mercoledì 27 giugno 2012

Chi ha fatto il turno di notte

Libri, su libri, su libri. Ogni minuto è buono.
Non sottraggo tempo allo studio o al lavoro, nemmeno alla palestra o alla corsa. Solamente leggo ogni volta che ho tempo: sul treno, sul battello, in coda alla posta, a letto, in spiaggia, alle soste del bus, aspettando che salga il caffè...
Oggi ho letto questo libro, Chi ha fatto il turno di notte di Izet Sarajlić e il merito è solo di Nessie e di Erri.
Nessie è l'amica che mi ha ospitato nella sua casa in cima a 105 gradini la notte scorsa, per evitarmi l'ennesimo lunghissimo viaggio con l'Uno capolinea-capolinea, Erri è Erri De Luca che ha scritto la prefazione apponendo, almeno per me, un certificato di garanzia sul libro.
Ieri sera, mentre mi accomodavo tra le lenzuola con il mio pigiama a righe, osservando ricambiata Signor Siberia (il gattone tigrato di Nessie), lei è arrivata con un piccolo libro bianco tra le mani, preannunciando un interno di catastrofi, dolori, amori profondissimi e grandi verità, tenendo il dito indice tra le pagine e porgendomi il volume con un sorriso: "Leggi questa prima, è la storia dei tuoi amori...sì, tutti i tuoi amori".
L'ho letta subito e con lei ne ho lette altre. Questa mattina, appena sveglia, ne recitavo mentalmente i versi e, dopo la colazione, via da Feltrinelli a comprare il piccolo libro bianco.
Il titolo della poesia che mi ha innamorata subito è "La Linea Maginot" e contiene strofe come:

"perché il nostro tetro carico urbano di pensieri
si arricchisca di verde così necessario per vivere,
così necessario per amare,
così necessario per andaresene umanamente,"

Per concludersi con:

"Fra te e me ci sarà sempre la Linea Maginot.
Fra te e me,
fra ogni nostro desiderio e noi,
fra ogni nostra partenza e noi,
fra ogni nostro ricordo e noi
ci saranno sempre
L'Ombra delle Disgrazie Passate, il Cielo dei Caduti, la linea Maginot"

Non saprei come descrivere le sensazioni che i versi di questo autore suscitano nelle mie viscere e nella mia testa, mi fanno malissimo e nello stesso tempo mi rincuorano, mostrandomi un punto di vista così vicino al mio. La Linea Maginot l'abbiamo tutti, a modo nostro, un fossato profondissimo o una sottile striscia di separazione, che un passato pesante o un'educazione poco incline ai compromessi hanno tracciato attorno alle nostre vite.
Grazie Nessie per il bel regalo e per l'ospitalità...




sabato 23 giugno 2012

L'arte di correre

Omaggio ad Haruki e all'unico suo libro che non mi è piaciuto, ecco spiegato il titolo di questo post. Non ho certo la presunzione di pensare che il mio modo di correre sia un'arte, anche perché non corro. Cammino. Veloce.
Ed è bellissimo. Non è certo la prima volta che mi cimento in uscite estemporanee sul lungomare, ma ora il lavoro è serio, è una cura (l'unica ormai) per il mio collo e funziona su un sacco di cose, non solo come anti-virus potentissimo! Funziona sulla cellulite, almeno spero, simpatico regalo dei trent'anni e delle super medicine gonfia-cosce che hanno scandito i miei giorni di primavera. Funziona sulla schiena, che tengo per forza dritta per non appesantirla con il passo e che si distende con più facilità. Funziona sui piedi, che appoggio con attenzione per salvare le caviglie e che mi ancorano a terra più di una seduta dall'analista. Funziona sull'umore, maledettamente. Non posso dire che mi rilassi, che mi rallegri...camminare mi scarica. Mi aiuta ad espellere le tossine del virus e quelle delle persone, a buttare fuori cattiverie, menefreghismi, autoreferenzialità, isterismi, manie di persecuzione, protagonismi. Mi libera, dal male. Camminare mi sposta fisicamente e sposta i miei pensieri, questa mattina, appena sveglia, ho infilato le scarpette, la maglia tecnica e ho cercato le cuffie del telefono. Non sono accessoriata, non ho ipod, lettori e cose simili ma ho un vecchio telefono con la radio che, con un po' di fortuna, è una buona compagnia. Oggi Marc Knopfler ha coperto il rumore delle auto, le mezze dichiarazioni porno di autisti evidentemente ciechi davanti alla mia figura scoordinata, i motorini senza marmitta e gli urli della spiaggia. Poi la Pausini, ahimè, mi ha fatto rimpiangere gli apprezzamenti da bettola dei camioncini operai ma era quello che passava il convento e in trentacinque minuti mi sono dedicata a svuotare la testa e i muscoli come raramente mi riesce.
Arrivata a casa un asciugamano per salvarmi dalla polmonite e una doccia tiepida mi hanno riportata alla realtà, stanca e distesa, perennemente grata a quel fisiatra che ha messo da parte cortisoni, antiepilettici e integratori e ha scelto me, le mie capacità naturali di difesa e la mia voglia di recuperare, anzi, recuperarmi.

