lunedì 28 gennaio 2013

Forever young

Inizio d'anno pieno di post, forse sento il bisogno di condividere...più probabilmente di scrivere.
Questa mattina doveva essere risolutiva per un sacco di cose burocratiche da sbrigare, nella realtà non sono riuscita a fare nulla, ufficio chiuso, medico in ferie, pioggia incessante, vento freddo.
Arrivata a casa ho acceso il computer, l'idea ora è quella di studiare per il dottorato e portarmi avanti per l'assegno di ricerca, anche se formalmente entro in servizio il 1 febbraio.
Mi viene in mente che stanotte ho ricevuto una mail di mamma e vado a recuperarla: una canzone di Joan Baez e il suo testo.
L'ho ascoltata (e letta) tre volte e non ho ancora smesso di piangere.
Qui scrivo sempre di mio padre, di Andrea, degli amici, del lavoro, del futuro, delle mie paure e delle speranze, ma non scrivo mai di lei, della signora che mi ha cresciuta e difesa dal mondo.
In realtà nel mondo mi ci ha buttato senza molti scrupoli ed è stato il modo migliore per proteggermi. Sono sempre stata obbediente, soprattutto con lei, più permissiva di papà nelle cose di tutti i giorni (orari, concerti, amicizie) ma più severa nell'educazione, nello studio e nel comportamento davanti al dovere.
Non ho nessun tabù, non sono prevenuta davanti agli altri, supero le difficoltà con fatica ma le supero (e dio solo sa quante difficoltà io e mamma abbiamo superato insieme) e tutto questo grazie a lei. A lei che anni fa cucinava per il mio "cognato" di colore musulmano i ravioli senza carne di maiale, a lei che non metteva il pesto nella minestra del mio ospite vegano, a lei che scherza con i nostri amici omosessuali senza la minima ombra di perplessità.
La mia mamma che ha lavorato in mezzo ai giovani una vita, imparando il loro linguaggio, rispettando le loro difficoltà e condividendo le gioie come i fallimenti.

La mia mamma che stanotte mi ha mandato questa:
https://www.youtube.com/watch?v=-4UoJ47SzjA

Con testo e traduzione:

May God bless and keep you always,

May your wishes all come true,

May you always do for others

And let others do for you.

May you build a ladder to the stars

And climb on every rung,

May you stay forever young,

Forever young, forever young,

May you stay forever young.



May you grow up to be righteous,

May you grow up to be true,

May you always know the truth

And see the lights surrounding you.

May you always be courageous,

Stand upright and be strong,

May you stay forever young,

Forever young, forever young,

May you stay forever young.



May your hands always be busy,

May your feet always be swift,

May you have a strong foundation

When the winds of changes shift.

May your heart always be joyful,

May your song always be sung,

May you stay forever young,

Forever young, forever young,

May you stay forever young.




Possa Dio benedirti e proteggerti sempre

Possano tutti i tuoi desideri diventare realtà

Possa tu sempre fare qualcosa per gli altri

E lasciare che gli altri facciano qualcosa per te

Possa tu costruire una scala verso le stelle

E salirne ogni gradino

Possa tu restare per sempre giovane

Per sempre giovane per sempre giovane

Possa tu restare per sempre giovane



Possa tu crescere per essere giusto

Possa tu crescere per essere sincero

Possa tu conoscere sempre la verità

E vedere le luci che ti circondano

Possa tu essere sempre coraggioso

Stare eretto e forte

E possa tu restare per sempre giovane

Per sempre giovane per sempre giovane

Possa tu restare per sempre giovane



Possano le tue mani essere sempre occupate

Possa il tuo piede essere sempre svelto

Possa tu avere delle forti fondamenta

Quando i venti del cambiamento soffiano

Possa il tuo cuore essere sempre gioioso

Possa la tua canzone essere sempre cantata

Possa tu restare per sempre giovane

Per sempre giovane per sempre giovane

Possa tu restare per sempre giovane


La mia mamma che forse si commuoverà leggendo questo post.
Grazie mamma.

