sabato 26 febbraio 2011

Peccato n° 6: l'invidia


Non sono necessariamente in ordine di importanza, anzi.
Ecco l'elenco di tutto ciò che invidio, negli amici, negli sconosciuti, nelle persone in generale. Per fortuna riesco ancora ad entusiasmarmi ed essere felice per la gioia altrui...altrimenti sarebbe proprio tutto perduto. E' comunque amaro accorgersi di provare questo brutto e sterile sentimento, più volte al giorno, senza rimedio allo sconforto.

1) Chi ha l'indipendenza, affettiva intendo, e può godere dei suoi successi personali senza sentirsi incompleto se non li condivide.
2) Chi ha la passione, per qualunque cosa (equitazione, collezionismo di francobolli, film porno, bookcrossing...), e questo lo smuove dal divano con discreta facilità.
3) Chi non conosce la pigrizia, e si alza comunque dal divano senza bisogno delle grandi passioni al punto 2.
4) Chi ha abbastanza denaro da potersi permettere un viaggio all'anno, anche piccolo, anche un week end.
5) Chi può comprarsi da mangiare, in maniera sana, senza dover controllare costantemente il prezzo di quello che infila nel cestino.
6) Chi ha l'amore, cioè chi sente di amare e si sente ricambiato.
7) Chi fa progetti di vita, e lo può fare perchè possiede almeno uno dei due requisiti al punto 4 e al punto 6.
8) Chi ha una casa sua, e questa sì che è una grande fortuna, perchè forse si accorge meno se gli mancano le altre cose.
9) Chi ha un lavoro sicuro, che non vuol dire un grande stipendio, ma qualcosa che aggiunga un briciolo di tranquillità nella sua vita.
10) Chi è bravo in qualcosa, qualunque cosa, perchè avrà sempre un motivo di orgoglio.
11) Chi sa prendersi del tempo, e può così leggere, cucinare, pulire il bagno con calma, senza preoccuparsi degli orari.
12) Chi sa dire no, per il proprio bene e per il bene degli altri, che almeno evitano di avere intorno qualcuno che fa le cose controvoglia.
13) Chi è coraggioso, e sa rinunciare, dichiarare, dire la sua, rischiare, mettersi alla prova.
14) Chi si accontenta, e non si ritrova così a compilare una stupida lista delle invidie.

In verità l'invidia più brutta non la provo, quella sulla salute intendo, perchè sono fortunata: io sto bene e anche quasi tutte le persone che amo stanno bene (è una banalità, una frase fatta, ma è così). Forse in questo anno così intenso e diverso da tutti gli altri della mia vita è fisiologico sentirsi un pò persi. Forse sto solo cercando di giustificare questa cosa brutta che mi succede.
Sono anche estremamente consapevole che, a parte il punto 8 e forse un pò il 9, sono tutti "problemi" superabili, basterebbe volerlo. Se abbracciassi il punto 14, molte delle invidie elencate sparirebbero, non mi peserebbe non viaggiare, non mi farebbe venire i brividi l'idea di non avere nulla di concreto in mano, non mi sentirei un pò vuota a non essere davvero brava in qualcosa.
Se cinque anni fa mi avessero chiesto di scrivere questo post non avrei potuto: in piena lotta con la nera signora ogni singolo punto della lista mi sarebbe sembrato superficiale, stupido, inutile e pure un pò offensivo. Questo elenco è infatti figlio del benessere, dell'analisi che cerco di continuare da sola (con scarsi risultati temo), della nuova situazione economica-lavorativa-esistenziale-sentimentale in cui mi sono andata a cacciare.
Naturalmente non hanno tutti il medesimo peso, l'amore a volte mi tormenta più dell'assenza di spontanea iniziativa, ma, a seconda dei giorni, non mi faccio mancare niente.
Se terrò fede ai propositi per il 2011 però (vedi primo post di gennaio), forse riuscirò ad eliminare qualcuno dei punti elencati; per adesso restano lì, in giacenza, con mal di stomaco di servizio annesso.

