domenica 21 ottobre 2018

Coraggio e lavanda

Sdraiata sul divano-letto nella mia piccola sala penso a quante cose la vita mi stia insegnando in questi ultimi anni. Non che prima ci sia andata piano, anzi, ma in meno di ottocento giorni ho imparato a lavorare da sola, gestendo soldi che non arrivavano, soldi che dovevano andarsene appena arrivati, soldi che finalmente restavano, ho imparato a condividere le giornate, gli spazi e i desideri con una persona, ho imparato a entrare e uscire da paure grandissime lasciandomi aiutare anche dalla chimica, ho imparato ad alzarmi ogni giorno alla stessa ora per starne otto nello stesso posto (evviva!), ho imparato a guardare in faccia la morte e a dirle che va bene, è di nuovo tornata a prendersi troppo presto un pezzo di me, ma se lo dovrà sudare, perché non glielo lascerò portare via facilmente.

Mentre scrivo mamma riposa nel mio letto, la cesta ai suoi piedi è occupata da Agata, infermiera eccezionale, in trasferta da due settimane, che sembra capire la gravità della situazione e non si lamenta mai della reclusione forzata. Il week end è trascorso lento, finalmente con un po' di controllo sulle cose, con qualche passeggiata nel sole di luglio ottobre, con la spesa della domenica mattina, con l'acquisto del telefonino nuovo, così lei finalmente avrà il suo (mio) smartphone e io potrò scattare delle foto davvero degne di questo nome.

Tra pochissimi giorni inizierà il Festival della Scienza
e mai come quest'anno mi sembra stia per cominciare una vita parallela, dove chissà se potrò fare qualche incursione nei laboratori che mi interessano e magari anche vedere un paio di conferenze con mamma.
La settimana di Ognissanti sarà quella libera da terapie, spero tanto di riuscire ad approfittarne per farle fare due passi con meno stanchezza da sopportare e meno sale da attesa in cui aspettare.

Attorno a noi abbiamo trovato degli eroi quotidiani
, dall'oncologo che la chiama disaster e trova soluzioni per ogni cosa al palliativista che trascorre mattinate intere a bere caffè, mangiare pasticcini, mostrarle foto dei figli piccoli e cercare con lei sistemi efficaci per combattere il dolore. E poi ci sono la suora indiana che maneggia pacchi di terapie come fossero sacchetti di zucchero, la volontaria bionda che gestisce l'affluenza dei pazienti meglio di una torre di controllo, la caposala con il sorriso più rasserenante del mondo.
Tutte queste persone, insieme alla famiglia, agli amici, ai colleghi, stanno rendendo il mio viaggio più semplice, spero così di riuscire a trasmetterle tutta la forza che le serve, anche se, detto tra noi, è lei che ogni giorno mi mostra cosa è in grado di fare uno scricciolo di quaranta chili.

Il sonno che ho finalmente recuperato, il cambio degli armadi finito (questa volta per bene, con tanto di sacchettini profumati gentilmente forniti dalla festa francese in Piazza Matteotti, dove mamma ha svaligiato un banco di lavanda), i pigiami nuovi, il bucato steso, il libro da leggere pronto accanto a me.
Ti accontenti di poco, direte voi, ma è tantissimo, fidatevi.