P.S. Nella foto polaroid scattata da mamma nella mia seconda primavera.

domenica 27 gennaio 2013

Auf wiedersehen

Ieri sera sono andata a vedere Django (Unchained), di Tarantino.
Bello. Lungo.
Cosa mi ha colpito di più? Temo di non essere particolarmente originale se dico la musica, la fotografia, i personaggi (tutti, nessuno escluso).
Però è così: Chistoph Walz, il dottore tedesco bravo da far paura con la sua strafottente eleganza e la parlata forbita, lo stronzissimo Di Caprio, squilibrato, perverso, con i denti marci e lo stesso talento dimostrato in Inception, Revolutionary Road e Shutter Island. Sono altrettanto bravi Jamie Foxx il bello, nero e determinato Django...la D è muta, Samuel L. Jackson intramontabile ossessione di Quentin e l'amata Broomhilda, che non ricordo dove ho già visto ma che mi ha stregata con le occhiate furbe, terrorizzate o dolcissime lanciate al suo uomo in ogni scena del film.
Io cresciuta guardando film western, io che piango ancora oggi se sento la colonna sonora dell'"Uomo con l'armonica", io che da piccola, ma nemmeno troppo, ascoltavo Apache (The Shadows) continuamente, non ho potuto non amare questo omaggio alla mia infanzia.
Montagne piene di neve, licheni lunghissimi appesi ai rami degli alberi, fiocchi di cotone bianchi spruzzati dal rosso del sangue, vestiti blu cobalto sulla pelle nera, lingue di fuoco nella notte, abiti di seta gialla nei campi verdi, boccali di birra attraversati dalla luce.
Le battute spiazzano, a tratti sono divertenti e a volte gelano il sangue. Qualcuna rimane intrappolata nei pensieri anche una volta usciti dal cinema, dal tormentone già citato "La D è muta" all' "Auf wiedersehen" pre esplosione, dal "Signori, avevate la mia curiosità ma ora avete la mia attenzione!" dello spietato Candy allo "Scusate...non ho saputo resistere" che incorona Schultz eroe indiscusso del film.
Poi ci sono le budella alla Tarantino, le sparatorie senza fine, i cani che sbranano, le botte che rompono le ossa, le dita che cavano gli occhi, i titoli in sovraimpressione, i rimandi ai vecchi film del regista e gli omaggi ai suoi idoli.
Fisiologico e inevitabile pensare a mio padre, con cui mi appiccicavo davanti alla TV aspettando gli occhi di Clint e la musica di Ennio. Mio padre che sarebbe saltato sul divano (perché al cinema non sarebbe mai venuto) davanti alla comparsa di Franco Nero, che avrebbe trovato citazioni e similitudini per tutte le tre ore e che, chiamandosi Gian ne avrebbe approfittato scegliendo per il futuro un più cinematografico Dgian...la D è muta.

P.S. L'ho sperato tanto, perché mi sarebbe sembrata una cosa figa, che la ragazza bandito con gli occhi azzurri, con la bandana rossa e solo due inquadrature, fosse una Uma-cammeo giunta sul set come il Quentin esplosivo, ma non ho avuto riscontri e mi tengo quindi questo pensiero come un'idea cinematografica che mi sarebbe piaciuta un sacco!

venerdì 18 gennaio 2013

Mimetismo

Un tagliere verde, un coltello verde e una tavoletta di cioccolato nero.
Nonostante l'immagine sia pessima (a breve entrerò in possesso di una macchina vera e accantonerò la fotocamera del cellulare), si capisce quali siano le intenzioni della mia serata. Poca voglia di uscire, il freddo non aiuta, perciò a chi è in cerca di un rifugio caldo offro una tazza di cioccolata con una fetta di torta di ricotta.
Qualche amico pare arriverà e quel che avanzerà sarà ottimo domani, quando le temperature saranno ancora più basse e la voglia di divano, coperte e musica mi avvolgerà completamente.
Il titolo di questo post ha una motivazione ben precisa, che non risiede naturalamente solo nella foto, ma è una condizione fisica, uno stato d'animo, una sensazione.
Mi mimetizzo qui a casa ormai quasi perfettamente, come un camaleonte, un insetto stecco, un serpente nel deserto.
Merito mio che ho riflettutto su ogni singolo angolo di questo appartamento per quasi un anno, tanto che al momento dell'acquisto e della disposizione mobili avevo già in mente tutti i dettagli. Il merito però va anche a chi questi mobili li ha scelti con me, li ha comprati e li ha montati. Lo Sminatore su tutti, che con pazienza, silenzio totale e tranquillità ha assemblato un divano, un letto e, finalmente, un comò.
Qui nasce il mistero, sul mio mobile da camera azzurro turchino made in IKEA. Tutti sostengono sia un fasciatoio, io appoggio la causa cassettiera. Quello che conta penso però che sia il risultato finale, spazioso nei cassetti, nei fori laterali e sul piano d'appoggio dove la mia ossessione per le scatole e la passione per il fai da te hanno già avuto il sopravvento. Per quanto riguarda un porta orecchini home made spero di riuscire nell'impresa e postare qui, prossimamente, i vari passaggi per realizzarlo.
Ora sono in cucina, con la torta in forno, un bicchiere di Morellino di Scansano sul tavolo, i Goldfrapp in sottofondo e mi mimetizzo perfettamente nel mio ambiente caldo, pieno di legno e di colori allegri. Sono giorni felici, con tanti pensieri da ordinare, cose da capire, bivi all'orizzonte, confusione e insicurezze, ma va bene così.
Mi mimetizzo.
http://www.youtube.com/watch?v=p7Ptai9I6eo&list=AL94UKMTqg-9AeY6FQ6ebZqi0cgUn7cn_S