The Best Cischeic


In un sabato tranquillo, un post tranquillo. L'occasione me la dà un compleanno speciale che ricorre oggi, perciò è spontaneo un pensiero a chi, in un modo o nell'altro, è nei miei pensieri ogni giorno.
Per festeggiare ecco una torta, ma non una torta qualsiasi: ricotta e cioccolata, la mia torta preferita di sempre, la mangio da quando ero bambina e la adoro dopo cena, per colazione, a merenda...
Come al solito, ecco ingredienti e procedimento, più semplice di così non si può.

Ingredienti:
- 500g di ricotta
- 2 uova
- 100g di zucchero
- 100g di cioccolato fondente
- 2 cucchiai rasi di farina
- 1 pizzico (1/4 di bustina) di lievito
- uvetta
- liquore (io uso il brandy di solito)

Procedimento:
La prima cosa da fare è spezzettare grossolanamente la cioccolata e mettere a bagno nel brandy (o in acqua se volete evitare la componente alcolica) l'uvetta.
In un contenitore capiente unire la ricotta ai tuorli delle uova, alla farina e allo zucchero, amalgamare bene. Montare gli albumi a neve (con un pizzico di sale), aggiungerli al resto degli ingredienti insieme al lievito, alla cioccolata e all'uvetta passata nella farina.
Mescolare tutto facendo un poco si attenzione ai grumi. Infornare a 180° finchè la superficie non risulta essere dorata.
Questo dolce è molto buono freddo, come una vera e propria cheese cake.
Buon appetito (e buon compleanno)

Difficoltà: facilissima
Cottura: almeno 30 minuti
Costo degli ingredienti: medio/basso

mercoledì 16 febbraio 2011

Into dust


Questi sono post che non dovrebbero mai essere scritti.
Non ho nemmeno una foto adatta. Sono ormai 12 ore che vorrei buttare giù queste righe, ma mi continuo a imporre di aspettare, di calmarmi, di attendere che le sensazioni migliorino. Per ora non funziona e io devo studiare. Sono le 13.08 e qui mi fermo, poi si vedrà. Salva come bozza.
Devo prepararmi per il test di domani, non ho avuto tempo di fare altro se non stampare le dispense e leggerne quasi metà. Tra meno di un'ora uscirò per il nuovo corso di formazione, diluvia...
Ho iniziato a leggere un libro, non è particolarmente ben scritto ma mi angoscia, non riesco a interromperlo ma dovrei. Ho comprato altri libri ieri, libri libri libri. Bah.
Stasera proverò ad arrampicare, tanto ormai per studiare mi resta ben poco tempo. Magari, visto che non dormirò un cazzo, potrei tentare la tirata notturna, giusto per evitare domattina figure penose di copiata selvaggia a trent'anni.
Somatizzazioni in agguato, pensieri che tornano ad ondate, parole che rimbombano, frasi lette e rilette per convincersi che l'"utilità" delle cose in fondo non serve. Inutile utilità? Salva come bozza.
L'arrampicata è stata un toccasana. Ho dato, non troppo, ma ho dato.
Cena con gli avanzi, confessioni tra coinquiline. Liti tra sorelle, visita alla vicina di sotto, chiacchierate in chat. E lo studio? Ciao...
Non lo so, sono trasparente. Faccio mille cose, è sempre il solito discorso, ma la verità è una: faccio mille cose per fare qualcosa. Ma alla fine della giornata il sapore non c'è.
La famosa utilità. Cosa è utile per gli altri? Nulla. Per me? Nulla. I bimbi dimenticano le animazioni, mamma in vacanza non ci va nemmeno con me, gli amici stanno benissimo anche senza le mie incursioni.
Io domani ho un esame. E non ho studiato. E' come se non esistessi. Relativizzare.
Avvolta nella polvere, senza una mia dimensione. Faccio un sacco di cose belle, ma non ne sento nessuna. Mi sento spettatrice e mi sembra, anche in questo istante, di scrivere cose trite e ritrite.
Sono dispiaciuta, per chi ci crede, per chi pensa che sia giusto così.
Dura da tre giorni, forse passerà domani, quando dopo aver finito l'esame, correrò a dormire nella tana fino alla cena di Sturmi.
Forse durerà. Allora dovrò gestire la cosa, come se fosse un grosso progetto. Dovrò leccarmi le ferite, ascoltarmi, lasciarmi spazi di manovra.
Sono stanca, perchè faccio mille cose. Non dovrei esserlo perchè non mi accorgo di fare tutte queste cose. Salva come bozza.
Terzo giorno con queste righe in ballo. E' ora di chiuderle. E' arrivato il week end e quello di cui ho più bisogno è dormire, andrò a pilates e poi letto.
La somatizzazione è arrivata persino più del necessario: calo di difese e l'ho presa pesante a sto giro. Quindi i propositi di cura saranno: cibo sano, meno alcool, tanto sonno, studio tranquillo, lavoro il giusto, aria buona se il meteo permette.
Ho bisogno di me.
Pubblica post.

