lo avverte in un secondo. Ho sentito l'odore del ristorante che bruciava vicino a casa quando il rumore delle sirene era lontano anni luce e sono uscita in canotta, pantaloncini e ciabatte mentre i pompieri stavano ancora sfondando le porte per entrare. L'esperienza di tre anni fa mi ha insegnato molto, innanzi tutto un odore di cui avere paura. Poi mi ha insegnato che il mio corpo ha una capacità fisica di reazione agli avvenimenti psicologicamente duri che mai avrei pensato potesse esistere. Quella notte, con una contrazione fuori dal normale dei muscoli del collo, ho cominciato a camminare lungo le strade della fibromialgia e non mi sono più fermata.

C'è un'altra cosa, però, che ho imparato davanti al paesello circondato dalle fiamme: ho imparato che ognuno è la propria valigia.
Gli oggetti che, messa alle strette dai vigili del fuoco, io avevo scelto di portare via sono elencati nel post di quel 28 febbraio. Ma la mia borsa non è stata l'unica ad essere riempita di notte, in poco tempo e con tanta paura addosso.
C'era la valigia dei vicini, con i documenti medici indispensabili per la loro bimba
C'erano gli zaini con i computer dei ragazzi che lavoravano come informatici e che lì dentro tenevano tutto
C'era la busta con il rogito della casa, perché per gli anziani era la cosa più importante
C'era il sacchetto delle medicine, perché con la pressione alta non si sgarra e chissà quando ci faranno rientrare
C'era il faldone della pensione di mia madre, che mica poteva rischiare di perdere quarant'anni di lavoro in una notte

C'era quello che conta davvero.
Ognuno aveva affidato la propria vita ad una borsa e lo aveva fatto senza poterci ragionare sopra. Penso spesso che se non fosse stato un momento così tragico, fatto di silenzi da pelle d'oca, sguardi muti, gocce d'acqua su pareti di fuoco, freddo polare in un bosco rovente, avrei dovuto scattare delle foto. Aprire le borse, mettere in fila le cose, immortalare le vite degli altri per ricordarle ad ognuno, me stessa per prima, una volta terminata la paura. Quando sembra andare tutto storto, quando non pare esserci soluzione e invece magari non c'è nemmeno il problema.
Quando, come oggi, permetto ad una caviglia malandata di costringermi a girare in tondo, sull'orlo del baratro, fermamente convinta a stare in equilibrio e altrettanto spaventata all'idea di caderci dentro.

L'odore di fuoco delle cinque di due settimane fa è stato come aprire una di quelle valigie e scattare una foto: bisogna ricordare sempre cosa sia davvero l'urgenza, cosa meriti veramente la premura, in tutti i sensi.

domenica 23 agosto 2015

"Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme"

Le "vacanze per me non sono ancora terminate, in verità.
Credo di rientrare ufficialmente al lavoro dal primo settembre, credo perché non lo so. Vedremo.
Tuttavia, anche se le ferie non sono finite, nella mia testa è tempo di tornare, è ora di riprendere in mano qualche filo semi abbandonato e di risalire sulla giostra degli impegni, delle scadenze, delle mail da inviare, degli appuntamenti da rispettare.

Credo che avere una settimana di tempo per abituarmi all'idea sia un grande lusso, e intendo onorare questa fortuna nel migliore dei modi: alternando un po' di lavoro da casa a un tuffo, una corsa, un film, una cena fuori.
A proposito di film, qualche sera fa ho visto La prima neve, di Segre. Lo volevo guardare da tempo, ne avevo sentito parlare bene e non ero riuscita ad andare alla proiezione organizzata a teatro.
Mi è piaciuto tantissimo.
Per mille ragioni, comprese colonna sonora e ambientazione.
La prima neve è un film semplice che si avventura lungo percorsi complicatissimi, strade di dolore, sofferenza, morte, abbandono, ma anche speranza, bellezza, vita, tranquillità, rispetto. Cammina lungo sentieri che entrano nei boschi dell'anima (e del Trentino).
I dialoghi, pochi, ti sferzano un momento sì e l'altro pure. Una frase su tutte (per me LA FRASE) è quella che ho scelto per il titolo del post "Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme". E' proprio così che la penso anche io, da sempre, Segre lo ha "solo" detto al mio posto, spiegando a parole, con una dolcezza infinita, una mia eterna convinzione. E' quello che intendo quando sento la mancanza fisica dei boschi, dei sentieri, dell'erba e dei sassi. E' per questo che quando cammino spero sempre di vedere un animaletto e mi fermo ad annusare qualsiasi cosa.