lunedì 14 gennaio 2013

My First Lego League

Per queste cose sono troppo vecchia, è evidente.
Sveglia all'alba, in piedi tutto il giorno, scale, corse, fame, sete, agitazione, pressione, batticuore.
La mia First Lego League mi ha tolto dieci anni di vita e regalato mille sorrisi...di chi?
Dei ragazzi che hanno partecipato partendo da tutta Italia, dei bambini piccoli arrivati in ritardo perché bloccati dal maltempo ma pieni di energia per fare il tifo ai compagni più grandi, dei professori commossi e orgogliosi dei propri studenti, dei genitori infreddoliti, entusiasmati e ormai rassegnati davanti alla grande passione dei figli, degli organizzatori sempre di corsa e sotto tensione, dei giudici di gara morti dalla fame e continuamente operativi, dei ragazzi del teatro emozionati e bravissimi, di quelli che hanno suonato tutto il pomeriggio, dei custodi disponibili fino all'ultimo, dei volontari che ho cercato di coordinare senza farmi prendere dal panico e sorridendo anche io.
Sono stanca ancora oggi, nonostante abbia dormito molto, ma la sveglia alle 5, le tante ore in movimento e le emozioni hanno il loro peso.
Io di robot non sapevo nulla fino a quattro mesi fa, poi un corso, il Festival della Scienza che tutto cambia, il week end al porto con i piccoli e ora mi ritrovo catapultata in uno degli eventi più importanti per chi sui robot e per i robot spende tempo, passione, competenza e curiosità.
Quando mi hanno detto "Si comincia presto" non avevo pensato alle 5 di mattina, quando mi hanno detto "Ci sarà tanta gente" non immaginavo così tanta, quando mi hanno detto "Le squadre arrivano da tutta Italia" non credevo addirittura dall'Abruzzo.
Io di robot continuo a non intendermene molto, ma di ragazzi ormai direi che qualcosa so e ieri quello che ho visto è stata una grande dimostrazione di impegno, solidarietà, amicizia, rispetto, fratellanza, dedizione.
Impegno delle classi che si sono preparate tutto l'anno, dello staff che ha lavorato sodo, dei professori che hanno creduto nell'idea. Solidarietà delle famiglie che hanno ospitato i giovani di Mirandola vittime del terremoto e vincitori della gara. Amicizia tra studenti che non si sono mai visti prima ma si sono uniti subito e tra gli organizzatori che lavorano insieme ogni giorno. Rispetto per le valutazioni, per le competizioni, per la stanchezza altrui, per le tensioni dei partecipanti, per le aspettative dei figli e per la passione dei giovani. Fratellanza tra i ragazzi del teatro e gli spettatori entusiasmati da ogni piccolo-grande obiettivo raggiunto. Dedizione di tutti per il loro compito, qualsiasi esso fosse.
Non credo capiti spesso di poter trascorrere una domenica di lavoro, dopo una settimana dura, tornando a casa con il sorriso, ma le magliette dei ragazzi emiliani con scritto "Teniamo Botta" e i loro abbracci incontrollabili al momento della premiazione sono valsi tutte le stanchezze del mondo.

