mercoledì 29 settembre 2010

Chiedimi se sono felice...


Sono stata sgridata. I miei post sono troppo tristi, chi li leggeva per sorridere tra un pò si impicca e chi li leggeva per abitudine mi ha sgridata.
Quindi ho riflettuto. E' vero.
Quindi ora rimedio. A partire dalla foto.
Sono bambini che corrono, nella metro di S.Giorgio, durante la manifestazione Corpi Urbani. Ho visto quella performance di danza contemporanea (teatro?) con il mio vicino-vicino, così al volo, che se non c'ero io era ancora lì che aspettava gli attori in S.Agostino.
Ognuno aveva poi i suoi impegni serali, perciò è stata un'oretta estemporanea a cavallo di una ringhiera (io) con la macchina fotografica in azione (lui).
In quel momento, se mi aveste chiesto se ero felice avrei risposto di sì. Sotto ai miei piedi appesi (a questo proposito un grazie al mio accompagnatore che mi ha disincastrato dalla ringhiera a spettacolo concluso) una decina di bambini di colori diversi ma vestiti di nero correvano in tutte le direzioni e davano ordini agli adulti, attori-ballerini vestiti di rosso, provocandone i movimenti e bloccandone le posizioni. Il potere dei bambini. Totale.
In questi giorni in cui finalmente io per prima riconosco il mio potere di bambina e lo sento più forte che mai penso a quelle gambette corte e veloci che corrono sul piazzale del metrò che prendo tutti i giorni e penso a me vestita di rosso e nero (nemmeno a farlo apposta!) che li osservo da lassù, con gli occhi lucidi e l'emozione.
Era felicità quella lì. E lo è anche quella che sento quando la giornata è di sole e la passerò a Vesima tra gli amici, quando la Ale mi chiama per una delle nostre cene-esperimento, quando in ufficio si lavora serenamente e si fanno battute imbecilli. E' felicità ogni mattina quando le gambe non mi fanno male, quel male che so io. E' felicità quando rientrando in Campopisano posso mettere su un cd e cucinare con calma. E' felicità quando mi si rimprovera di non essere felice e si fa di tutto per aiutarmi ad esserlo...quando qualcuno vuole la mia felicità, quando la vede prima di me e me la fa notare, quando sintonizza la sua con la mia, anche solo per un attimo: in quel momento chiedetemi se sono felice, vi risponderò .

domenica 26 settembre 2010

Verdura vera nei giardini di plastica


Sabato Terra! Onlus è stata a Gaia2.
Cos'è Gaia2?
In realtà non lo so, nel senso che so che si tratta di una manifestazione sull'ambiente, sulla sostenibilità, sull'importanza delle buone pratiche, della salvaguardia del territorio, dei prodotti locali e del mondo in senso generale.
L'iniziativa alla quale abbiamo partecipato noi si chiamava "Orti d'oltremare" e prevedeva alcuni dibattiti sul verde cittadino, sulla possibilità di recuperare e valorizzare spazi abbandonati, aree urbane in disuso, zone potenzialmente ricche di biodiversità vegetale e umana, ma lasciate prive di visibilità.
Il mio ruolo è consistito nella vendita delle verdure coltivate nella valle di Vesima dagli amici produttori locali con la tecnica del BRF e dalla Fra negli Orti Sinergici. Non sto qui a spiegare come funzionano queste due pratiche agricole, ma voglio raccontare la giornata di sabato.
Arrivati ai Giardini di Plastica abbiamo scaricato decine di cassette di verdure, frutta, materiale informativo e abbiamo allestito un vero e proprio banchetto sui bordi dei vecchi lavatoi aperti per l'occasione. Nelle nostre cassette offrivamo patate, melanzane, insalata, pomodori, friggitelli, aromi, cetrioli, zucche, basilico, uva fragola, ma anche miele, tisane, limoncello e sciroppo di rosa. Il problema è sorto quando dovevamo cominciare a vendere e preparare l'aperitivo a base di bruschette con i pomodori locali: dove ci posizioniamo noi?
Soluzione: dentro le vasche! E così è stato, per tutto il pomeriggio abbiamo accolto lì curiosi, persone alla ricerca di informazioni e notizie sulla nostra produzione o venuti per comprare verdura fresca.
Intanto nel cortile davanti ai lavatoi sono stati organizzati dibattiti in tema, tra cui un'emozionante e romantica intervista a Libereso Guglielmi, il giardiniere di Italo Calvino.
Col buio abbiamo raccolto tutto e siamo tornati a casa, con le cassette quasi vuote e tanti contatti in più. Una nuove esperienza, divertente e produttiva, che ho vissuto a due passi da casa, circondata dagli amici che sono venuti a trovarmi per un saluto, due chiacchiere e qualche foto.
A tal proposito il consueto grazie ad Andrea, l'immagine del post è sua e avrei potuto fare anche di peggio, mettendo il mio primo piano con un enorme cetriolo in mano...
Presto un post sulla domenica altrettanto bella, di questo strano week end di fine settembre.