Lo faccio per cercare il mio odore. Lo faccio per cercare me stessa in mezzo a tutto il resto. Il mio posto nel mondo.


Uno spazio che in queste vacanze ho trovato tante volte, molto più spesso di quanto mi sia capitato in passato, ma, soprattutto, in luoghi nuovi, in circostanze inaspettate, non solo tra gli alberi, non solo nel silenzio del verde.
Per esempio ho sentito il mio odore correndo: c'è un punto preciso che incontro dopo un paio di chilometri da casa di mamma, lì si ferma spesso una coppia di cormorani e lì, probabilmente complici tutte le belle sostanze che il mio corpo sotto sforzo comincia a sprigionare, mi ritrovo così tanto che credo potrei correre all'infinito. E mi scappa, ogni volta, da ridere forte.

Ho sentito il mio odore mangiando un piatto di pomodori, durante un pic nic di quasi pioggia, accanto ad un albero di ginkgo biloba. Quando ho visto i suoi ventagli verdi e gialli sparsi qua e là ho sentito di essere nel posto giusto. Ora le foglie stanno nella mia pressa di noce, perché le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme.

Non è mistero che io abbia preso peso. Cinque o sei chili più del dovuto, dieci più del passato. Non mi fa piacere ma non li perdo, non rinuncio abbastanza al cibo perché possa dimagrire e l'attività fisica che pratico più o meno costantemente a quanto pare non è sufficiente. Però l'altra sera ho indossato, per dormire, una vecchia sottoveste di mamma o addirittura di nonna e le mie nuove forme morbide l'hanno riempita bene, senza sparirci dentro, senza svilirne i pizzi, senza farmi somigliare ad un appendiabiti. Ora io e quella sottoveste abbiamo finalmente lo stesso odore.

Quando ho comprato i sandali di gomma non pensavo mi sarebbero serviti per trovarmi. E invece, una mattina tra granchi, scogli e meduse, ho camminato su un tappeto di alghe indossando la maschera, senza curarmi del sole che mi bruciava le spalle, della fame, della cellulite, delle cose che non vanno come vorrei. Appena ho sentito quei ciuffi marroni solleticarmi i piedi e ho visto i primi pesci sfrecciarmi davanti al naso, mi sono ricordata che anche il mare ha il mio stesso odore.

Sto scrivendo questo post a mano, con la biro, su un blocco a quadretti e fuori piove. Potrei continuare, potrei smettere. Smetto con un link a un nuovo progetto fotografico, che ho in mente da molto, ma che ho messo in pratica da poco. Spiego tutto nella didascalia della foto, peccato solo che non si possa sentirne l'odore, perché anche io, più spesso di quanto vorrei, mi sento a metà, ma se riesco a dare un nome ad entrambe le mie parti, il peggio è passato.

sabato 15 agosto 2015

30+1: la mia bucket list

Qualche giorno fa la mia cara Cindy ha pubblicato sul suo blog una bucketlist da togliere il fiato.
Ma cosa è una bucket list? E' una lista di cose da fare prima o poi (leggi: prima di morire).

Ora, senza essere troppo tragici, mi è sembrata un'idea carina, grazie alla quale provare a scrivere cose concrete e non i soliti propositi tipo: "vorrei essere sempre in grado di vedere il buono in ogni cosa", lodevoli per carità, ma così astratti e complicati che più astratti e complicati non si può.
Quindi, bando agli indugi, ecco la mia lista.
[Precisazione: alcuni dei punti sono uguali uguali a quelli di Cinzia, altri sfumati e declinati in modi un pochino diversi, altri completamente differenti. Sarebbe bellissimo far partire una catena di desideri lunga 31 volte. Perché proprio 31 non so, chiedetelo a Cindy!]