domenica 17 giugno 2012

Giornogiallo, ovvero l'elicriso mi salverà.

Qualche giorno fa è stato un giornogiallo. Anche oggi un po' lo è, ma molto meno.
Sto lavorando assai, nel modo giusto, con i tempi e gli incastri giusti, con l'affanno ma non troppo, con quell'ansia calibrata che ti fa stare sul pezzo senza farti venire un infarto.
Week end di sole dopo mesi di fine settimana piovosi, grigi, freddi e chi più ne ha più ne metta. Io qui nel mio giardino incantato ho infilato il costume al primo raggio, spalmato quintali di crema protettiva, stimolante, schermante e abbronzante e mi sono sdraiata sul cuscino a righe gialle. Prima però ho portato a termine compiti di figlia, allieva, collega, ho spazzolato il gatto, ho controllato le e-mail, ho scattato questa foto, ho guardato le amarene mature, una mucca bianca mangiare pitosfori e un capriolo saltare sul prato. Due giorni di sole, due libri iniziati e finiti, uno bello e uno no; o forse era bello anche il secondo, ma quando il mio cuore vuole staccare dai pensieri negativi, anche pagine pesanti e piene di riflessioni dolorose subiscono la via veloce del rigetto e vengono espulse dalla mia testa stranamente ottimista.
Ci sono riflessioni sul mio passato e sul mio continuo riproporre schemi e meccanismi che ritornano anche di notte, provo a non pensarci ma stanno lì in un angolo e alla prima buona occasione saltano fuori come il pupazzo con le molle dalla scatola colorata.
So dove si rintanano e lì provo a lasciarle, è un dato di fatto e i motivi per cui ci sia sempre da nascondere qualcosa di me ancora non li ho capiti.
Per il resto sono giornigialli appunto, sono giorni di elicriso profumato e bellissimo che mi stuzzica il naso mentre leggo a pancia sotto, che ospita animaletti metallici e cimici mimetiche, che dondola al vento con i suoi ombrelli discreti e violentissimi al tempo stesso, che visto da lontano è una macchia di estate avvolta dall'argento delle sue foglie. L'elicriso sa di liquirizia, di infanzia e di serenità, l'elicriso mi salverà dai cattivi pensieri e mi aiuterà a seguire le cure dell'ultimo, gentilissimo medico che mi ha detto di correre, di non assillarmi con troppe difficoltà, di buttare fuori tossine e prendermi cura dei miei muscoli, di combattere il malefico virus e proibire al resto del mondo di farmi del male. A cominciare da me stessa.
Buongiornogiallo anche a lei, dottore.