giovedì 23 settembre 2010

Ho l'autunno nel cervello.


Non devo scrivere questo post.
E' l'ennesima lamentela, lo sento già.
E doveva essere un blog di esperienze, ricette, cinemalibrifotografie....bla bla bla...e sono solo lamentele, invece.
E' che ho l'autunno nel cervello.
Sono giorni di scadenze, consegne e poco tempo. In realtà vorrei godermi Campopisano, anche a costo di fare i lavori di casa, le lavatrici, di innaffiare il terrazzo.
Invece nulla, sveglia prestissssssimo, ufficio, casa. Se è serata buona si arrampica (almeno lì, gran soddisfazioni), sennò si aggiustano documenti, files e si torna nella tana-soppalco.
Vorrei cucinare, godere del centro città, non desiderare Vesima nemmeno un secondo, odiare il Primitivo di Manduria, guardare dvd finchè non mi cascano gli occhi e sentire musica finchè mi va.
Tutto è sbagliato, ciò che faccio s'intende, ciò che decido, penso...Vorrei capire le cose prima, vorrei non dare spazio a errori, illusioni, aspettative e speranza.
Vorrei prendere tutto com'è, lasciarmi sorprendere dalle sfere da palombaro, dalla pizza con lo stracchino, dalla numero 6 viola alla quale non credevo di arrivare mai.
Vorrei non dimenticare l'antibiotico, vorrei ricordarmi che in realtà io adoro l'autunno e vorrei ammettere a me stessa che ho sonno e che devo dormire.
Intanto prendiamo coscienza che tutto ha un limite, che un pò va bene e poi andate a fanculo, che certe cose sono positive e bisogna pur accorgersene prima o poi e che la mia gatta è grassa.


Per finire il dialogo tra me e il bigliettaio FS di questa sera, l'unico ad avermi strappato un sorriso sano:
Io: "Buonasera"
BigliettaioFS: "Buonasera, lei mi è molto antipatica e per di più sto chiudendo"
Io: "Mi spiace! Ma è stata una giornata di merda"
BigliettaioFS: "Vediamo di farla migliorare. Cosa le serve?"
Io: "Un biglietto Voltri-Arenzano. Ho l'abbonamento fino a Voltri sa, ma sono talmente onesta che faccio il biglietto Voltri-Arenzano, nonostante oggi sia una giornata di merda!"
BigliettaioFS: "Facciamo così, quando è a Voltri chiami l'uomo e gli dica che è stata una giornata di merda e che occorre rimediare"
Io: "Ma non ho l'uomo da chiamare, forse è per questo che è stata una giornata di merda..."
BigliettaioFS: "Ma allora, se non ha l'uomo, cosa vuole di più... meglio così!!! Tenga, ecco il biglietto, passi una buona serata signorina!"
Io: "Grazie, buona serata a lei!"

E buonanotte a voi.

sabato 18 settembre 2010

C'era una volta...