1. Imparare il francese (inizio il corso a settembre, poi si vedrà!)
2. Scrivere un libro
3. Visitare il Canada e l'Alabama (non chiedetemi perché l'Alabama, non ne ho idea)
4. Avere una casa in campagna (o al mare, insomma un rifugio dove nascondersi)
5. Percorrere la Transiberiana
6. Riprendere a guidare
7. Imparare a cucire
8. Vivere per un certo periodo in Bretagna e Normandia
9. Andare al Glastonbury Festival
10. Fare l'Altavia dei Monti Liguri
11. Organizzare una mostra fotografica su un argomento che ho in mente da anni
12. Visitare Parigi con mia mamma
13. Andare a New York
14. Avere un orto tutto mio
15. Visitare un giardino all'inglese, in Inghilterra
16. Vedere una brughiera in autunno (magari in Irlanda o in Scozia)
17. Tornare alla Biennale di Venezia
18. Ricominciare ad arrampicare
19. Coprire in bicicletta i percorsi lunghi che a piedi non posso fare
20. Percorrere l'Italia lungo le sue coste (una sorta di coast to coast tutto italiano, isole comprese)
21. Imparare a nuotare bene a stile libero
22. Vedere un alce (e pure accarezzarlo magari)
23. Tornare almeno una volta al Museo del Cinema di Torino
24. Iscrivermi a un corso di danza
25. Impegnarmi in un progetto di volontariato
26. Andare a un concerto dei REM (lo so, è un po' tardino)
27. Migliorare ulteriormente come cuoca e, in particolare, imparare a cucinare bene il pesce
28. Fare un corso di disegno, o calligrafia, o pittura...un corso artistico insomma
29. Gestire un negozio di fiori
30. Conoscere bene, ma bene davvero, la storia e la storia dell'arte
31. Dormire in una casa sull'albero e in un faro (possibilmente a righe :-) )

Ecco.
Finito.
Ci ho impiegato due giorni però. Perché avevo poco tempo e perché, sinceramente, non avevo 31 desideri pronti.
Credevo che sarebbe stato molto facile e invece no.

Rileggendo la mia lista mi sono accorta che:
- Non ho scritto cose legate all'apparenza e al super lusso (anche se un bella borsa intrecciata Bottega Veneta tipo questa, un profumo al fico di quelli rari e costosi più della suddetta borsa, un paio di decoltè nere fatte a mano o una notte in un hotel a cinque stelle con Spa, fragole, champagne e vista mozzafiato, schifo non mi farebbero)
- Non ho scritto desideri legati al lavoro, un argomento che ho lasciato fuori più o meno volontariamente e consapevolmente (non volevo rovinarmi il piacere di un elenco, che sarebbe diventato una triste quanto inutile rivendicazione di diritti)
- Ho scritto molte cose che potrei realizzare piuttosto facilmente, denaro, coraggio e autostima permettendo

Insomma, tolto qualche viaggio un tantino estremo (giusto oggi si meditava di visitare il Castello della Pietra e andrebbe già benissimo), credo di aver volato piuttosto basso. Ed è bello così, vorrà dire che avrò meno scuse per non provarci.

P.S. Cosa c'entra la foto? Nulla, ma mentre l'altra mattina correvo e pensavo ai punti da mettere in lista, ho incontrato sulla mia via questa lampadina.







domenica 9 agosto 2015

Agitazione

Sono agitata. Anzi, forse il termine corretto è angosciata.
Da cosa? Dal solito. Lavoro principalmente, immobilità di conseguenza.


Ieri sono stata tutto il giorno in spiaggia, a Bergeggi, che se dico che non c'ero mai andata sembro scema. Ad ogni modo, non c'ero mai andata.
Eravamo io, la vicina matematica pasticcera e la Manu. Siamo partite presto e tornate tardi, abbiamo preso il sole, abbiamo nuotato, fatto snorkeling, letto, chiacchierato, mangiato, giocato a carte, preso un aperitivo (diciamo due), camminato, raccontato.
La Manu ci ha portate in Australia, in Irlanda e a Milano, la Fra a Barcellona e a Parigi, io non ci ho ho portate da nessuna parte ma va bene lo stesso, avevo comunque le mie cose da dire.

