Ci sono cose che non sono capace di raccontare pubblicamente.
Il mio passato, per esempio.
Il rapporto con il mio corpo.
Le difficoltà quotidiane, piccole, piccolissime, che per me, spesso, diventano
le più grandi.
Ciò che però faccio più fatica a raccontare, in assoluto,
anche nelle decine di quaderni che da sempre riempio di parole, è la felicità.
In particolare, la felicità dell’amore.
Ecco che, dopo mesi di assenza su questi vecchi e stanchi
schermi, dopo incipit scritti e dimenticati in un cassetto, dopo dubbi e
ripensamenti, consigli e domande, dopo convinzioni non troppo convinte e,
persino, dopo richieste esplicite, sono tornata con un post.
Ma, vi dirò di più, sono tornata con un post felice che parla di felicità e
che, lo si capisce già dalla lunga premessa, non so nemmeno da che parte
iniziare a scrivere.
Forse, come per ogni storia che si rispetti, è meglio
cominciare dal principio.
Ci siamo conosciuti più di dieci anni fa, quando, entrambi,
siamo saliti su un’auto (era forse una Panda bordeaux?) diretta a Montaretto.
- - Piacere, Elena
- - Piacere, Andrea
“Sì, ma tutti lo chiamano Sex”
- - In realtà, mi chiamano così perché di cognome
faccio Sessarego
- - Scusa, ma abiti per caso in zona Sarzano e fai
foto ai tramonti sul porto?
- - Sì, perché? Mi sono trasferito lì da poco
- - Perché Facebook, da settimane, mi consiglia il
tuo profilo come potenziale amicizia. Tra
l’altro, che buffo, appena torno dal Critical Wine mi trasferisco anche io in
quel quartiere
Sono seguiti temporali inarrestabili, litri di vino da
servire (e da bere), pile di piatti da lavare, risate, giacche rosse e prati
verdi.
E questa è la prima foto che mi abbia mai scattato:
Da quei tre giorni sulle colline di Liguria sono trascorsi
anni. Anni di amicizia vicina, vera, profonda, sicura.
Che rispetta i reciproci amori, che condivide le serate con gli altri amici, i
turni al circolo, i concerti, i film al cinema o sul divano, i compleanni, i
corsi di fotografia, le mostre da disallestire e da visitare, le feste al
paesello, i pomodori piantati sul terrazzo, le partite alla wii e gli aperitivi
in piazza.
Che prepara la carbonare per le cene più dure di tutte, che si preoccupa nelle
giornate lontane, che abbraccia quando la distanza rischia di diventare troppa
e che fugge quando la vicinanza comincia a spaventare.
Sono trascorsi anni, eppure, quell’amicizia, è la cosa più
grande che ci siamo regalati, è il carburante con cui alimentiamo le nostre
risate e l’organizzatrice dei nostri viaggi. È ciò su cui è nato e cresciuto
l’amore, è lo scudo che ha protetto quell’amore indifeso dai colpi ciechi e
improvvisi della morte.
Fino ad arrivare lì, alla mattina d’inverno in cui, seduti
in cucina, abbiamo deciso di smettere di proteggerlo, l’amore, e di organizzargli,
invece, una grande festa.
Ci siamo preparati per bene, ci siamo comprati il vestito
buono, abbiamo cucito, dipinto, scritto e telefonato, abbiamo invitato gli
amici più cari e ci siamo dispiaciuti per quelli che quest’anno assurdo ci ha
impedito di avere con noi, abbiamo inciso gli anelli, scelto i fiori più bizzarri e la musica più giusta.
Abbiamo trovato, all’improvviso, il posto perfetto, abbiamo dedicato il giusto
tempo ai dettagli e ridimensionato l’importanza di tutte le incognite che ci si
sono, inesorabilmente, parate davanti.
Ci siamo lasciati coccolare dalle premure della nostra grande famiglia come mai
prima d’ora, permettendo ai ricordi e alla malinconia delle assenze di
accompagnarci, ma restando sempre un passo indietro.
Abbiamo abbracciato le nostre radici o ce le siamo cucite addosso, abbiamo ascoltato i
discorsi commossi degli amici commuovendoci anche noi, ci siamo fatti fotografare da tutti, pure da una macchina d'altri t'empi, abbiamo alzato i calici, abbiamo guardato tre asini negli occhi e ci siamo guardati nei nostri, ci siamo cambiati i vestiti dietro la
portiera aperta dell’auto e fatti un selfie sdraiati sull’erba.
Abbiamo custodito segreti, bevuto il mojito perfetto e mangiato la torta più buona di sempre, in un posto bellissimo, ballato come vent’anni fa con le stesse persone di vent’anni fa, durante una serata fresca, di un giorno d’estate e pieno di Sole. Cuore. Amore (in qualche modo, dai, dovevo pur alleggerirlo questo post, il più sdolcinato, ottimista e felice della storia del blog!).
E ora, signore e signori, che entrino in scena le foto 😊
"Ci siamo preparati per bene..."
"abbiamo cucito, dipinto..."
"scelto i fiori più bizzarri..."
"e la musica più giusta..."
"ci siamo lasciati coccolare dalle premure della nostra grande famiglia..."
(Agata compresa!)
"Abbiamo abbracciato le nostre radici o ce le siamo cucite addosso..."
"ci siamo fatti fotografare da tutti..."
P.S. Per il titolo si ringrazia la mia testimone, che sotto
l’ombrellone, in una calda giornata di metà agosto, mi ha suggerito la frase
più semplice e giusta che ci fosse.
Foto: Pierluigi Gori feat Branco Ottico
Fedi: My Golden Age Lab modello Juliet
Grafiche: Spazio 111
Bomboniere: le abbiamo fatte noi, con l'aiuto indispensabile degli amici, per poter sostenere l'associazione SeedScience
Festa: Agriturismo VerdeGioia
Musica: Marta Naive Uke
Sposa:
Abito Caterinette Abiti fatti a mano
Coroncina Les Couronnes de Victoire modello Jeanne
Scarpe Anniel modello Gladiator
Bouquet Lego botanical
Trucco Esteticamente Arenzano
Sposo:
Le cose dello sposo, diciamolo, non interessano a nessuno. Però il gilet arriva da Goteborg e quando lo comprammo, tre anni fa, decidemmo che, se mai ci fossimo sposati...