Ho la febbre. Perciò sono blog-produttiva.
E tutto sommato anche lavoro-produttiva.
Solo che scrivo a letto e qui arriva poco campo...ogni tanto la wireless sparisce e io mi innervosisco. Però ho troppo male a tutto per stare seduta alla scrivania, quindi, pazienza per la connessione tivedonontivedo e viva il lettone, il pigiama, l'abat-jour, i fichi e il caffè.
Avrei dovuto raccontare questa storia mesi fa. Non so perchè non l'ho mai fatto, eppure in tanti la conoscono.
Sono andata a vivere in Campopisano in primavera, ad Aprile. Qualche tempo prima avevo fatto un sogno, che ho poi analizzato mille volte riempiendolo di significati e cercando di interpretarne ogni singolo frammento.
Era un sogno molto strano, angosciante ma nello stesso tempo dolce e pieno di speranza.

"Una mattina mia madre mi diceva di aver ereditato un piccolo appartamento e di aver pensato di lasciarlo a me. Armata di una buona dose di illusioni ero andata a vederlo: in cima a una lunga scala piuttosto stretta una porta di legno si apriva su una stanza molto bassa d'aria, con le pareti bianche e tantissimo legno. Era la camera da letto, l'unica stanza presente in quella casa. Il futon era scuro e le travi del soffitto erano a vista. Le finestre scarseggiavano parecchio ma in un angolo una scaletta di cemento girava su se stessa e portava in alto. Davanti all'ultimo gradino una porticina di ferro molto rumorosa mi portava fuori, sui tetti. Lì mi sentivo finalmente libera, spaventata perchè quella casa cosi stretta era davvero difficile da immaginare mia, ma felice per tutto quello spazio aperto.
Il terrazzo era ampio ma non si raggiungeva facilmente, dovevo attraversare una passerella nel vuoto; arrivata dall'altra parte però la sopresa: una festa!
C'erano bimbi vestiti da Carnevale, lupetti e capiscouts, trampolieri e giocolieri, mentre in un angolo una figura conosciuta intagliava maschere di legno leggero per piccoli travestiti da api.
La luce del tramonto, tutte quelle persone tranquille e felici mi facevano sentire in pace e a casa, aiutandomi a capire che era l'ora di andare, di iniziare lì una nuova vita."


Poche settimane dopo la telefonata completamente inaspettata della mia attuale coinquilina, che mi descriveva la casa di Campopisano, un ultimo piano senza ascensore, con il soppalco in legno, il futon e il parquet nella mia stanza, le travi a vista in salotto, una scala a chiocciola che dà sull'ampia terrazza tra i tetti, al di là di una porticina di ferro molto rumorosa...
C'era una volta...

Bette Davis Eyes


Ieri sera sono andata al cinema: La solitudine dei numeri primi.
Avevo, come molti, letto il libro e mi ci ero, come molti, identificata quasi totalmente.
Il film non mi ha convinto molto direi, anche se le parti un pò horror-oniriche sono azzeccate e intense.
Brava lei, bravo lui per essere agli inizi, bravissimo il Mattia piccolo piccolo.
E' lungo, a tratti lento, ma non è riuscito a deludermi completamente come avevo temuto viste le recensioni decisamente negative. Probabilmente perchè dalla seconda parte del film la mia immedesimazione è stata totale, non solo per evidenti somiglianze fisiche con i miei fantasmi più grandi, ma perchè il personaggio di Alice rappresenta completamente la paura per il mio futuro. Quando scrivo di isole che non ci sono, di zero motivi per scendere dal letto, mi sento come lei che rotola tra le lenzuola e non si alza. Non ho disturbi alimentari, non sono nemmeno così drammatica, ma il terrore che ho è proprio quello di ridurmi alla solitudine più totale, continuando a rovinare quello che costruisco, chiudendo porte, allontanando gente.
E le buone speranze che aleggiano nel film non sono bastate a togliermi l'amaro.
La colonna sonora è splendida, sia quella all'interno delle scene, sia e soprattutto quella finale: una Bette Davis Eyes disperata che sta perfetta in quel ritrovarsi nel massacro.
Solo che per quella scena vale la pena di vedere il film, anche se è facile pensarlo se si ha la sensazione di aver assistito alla proiezione del proprio futuro.
Per chi ci andrà, buona visione.