venerdì 11 febbraio 2011

In giardino non si è mai soli


Il titolo di un libro che non ho finito di leggere ma che avevo comprato pensando di trovare risposte. Forse ero stata troppo impaziente.
Qualche giorno fa Pippo se n'è andato, non era giovane ma era "buono e onesto". Non scrivo mai di persone che non ci sono più, non lo farò nemmeno oggi. Ma scriverò di tutti quelli che restano, quello sì. Dopo una settimana al lavoro, senza soste, con treni da prendere al volo, animazioni dall'altra parte della città, commissioni dal commercialista, inaugurazioni, serate dolci e nottate sveglia...sono tornata a casa. Era ora. Perchè a Pippo sono sopravvissute delle persone, la sua famiglia, i suoi amici-vicini, il suo paesino. Non so se i nipoti mi leggano e non vorrei sembrare loro melensa o fuori luogo, in realtà questo è un pretesto per scrivere quanto di meravigliosamente buono ci sia in una piccola comunità. Sono scesa dall'auto per correre dalla moglie e stringerla il più possibile, per dare un abbraccio maledettamente consapevole al figlio, per dire qualche parola sincera.
Al posto della cena, festa per i cinquanta del vicino che per anni ha aiutato tutti a riprendersi, con la sua bella famiglia complicata e unita. C'eravamo, come sempre, a bere intorno a chi aveva un peso gigante da portare e che sorrideva, anzi rideva, comunque...che meraviglia.
Domani saremo tutti stretti, come se nessuno fosse invecchiato, andato a vivere nei vicoli, cresciuto, in pensione, ammalato, felice, ci saremo tutti ognuno a modo suo. Solo per esserci. Ci saranno i soliti, quelli che non ci sono stati per anni e tornano apposta, quelli che saranno stanchi, quelli che faranno i salti mortali per esserci.
Per questa ragione questo posto non è sostituibile, ovunque io sia è qui che sento di dover tornare, qui tutti ricordano da dove vengo, cosa ho visto, in cosa spero; senza dover chiedere.
Posso sentirmi indipendente, avere più tempo per me, fregarmene degli orari, saltare i pasti, dormire o non farlo, ma è qui che torno e sono sicura. A volte penso "hai trent'anni, ma che ci stai a fare!", ma la risposta me la do stasera, pensando a tutte le nuove e belle persone che ho conosciuto in quest'ultimo anno e che amo tantissimo perchè mi fanno sentire a casa anche se non sono a Vesima, capita e protetta comunque, qualunque cosa accada, nonostante spesso i guai me li cerchi da sola e anche se le difficoltà arrivano per tutti. Questo post è così, potrà sembrare malinconico, ma è soltanto un inno, per celebrare il "fare gruppo", il comprendere la fatica anche quando ci sembra stupida, il rispettare la paura anche se è irrazionale, l'ascoltare la preoccupazione anche quando è esagerata, lo stare in silenzio se non sono richieste le parole.