venerdì 11 gennaio 2013

Una tigre a testa in giù

Qualche giorno fa, uscendo di casa, ho visto una tigre a testa in giù.
Era il peluche di qualche piccolo vicino di fronte, appeso con una grossa molletta di legno fuori dalla finestra. Immagino fosse stato lavato e se ne stesse lì ad asciugare. Chissà cosa gli era successo, magari era caduto nella minestra, oppure l'aveva leccato il cane, o forse qualcuno ci aveva fatto la pipì sopra.
Quella tigre, animale forte e coraggioso, appesa a testa in giù, mi ha colpita perché mi ha ricordato me in questi giorni. Una settimana in cui ho tirato fuori tutta la forza che avevo per restare in piedi e l'unico risultato che ho ottenuto è stato non crollare ma rimanere capovolta. Non sono riuscita a reagire alla paura come speravo, mi sono chiusa e arrabbiata tanto, mi sono sentita come un animale feroce dentro ad una gabbia stretta. Come la tigre della Vita di Pi, da poco visto al cinema con lo Sminatore, che dondolava sulla barca in mezzo al nulla senza poter fare niente per fuggire. I giorni appena passati, tra attese e spaventi, mi hanno portato davanti ad un grande obiettivo, un traguardo che inseguivo da un anno e che determinerà il mio futuro: ho vinto una borsa di studio che mi permetterà di vivere tranquillamente per 24 mesi, senza pesare su nessuno, senza sentirmi fuori posto, facendo quello per cui ho studiato e lasciandomi del tempo sano per me.
Mi accorgo che mentre scrivo queste parole è come se te le sussurrassi a bassa voce, per questo domani verrò a trovarti e te lo dirò di persona. Mi metterò le scarpe giuste e attraverserò il sentiero nel bosco, fino ad arrivare da te, poi tornerò a casa costeggiando il mare. Ilmareingiardino.
Scrivo ascoltando Tempo di attesa di Ginevra Di Marco, con le sue frasi così appropriate per questo mio momento:

"...Liberami, proteggimi
Strada deserta ancora da tracciare
Liberami, proteggimi
Orizzonte costante da disabitare

Parlami una sola parola
Che è tempo di attesa
Tempo di cielo, di terra e di mare
Tempo da dove tutto può arrivare"


Questa mattina mi sono alzata presto, dopo aver finalmente dormito un sonno giusto, senza incubi, risvegli e occhi spalancati. Sono andata in palestra, ho allungato tutti i muscoli che potevo e, una volta a casa, ho disfatto gli addobbi natalizi e finito i mille lavori lasciati a metà.
Ora mi rilasso, ascolto la musica e mi preparo a prendere il treno, mi aspettano i festeggiamenti per il futuro che inizia e le coccole della gatta.
Sono felice e te lo vorrei proprio dire.
A domani