mercoledì 15 settembre 2010

L'isola che non c'è


Poche ore fa mi trovavo a parlare di obiettivi. Delle mie cosiddette isole felici, posti in cui mi rifugio nella spasmodica attesa che arrivi un momento di gioia, qualcosa in cui sperare.
Per scelta da qualche tempo ho deciso di non avere isole felici, ciò ha comportato numerosi cambiamenti e una inevitabile sensazione di sconforto davanti all'incertezza.
Non programmare, non puntare ogni cosa su una precisa giornata, su un atteso avvenimento, su una ricorrenza speciale, fa sì che tutto per me abbia un sapore diverso.
Sono costretta ad alzarmi alla mattina semplicemente perchè è così che si fa, perchè devo andare a lavorare, perchè è sorto il sole e stare a letto non ha senso. Però l'istinto sarebbe ben altro: sveglia che suona, dito che la spegne, fianco che ruota su se stesso, lenzuolo che si assesta, respiro che torna regolare.
Cosa serve per dare senso a una vita intera? Davvero basta un attimo come dice Qualcuno?
Io non lo trovo quest'attimo che basta...
Prima che decidessi che provare (senza riuscirci minimamente) a rilassarmi un poco e attendere fosse la scelta giusta, io posticipavo sempre la vittoria. Giornate intere trascorse unicamente nell'attesa della GIORNATA X, quella per cui valeva la pena fare sacrifici, stringere i denti, dare il massimo. Che se per disgrazia la GIORNATA X veniva male o saltava addirittura...che delusione! Che sconforto! Che rabbia!
Però ora non averla la GIORNATA X mi spiazza. Essere priva di isole felici non è da me.
Basterebbe credo sforzarsi un poco, prendere il buono da ogni cosa, non delegare agli altri e al futuro ciò che posso rendere bello da sola, adesso.
Ma non è per niente facile, anche se non ho nulla di cui lamentarmi e il solo pensare di non essere fortunata è una bestemmia.

mercoledì 8 settembre 2010

Pomodori verdi caramellati alla fermata della metro


Ricetta di recupero per pomodori verdi caduti a causa del vento o di mani maldestre.
Come ormai tutti (o quasi tutti) sanno, nella casetta di Campopisano ho tentato il primo approccio con l'orto sul balcone, piantando pomodori nei vasi.
Ho scelto i vasi dei rampicanti perchè il cannicciato faceva da sostegno e poi per provare la sinergia fiore-pomodoro, pianta ornamentale-vegetale.
Ha funzionato. Anche se a me i pomodori non piacciono.
Sono anni che vorrei imparare a mangiarli, ma non riesco. Da questa estate, partendo dai ciliegini piccoli piccoli sono arrivata a quelli più grandi, moooolto conditi.
Le varietà del terrazzo sono miste, provengono dagli Orti Sinergici della Fra e hanno fruttificato parecchio; all'inizio la peronospora (o come direbbe la mia coinquilina "la zecca") ha fatto numerosi danni, ma ora pare che le piante siano sane.
La ricetta che segue è una mia invenzione, in realtà molto simile ad una marmellata e, se resa piccante come mi è stato consigliato dall'ultimo ospite che l'ha assaggiata, potrebbe sembrare una mostarda.
Ho usato questa specie di crema come accompagnamento a formaggi morbidi e gustosi (tipo robiola) ma penso stia bene anche con tipi più stagionati o semplicemente con il pane.

Ingredienti:
- pomodori acerbi (verdi)
- zucchero di canna
- aceto balsamico
- acqua

Procedimento:
Tagliare a pezzi molto piccoli i pomodori dopo averli lavati accuratamente, metterli in casseruola con abbondante zucchero di canna (per quattro pomodori piccoli almeno tre cucchiai colmi di zucchero), aggiungere un paio di cucchiai di aceto balsamico e far cuocere a fuoco vivace (non troppo!) finchè non perdono consistenza e cominciano ad assomigliare ad una crema.
Se vedete che il caramello inizia a scurirsi troppo o se sentite odore di bruciato, aggiungete un poco d'acqua tiepida.
Potete gustare la ricetta sia fredda che tiepida, in entrambi i casi è molto buona.
Buon appetito!

Difficoltà: facilissima
Cottura: 20 minuti circa
Costo ingredienti: bassissimo