Comunità: gruppo di persone che hanno comuni origini, idee, interessi o consuetudini di vita (Dizionario Garzanti)

domenica 6 febbraio 2011

Cinderella


Sono notti in cui sogno scarpe.
Almeno due volte, a distanza di due giorni.
Cosa vuol dire? Mi sono affidata al web, con un paio di pregiudizi: sapevo avrei trovato qualcosa di inerente al bisogno di fuga, mi aspettavo che secondo Freud ci fosse il pisello di mezzo.
Procediamo con ordine:
- Il primo sogno riguardava scarpe da running, ero in un grosso negozio di articoli sportivi, da sola, cercavo un paio di scarpe super tecniche che mi permettessero di correre velocissima, roba da record. Compravo dei siluri giallo fosforescente e nero con delle alette laterali che neanche Mercurio e me ne andavo a casa pronta alla fuga.
- Il secondo sogno era ambientato di nuovo in un negozio di scarpe, dove cercavo qualcosa di adatto che soddisfacesse l'esercito di sposine 2011 che mi circonda. Trovavo trampoli in raso bianco, ciabattine da ospedale e, solo un attimo prima di uscire sconsolata, mi provavo un paio di ballerine rosse, tutte intrecciate e...perfette.
Allora, la mia personalissima interpretazione (direi per nulla originale) vede il primo sogno come un avvertimento: "devi scappare, correre via dalle cose in cui non riesci a stare, accessoriarti a dovere per prendere la strada e percorrerla a falcate velocissime". Il secondo sogno, invece, è l'equilibrio: davanto a tacchi altissimi, bianchi come quelli di una sposa, scelgo in extremis un paio di ballerine rosso passione, che mi tengono ancorata al terreno e mi permettono di camminare a lungo. Io non porto ballerine di solito, non le trovo per nulla comode e la novità del sogno penso che fosse proprio questa: sentirmi benissimo in un paio di scarpe che nella realtà probabilmente non avrei mai comprato.
Ma vediamo cosa dicono gli autorevolissssimi siti web che ho consultato:

- "...Il simbolo delle scarpe nei sogni comprende altri aspetti che riguardano la natura del camminare e procedere nel mondo, ed è legato quindi all’archetipo del viaggio, del percorso attraverso la vita, al viaggio di individuazione. Un viaggiare che in alcuni casi può acquisire il valore di distacco totale, dipartita, partenza, morte [...] aspetto di sessualità, di desiderio o di elaborazione della femminilità, emerge spesso nelle scarpe nei sogni; e Freud lo sottolinea, individuandolo nella forma capiente e concava che rimanda ai genitali femminili..." http://guide.supereva.it/sogni/interventi/2006/06/258508.shtml
"...se indossiamo scarpe comode e nel sogno camminiamo senza problemi allora, nella vita quotidiana siamo nelle condizioni ideali per proseguire in vari settori..."

http://ilmigliorweb.blogspot.com/2010/08/cosa-significa-sognare-le-scarpe.html
"...Sognare scarpe è il simbolo di appagamento, laboriosità e protezione. Comperare scarpe significa che ritroverete la felicità e l’allegria e riuscirete a risolvere dei problemi che vi assillano. Sognare scarpe comode è un ottimo presagio che aiuterà ad attivare i nuovi progetti anche in campo sentimentale, che dureranno nel tempo..."

http://www.romaexplorer.it/divertimentoonline/Oroscopo/interpretazione_dei_sogni.htm

Potrei continuare all'infinito, scarpe rosse = passione, proibito e sensualità; scarpe da ginnastica = capacità di superare gli ostacoli e le difficoltà...
Boh, magari nella prossima puntata sogno scarpe rotte (mancanza di elementi per raggiungere i miei obiettivi), oppure sogno addirittura di non avere le scarpe e di essere quindi completamente a contatto con la realtà...