domenica 10 giugno 2012

Il cucchiaio di ghiaccio

Ho comprato un libro per i viaggi in treno. L'ho comprato di venerdì, il viaggio seguente sarebbe stato di lunedì. Ora ne sto scrivendo la mia personalissima e modesta recensione: è domenica. Due giorni e via, dovrò comprarne un altro.
Il primo libro di Gramellini mi è stato regalato anni fa, con una dedica bellissima. Questo mi è stato consigliato dalla stessa persona che mi donò L'ultima riga delle favole, con un pò di titubanza e un velo di preoccupazione. Chissà se Elena, orfana di padre, reggerà la lettura di questa autobiografia, sconfinatamente dolce e profondamente amara. In realtà Elena orfana di padre non lo è, come le disse anni fa la strizzacervelli si è orfani se si perde un genitore prima della maggiore età...bella fregatura. Per una vittima incallita come Elena sarebbe quindi stato difficile usare l'abbandono di un padre, per altro davvero poco presente anche da vivo, per essere trattata con rispetto "...pretendevo che qualcuno facesse il tifo per me...".
Questa è solo una delle decine di citazioni abbracciate dalla mia matita, solo una delle tante frasi in cui mi sono totalmente riconosciuta o che hanno acceso in me una piccola lampadina, destinata a diventare sempre più luminosa, pagina dopo pagina.
Non mi sono solo immedesimata, quello mi accade di continuo: poesie, canzoni, serie televisive, libri...sembrano tutti scritti per me. In questo romanzo ho trovato delle risposte a domande che mi pongo da anni, a situazioni in cui mi impantano di continuo da un tempo talmente lungo che sembra un millennio.
"...Pur di prevenire l'ansia di un possibile abbandono mi lasciavo andare soltanto con quelle su cui credevo di esercitare un controllo...", Gramellini scrive della sua immobilità, che sembra la mia e che non si combatte continuando a stare fermi, ma guardando dalla parte giusta, "...Il dolore apre squarci che consentono di guardarsi dentro. Ma io continuavo a guardare dalla parte sbagliata...".
Il dolore: "...sentii un cucchiaio di ghiaccio penetrarmi la pancia e svuotarmela tutta...", quali altre parole potrebbero essere più azzeccate? Un giorno, non ricordo più in quale libro, ho letto del dolore come una schiuma calda che ti riempie l'intestino. Il freddo del ghiaccio, il caldo della schiuma. E' proprio così. Alla frase "..ogni vittima tende a riproporre gli schemi del proprio passato..." mi sono arresa: questo libro era destinato a farmi male e ad aiutarmi a capire, a parlarmi di perdono, di verità, di mostri del cuore, di amore, di fallimento, di morte e di vita, che poi sono forse la stessa cosa.
Mi sono trovata, copertina chiusa, a cercare su internet l'indirizzo e-mail dell'autore, per scrivergli grazie, per chiedergli come ha fatto a farmi capire cose che sei anni di analisi mi hanno solo lasciato intuire.
"...In fondo la mia vita è la storia dei tentativi che ho fatto di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo...".
Leggete questo libro, per favore.

sabato 9 giugno 2012

Un racconto

Un'auto azzurra, un prato colorato, un bosco verde e un vento fortissimo.
Una sera in mezzo alla settimana, in mezzo a una brutta settimana in verità, mi infilo una tuta, la mia felpa preferita con il cappuccio, le scarpe da trekking...ed esco.
Sono chiacchiere, curve, curve e silenzi, prati. Poi sono un sentiero di foglie di castagno, un albero caduto, un ruscello timido e il vento sempre più forte. Non c'è bisogno di dire nulla perché ognuno ha il suo spazio, perchè io trovo sempre un tronco, un sasso, un letto di muschio. Perchè lo Sminatore osserva, decide, si ripara con prudenza, fa quello che deve e mi sorride.
Il vento continua a soffiare e la luce cala, gli uccellini mi sembrano cellulari che suonano e ogni volta mi arrabbio con disturbatori umani che non arrivano, spero in un daino e temo il cinghiale. Gli occhi mi lacrimano perché c'è troppa aria, le mani si ghiacciano e il collo si tira, ma sto benissimo. Si torna, si supera l'albero caduto, si passa accanto al ruscello timido e si arriva sui prati colorati alla luce del crepuscolo, l'ora più bella. Due curve e l'auto azzurra si ferma, dietro a un cespuglio infilo il vestito nero, i leggings, le scarpe leggere e la felpa fucsia...ho fame. Il telefono ha di nuovo campo, un paio di chiamate per il nonno che ha raggiunto gli altri nonni, i miei piedi freddi su un ciottolato silenzioso, un paese vuoto e zitto che ci guarda camminare. La pizza è buonissima, con un sacco di cipolle, sguardi che si conoscono, chiacchiere tranquille, il dolce e le mele verdi.
Camminando vicini, spinte e prese in giro, il freddo si infila sotto la felpa, il buio è quasi buio davvero. La strada ci accoglie con la nebbia, poca, tanta e poi ancora poca, nessun animale attraversa, qualche quaglia si traveste da pipistrello e ci sorprende. Un luogo mi ricorda gli anni dell'incubo senza quasi che me ne accorga, l'autostrada è un cantiere a cielo aperto, cipolle rotolano in carreggiata perse da chissàchi, un gesto silenzioso mi calma i pensieri del passato.
Tutto il resto è nostro.