Ieri è stata una bellissima giornata, ma stamattina mi sono ugualmente svegliata alle 6.30.
Sono rimasta un po' lì, mi sono guardata intorno nella penombra e nell'afa prematura e, alla fine, in preda all'ansia, sono uscita a correre. Poi sono rientrata, doccia e via di nuovo alla ricerca di non so bene cosa...gelato, spesa e casa.
Ho riordinato un enorme mucchio di documenti mettendo (quasi) il punto alle due settimane di folli pulizie sull'Albero, ho preparato il Leggermente di Agosto, ho cercato (invano) di arginare un ematoma sulla caviglia. Intanto lo so, se continuo a correre con 35 gradi all'ombra mi scoppiano i piedi. Lo so e lo continuo a fare.
Quindi, ricapitolando, è periodo di agitazione. Un'agitazione di un'inutilità imbarazzante peraltro. Basterebbe smetterla di pensare ai se (se non andrà bene, se mi rifiuteranno, se diranno di no, se finiranno i soldi, se non servirà, se starò male, se mi pentirò) e ai ma (ma come faccio, ma così non va bene, ma è troppo rischioso, ma se poi mi mandano a fanculo, ma siamo matti) e rilassarsi. Basterebbe.
Per provare a farlo leggo e scrivo, come al solito, cerco di essere una buona figlia, una buona amica, una buona persona. E compilo elenchi infiniti che mi terrorizzano a morte.
Stasera però no, stasera vi dico quello che questa estate mi sta insegnando, quello che ho imparato in due mesi di caldo maledetto e alternanza bipolare mare/città:

1) Ho imparato a mangiare i pomodori. Sembra assurdo ma mi hanno sempre fatto gola quanto, nella pratica, mi hanno sempre fatto schifo. Ora, a poco a poco, partendo da quelli piccolissimi, ce la sto facendo.

2) I miei vicini si amano. Maschi con femmine, femmine con femmine, di giorno e di notte, si amano e lo dicono a tutti. Ruggendo. Ma io sono contenta per loro, se non fosse che mi sveglio con la stanza a tremila gradi e un soft (neanche tanto) porno in dolby surround che invade tutto il vicolo. Ma si sa, all'amor non si comanda (e meno male).

3) Riesco a correre per più di mezz'ora senza sfiancarmi. Non è nulla di che, lo so bene, ma è comunque una piccola conquista (non fosse per le vene delle caviglie).

4) I vicini che non fanno sesso cantano. Di merda.

5) Buttare via tutto è propiziatorio. Ho messo a soqquadro casa e ho gettato decine di sacchetti di vestiti, barattoli, rifiuti, documenti, oggetti. Non ho eliminato nemmeno un libro e non ne avevo dubbi. Ho costruito collane con vecchie perline, ho assemblato porta gioielli con materiali di recupero e riordinato cassetti, armadi, pensili e ceste. Prima però, ho buttato via tutto.

6) Ho imparato (ma questa è più che altro una conferma) che i progetti fotografici, che siano miei o di altri, mi piacciono un botto. Qui trovate le mie #11cosebelle per L'inventore di mostri e se scorrete la gallery scoprirete che le sto pure fotografando.

7) La cioccolata fondente ha più calorie di quella al latte. Persino di quella bianca. MA STIAMO SCHERZANDO.

8) Ho superato una crisi di fibromialgia senza fare niente. Zero farmaci. Zero medici. Un po' di osteopata, mare e nuoto la mattina presto, coraggio.

9) Ho rivalutato la musica italiana. Gli stessi pochi autori che ho sempre ascoltato eh...ma quest'anno di più. Com'è profondo il mare su tutte.

10) Sono brava, bravissima, a tenere un segreto. Ero capace a otto anni, lo sono ancora a 33.

Ora film, acqua fresca, canotta e luce spenta.