martedì 8 gennaio 2013

Dubbio. Ripetere

L'altro giorno ho sentito una mia amica, era disperata.
Aveva ritirato delle analisi del sangue, fatte di routine a causa del suo lavoro, in cui veniva fuori un valore dubbio a proposito del virus dell'Epatite C. Non proprio una bella cosa.
Non risultava positiva, ma nemmeno negativa, sul referto c'era scritto "DUBBIO. RIPETERE". Naturalmente, nonostante tutti le dicessero di stare tranquilla non essendo un soggetto a rischio, vederci chiaro era d'obbligo.
Era stata dal dentista di recente? Aveva affrontato grossi interventi chirurgici? Subito trasfusioni? Incontrato scambi di sangue? Non che lei ricordasse.
Le poche cartelle cliniche che possedeva riportavano sempre un esito negativo accanto alle tre maledettissime lettere HCV. Cosa poteva essere successo?
Le ipotesi erano mille, il medico dell'ospedale propendeva per l'incompatibilità tra sangue e reagenti e le aveva rifatto un prelievo il cui esito sarebbe arrivato dopo almeno una settimana. Il medico di famiglia invece sosteneva che il virus malefico che l'anno prima le aveva colpito i muscoli del collo avesse favorito una risposta incrociata e stimolato anticorpi ora conteggiati dalle analisi.
L'unica soluzione era rifare il prelievo in un nuovo laboratorio, mettersi l'animo in pace e sperare. Così fece, dopo un tranquillo week end di paura, notti insonni, tentativi di ricostruire scene e momenti, domande, risposte, telefonate, pianti e digiuni, andò di nuovo in ospedale, si mise in coda e aspettò il suo turno in silenzio.
Per non pensare a niente, visto che di studiare non se ne parlava proprio, rimediava all'ansia correndo la sera e fissando le travi sul soffitto.
Improvvisamente ogni altra preoccupazione sembrava essere superflua, quello che fino alla settimana prima l'avrebbe agitata ora non le faceva alcun effetto.
Le feste erano finite, un nuovo anno era iniziato e lei era piombata in un inferno.
E pensare che, come me, lei odia le attese, quelle che non puoi fare nulla se non aspettare, quelle che ti rosicchiano i pensieri anche quando cerchi di leggere notizie demenziali o sfogli riviste di design casalingo.
Alla fine, con il modulo di ritiro in mano, morta di paura, la mia amica è andata a prendere i risultati: Negativo. Non c'era il virus, gli anticorpi erano non reattivi e i dubbi si sono impalliditi fino a sparire, in un attimo.
Per la prima volta, nonostante ne avesse passate tante, si era fermata a riflettere su cosa le rendesse così insopportabile l'idea di aver contratto una malattia, probabilmente per un errore di altri, che in realtà è più diffusa di quanto si immagini. La risposta l'aveva trovata subito, analizzando i sentimenti che provava. Certo era triste e sicuramente era spaventata, ma il sentimento padrone questa volta era la rabbia. Perché lei che sta attenta, che non rischia mai, che cura la sua salute da sempre nonostante ne capitino di tutti i colori (o forse proprio per quello), doveva affrontare una malattia, l'ennesima, che per di più si portava con sé una componente antisociale non proprio trascurabile?
Lei che sta imparando a badare a sé, volendosi bene, pensando al suo futuro, al suo amore, alla sua vita, rischiava di perdere l'equilibrio, quello vero, in un secondo.
Per fortuna non è andata così, l'ho sentita stasera, è tutto il giorno che gira con un sorrisone stampato in faccia, che riordina priorità, che lascia scorrere il tempo, fa shopping, chiacchiera, studia, prende aperitivi con gli amici e scrive.

sabato 5 gennaio 2013

Attese

Queste sono giornate appese, di attesa.
Si aspetta che finiscano le feste e ricominci la quotidianità del lavoro, si aspetta che inizino i saldi, si aspetta di iscriversi in palestra per smaltire i chili presi a Natale, si aspetta di cominciare quel nuovo corso che parte a Gennaio, si aspetta di mettersi a dieta, diminuire con l'alcool, fare volontariato, smettere di fumare.
Anche io, quest'anno, ho le mie personalissime attese. Sono attese grandi, che mi porteranno a risultati che cambieranno comunque la mia vita. Qualunque essi siano.
E io, purtroppo, le attese le odio.
Mi piace aspettare alla posta, in stazione, dal medico, dal fruttivendolo, al cinema, ma odio attendere i risultati. Odio i responsi, i giudizi, le valutazioni, i voti. La pressione generata dal non sapere come andrà, i consigli degli amici, le pacche sulle spalle, gli incoraggiamenti, mi sono insopportabili perché con la testa io sono già là, al risultato, senza poterlo vedere.
Non penso certo di essere l'unica, per carità, immagino che questo comportamento sia comune a molti. Per quanto riguarda me, credo risieda nella poca autostima di cui sono dotata: sentirmi già in partenza incapace di gestire il risultato, in particolare quello negativo, rende dolorosa l'attesa. Vivo nella fatica, mi faccio prendere dall'ansia, senza riuscire a tenere sveglio l'unico pensiero sensato in questo momento, ovvero "Non fasciarti la testa, finché non ci sarai non potrai sapere come comportarti".
Oggi, per gestire meglio il tempo, mi sono svegliata presto, ho studiato in modo da non perdere di vista un obiettivo importante e sono uscita a camminare, con la solita compagnia silenziosa al mio fianco. Sentieri, prati, case abbandonate, panorami, legno, odori e parole che sono carezze.
Tra poco un film al cinema mi assorbirà per un po' e domani, tra libri, formule chimiche e riassunti ricomincerò a riflettere su uno dei risultati che aspetto.
Quindi, cercando di distrarmi, rimanendo sul chi va là ma senza ossessioni, riflettendo sulle prossime mosse senza alienarmi e abbandonare quelle presenti, non mi resta che attendere. Dopo tutto, ogni attesa, credo insegni sempre qualcosa.

P.S. Credo di aver già usato una foto simile in passato, ma non è la stessa perché questa l'ho scattata oggi, con il naso all'insù. Quanto odio le attese tanto amo le sagome nere degli alberi.