domenica 3 giugno 2012

1Q84

L'ho terminato. Settecentodiciotto pagine, di quelle che non vorresti finissero mai. Per fortuna, da quanto ho capito, ci dovrebbe essere un seguito, anche perchè se fosse finito così ci rimarrei malissimo.
Mentre lo leggevo pensavo: "Come potrei scrivere un post su questo libro?", "Come potrei rendere le atmosfere che ci sono e le sensazioni che ho?". In 1Q84 è racchiusa l'essenza della scrittura di Murakami, visionaria e reale al tempo stesso, piena di riferimenti all'inconscio e alla vita che scorre veloce, ricca di simboli e paure, di riflessioni e istinti. Alla fine ho deciso che il modo migliore per spiegare e raccontare di questo romanzo fosse elencare (strano!) i titoli dei vari capitoli che lo compongono, quasi tutti assurdi a prima vista, ma molto significativi se ci si ragiona su o se si legge poi il contenuto del paragrafo. I titoli sono un'ottima sintesi del libro e al tempo stesso fanno venire una gran voglia di leggerlo. Bisogna dire, però, che per lo meno per la prima parte si rischia un poco la noia e, a meno che come nel mio caso non si abbia una passione incondizionata per il buon Haruki, bisogna armarsi di pazienza e stringere i denti per qualche capitolo, prima che la smania di andare avanti a leggere giorno e notte la faccia da padrone.
Comunque, ecco l'elenco:
- Non si lasci ingannare dalle apparenze
- Un'altra piccola idea
- Alcune cose che hanno subito modifiche
- Se è quello che lei desidera
- Un lavoro che richiede abilità da specialisti e allenamento
- Andremo molto lontano?
- Molto piano, in modo da non svegliare la farfalla
- Andare in un luogo sconosciuto a incontrare una persona sconosciuta
- Cambiato il paesaggio, cambiate le regole
- Una rivoluzione reale in cui scorre sangue vero
- Il corpo è per gli uomini un santuario
- Venga il tuo Regno
- Una vittima nata
- Cose che la maggior parte dei lettori non ha mai visto
- Come l'ancora che trattiene un pallone aerostatico
- Sono davvero felice che ti sia piaciuto
- Se noi siamo felici o infelici
- Non c'è più spazio per il Grande Fratello
- Donne che si scambiano segreti
- Poveri ghiliachi
- Per quanto lontano io cerchi di andare
- Il tempo può procedere assumendo forme contorte
- Questo è solo l'inizio
- Dove sta il senso del fatto che quel mondo sia diverso dal nostro
- Quella era la città più noiosa del mondo
- A parte l'anima, non possiedo nulla
- Non si può scegliere come nascere, ma si può scegliere come morire
- Forse sarebbe meglio non augurarsi una cosa del genere
- Un topo incontra un gatto vegetariano
- Abbiamo braccia molto lunghe
- Il luogo dove adesso sta per entrare
- Stanno per arrivare i gatti
- Ciò che giunge come compenso per aver ricevuto la Grazia
- La proposta è stata respinta
- L'equilibrio in se è un bene
- Cose che non si possono contare sulle dita
- Se non ci fosse il tuo amore
- Un pacchetto ricevuto
- Ha inizio finalmente il tempo degli spiriti
- Come una nave fantasma
- Tirare fuori il topo
- Un satellite silenzioso e solitario
- Quando la daughter aprirà gl occhi
- Il tricheco e il cappellaio matto
- Che cosa devo fare?
- Finchè in cielo ci saranno due lune
- Metti un tigre nel motore
- Finché rimane il tepore
Inutile dire che buona parte di queste frasi le sentivo dentro di me, tanto che finito un capitolo avevo quasi paura di leggere il titolo di quello successivo, di essere ferita da nuove verissime e imminenti parole.
Comunque, a libro concluso, sono per l'ennesima volta soddisfatta e non vedo l'ora di trovare in libreria il secondo volume di questa storia...
Per chi avrà voglia di cimentarsi in questa impresa...buona lettura!