giovedì 23 gennaio 2014

Liscio come l'olio

Come l'olio di Argan che Annalisa mi ha portato dal Marocco e che mi sono spalmata in faccia, come l'olio d'oliva che ho messo in padella per cuocere la carne. Come sarebbe bello (e facile) se tutto filasse liscio come l'olio. Non succede mai, c'è sempre un intoppo, un pensiero, un inciampo che non ci aspettavamo o che avevamo provato, in tutti i modi, ad evitare.
E' presto, sono da poco passate le dieci di sera, ma sono morta di sonno e sono già a letto. Oggi ho consegnato la tesi di dottorato, il formato elettronico per lo meno, da domani ho qualche giorno per preparare la stampa. Naturalmente le cose non sono uscite semplici, serate intere passate ad aggiustare, impaginare, correggere e spostare, che senza il paziente (e santo!) aiuto che ho ricevuto non sarei mai riuscita a finire in tempo. L'invio è stato un inceppo continuo e pure trovare una copisteria è un'impresa. Ma non fa niente, in qualche modo ci sto riuscendo.
L'obiettivo è rallentare e un po' da sola un po' per forza lo sto facendo, mantenendo anche le promesse fatte, tipo mangiare la carne stasera (visto mamma?) e non trovarmi altri pensieri difficili per compensare il vuoto.
Mi sono anche fatta lo scrub al viso con il bicarbonato e domani giuro che penserò al corpo, ho messo a bagno il bucato, ho avviato una lavastoviglie. Oggi, come quattro anni fa, sto pensando a un traguardo da raggiungere, accanto a me ho la tisana della sera, quella vera e quella figurata e, in qualche modo che ora mi sfugge, mi sento fortunata. Innanzi tutto per aver avuto l'opportunità di studiare fino a questo punto, poi per aver trovato chi ha saputo appoggiarmi, sgridarmi, rimettermi dritta e aiutarmi a salire e infine per essere riuscita a rimanere in piedi e a continuare a camminare. Non so come andrà, ma fino a qua ci sono arrivata.
Tra le cose che mi riprometto di fare da un po' ci sono uscire, camminare, leggere, regalarmi un massaggio, scrivere una wishlist da inviare a Cindy, bere di più (acqua) e continuare ad aggiungere parole alla lista qui sotto, un elenco di vocaboli che mi piacciono, per il loro suono:
Palude, Pingue, Pioggia, Salmastro, Sollievo, Pube, Mollica, Guizzo, Guado, Roncola, Rubino, Ruggine, Neve, Bruma, Schiuma, Ghianda, Lumaca, Ofiuco, Dugongo, Goccia, Ghiaia, Conca, Vibrissa, Cucchiaio, Gheppio, Polvere, Pula, Lamantino, Nebbia, Brina, Brughiera, Plumbeo, Preludio, Plenilunio, Polpo, Miele, Piuma, Dubbio...
E visto che qualche post fa avevo scritto di un'ipotetica canzone al mese, di quelle che amo e ascolto di più, eccola (loro, dal vivo, sono bravissimi).