P.S.
La foto arriva dritta dritta dal Leggermente che ho scritto per Cindy (libro del mese: Alta fedeltà di Nick Hornby)

sabato 1 agosto 2015

Summertime Sadness

Colonna sonora
Qui a casa di mamma lo studio è tappezzato di fogli. Poesie, aforismi, testi di canzoni, stralci di libri, citazioni.
Ieri sera, da una famosissima poesia della Szymborska, ho agganciato con gli occhi questa frase: "so che finché vivo niente mi giustifica, perché io stessa mi sono d'ostacolo" e ho pensato che è proprio così. Non credo di essere l'unica, beninteso, che boicotta i propri successi, che affonda speranze e illusioni, che davanti a qualcosa che funziona mette sempre quello che non riesce. Però ecco, questa frase pinzata per caso, in una sera più difficile di molte e più semplice di tante altre, mi è rimasta in mente perché nel mio cervello si collega in un lampo ad un'altra frase, che non conoscevo, e che un mio caro amico mi ha detto qualche giorno fa.

Nadie me quita lo bailao
Nessuno può toglierti quello che hai ballato


Lì per lì ho pensato che fossero poche parole, rivoluzionarie. Poi ho scoperto che è un modo di dire sudamericano molto comune, e che il senso è proprio quello che salta all'occhio alla prima lettura. Anche se le cose vanno male, nessuno può toglierti quello che è andato bene. Ciò che hai ballato.
E così ho "deciso" (quando mai riesco a decidere qualcosa ed alimentare un pensiero positivo per più di, diciamo, ventiquattro ore?) che una buona idea potrebbe proprio essere quella di voltarmi a riguardare i miei vecchi balli e provare a proiettarli nel futuro. Se c'è un momento che non va, se vivo un periodo immobile, di quelli che odio e che sembrano ricordarmi costantemente in che razza di palude io mi sia cacciata, posso sempre immaginare quanti altri balli mi aspettano. Perché anche nelle circostanze più difficili ci siamo rialzati, più o meno tutti, e abbiamo ricominciato a danzare.

Mentre scrivo penso a questi giorni appena trascorsi nel dolore fisico, che prepotente (e per nulla imprevedibile) si è fatto strada a ridosso delle ferie, non appena ho provato a fermarmi e a dedicarmi a quello che preferisco (camminare, scrivere, leggere, fotografare, guardarmi intorno).
E poi penso all'autunno in cui potrebbe cambiare tutto o non cambiare nulla, con enormi conseguenze in entrambi i casi.
Penso al mare che sta a duecento metri da questo pc e alle nuotate che voglio concedermi non appena tornerà il sole.
Penso alle corse che mi regalo ogni giorno e che mi fanno stare bene.
Penso alla passeggiata di questa mattina, in totale solitudine, sotto una pioggerella leggera, costeggiando l'acqua fino al piccolo cimitero lassù, per un saluto veloce.
Penso a chi si trova esattamente dove vorrebbe essere e a chi invece ha davanti a sé settimane e mesi difficili.
Penso alle vite che dondolano nelle pance delle mie amiche e ai viaggi di nozze che stanno per iniziare.
Penso alle mille commissioni che ho già sbrigato e a quelle che mi attendono la prossima settimana.
Penso al corso di francese che comincerà a settembre e che dovrò incastrare con i laboratori per il bando che ho vinto, prima che inizi il Festival e prima che il mio cervello venga assorbito dall'enorme disagio che quel periodo si porterà con sé, come ogni volta.
Penso a ciò che mi spettava e che non mi è stato dato. E questo pensiero, nuovo e sconosciuto, mi fa inorridire.
Penso che potevo essere meglio, ma anche molto, ma molto peggio.

Termino questo post e vedo che sta proprio qui l'errore, che qui è tutto sbagliato. L'elenco che ho appena scritto è un inno al non farcela e al concentrare pensieri, forze e attenzioni su mille cose tranne che sul qui e ora. Ma io non lo so fare. Il mio qui e ora non mi piace. Magari il qui e ora che ci sarà tra cinque minuti sì, ma questo proprio no.