venerdì 17 gennaio 2014

La finestra di fronte

Quando ero piccola facevo un gioco: seduta sul sedile posteriore dell'auto, di ritorno da una serata al cinema o da qualche cena da amici di mamma, guardavo passare i palazzi accanto a me e immaginavo la vita dietro alle finestre illuminate. Penso fosse un'abitudine comune a molti, ma ricordo che per me era un vero e proprio rito, da novembre in poi, quando le giornate ormai inesorabilmente corte lasciavano molto presto spazio al buio, io mi incantavo a osservare quei quadratini di luce. Se ero fortunata poteva capitare che qualcuno passasse davanti alla finestra proprio mentre guardavo io, piccole sagome nere indaffarate a vivere vite che non conoscevo, lontane dalla mia, forse brutte, forse meravigliose, forse normali.
Mi pare di ricordare che in certi casi fossi persino arrivata a dare un nome agli abitanti di quelle case, seduti al tavolo di una cucina, con la tovaglia chiara illuminata dalla luce fredda di un neon tondo, anni ottanta, con una bottiglia di birra aperta e una TV che va, ignorata da tutti.
Crescendo non ho mai perso questa abitudine, anche adesso che sono grande (!) e vivo da sola continuo a guardare verso le luci accese e Genova mi offre sempre un'opportunità perfetta per coltivare questa strana mania: la Sopraelevata. Da quel serpente più alto di tutto posso scorrere centinaia di metri di case accese, di appartamenti grandi, uffici, piccole stanze, tende rosse, tende rotte, persiane un poco accostate, vetrate immense. Ancora stasera, come sempre passeggera, le ho guardate tutte, soffermandomi su quelle che ormai conosco e che aspetto ogni volta con (im)pazienza: quella dove ho abitato due anni, incastrata tra le pareti gialle e i tetti dritti, quella del vicino-vicino, quella dei vicini matematici-fotografi-pasticceri e quella della famiglia nuova nuova che per arrivare sale mille scalini. C'è la sala piena di quadri e mobili scuri, come se fosse una galleria d'arte, con una grande televisione a schermo piatto sempre accesa, oggi guardavano un gioco a premi mi pare e la luce era come al solito troppo forte. La linea di uffici tutti uguali mi porta alla mia preferita, quella con il balcone pieno di strane piante mezze secche, pendule e bellissime, quella che ha un lampadario enorme, un insieme di bicchieri di vetro colorati che colano dal soffitto e scendono su un grande tavolo; questa casa è a due piani secondo me, perché pure l'ammezzato sopra, con le travi a vista e tutti i libri, non può che appartenere alle stesse persone. Poco dopo c'è un appartamento pieno di piante da interno, tutte accostate alle finestre e una appesa ad un vaso di corda, la luce non è mai troppa...forse leggono, forse sono riservati, gli abitanti di quella casa.
Pian piano che ci si avvicina alla parte più affaticata, ai vicoli più difficili, le piante non si vedono più e le stanze sono spesso attraversate da corde per il bucato e mobili rotti. A volte le finestre hanno un vetro solo e a volte la luce arriva da lampadine appese a un filo, e basta. Le case di Genova hanno spesso i soffitti alti e questo significa soppalchi, dalla Sopraelevata se ne vedono tanti, con le lenzuola che penzolano, i poster dei cantanti attaccati alle pareti e le librerie piene di volumi da studenti universitari. Quando cammino per strada e non ho la visione così privilegiata che mi regala la Sopraelevata alzo il naso e provo comunque a immaginare cosa ci sarà, una delle scene che preferisco è la ragazza che rientra con un sacchetto di carta marrone, all'americana per intenderci, pieno di cose da mangiare e un mazzo di anemoni mosci da mettere subito in acqua. Immagino un gatto che miagola, una luce che si accende, immagino un papà che rientra stanco e due bimbi che gli si appendono ai pantaloni, immagino una zuppa che bolle, una doccia che va, un neonato che piange, un vecchio che toglie la dentiera, una coppia che fa l'amore, una casa vuota e buia. Anche quando sono a casa mia, accoccolata sul divano con un libro e una coperta penso a cosa vedrà la gente sotto casa, penserà che la luce è troppo fredda? E' vero, avete ragione, ma le lampadine più gialle erano finite. Penserà a quanto sono alte le finestre? Eh sì, per questo non lavo mai i vetri e il solo pensiero di mettermi a smontare le tende mi inorridisce. Penserà alle mie piante d'edera che scendono coraggiose? Ci penso anche io, tutte le volte che infilo la chiave nel portone, controllo la posta e accendo la luce.

Tre cose


Di tutto restano tre cose:
la certezza che stiamo sempre iniziando,
la certezza che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare:
dell'interruzione, un nuovo cammino, della caduta,
un passo di danza, della paura, una scala, del sogno,
un ponte, del bisogno, un incontro.


Fernando Pessoa

Non ci sono altre parole, neppure dentro di me, che spieghino meglio di queste il cammino che sto facendo.
Danze, paure, scale, sogni, ponti, bisogni, incontri, cadute. C'è tutto.

domenica 12 gennaio 2014

L'amore in tutte le sue forme

Ho preso una strana abitudine ultimamente: vado a leggere con curiosità quali sono le parole o le definizioni chiave attraverso cui viene letto il mio blog. Cosa digitano più spesso gli utenti che finiscono tra queste pagine?
L'amore in tutte le sue forme è una delle frasi che ho trovato. Ed è buffo perché a me non sembra di scrivere d'amore, anzi, questa parola non è nemmeno fra le keywords di ricerca che ho scelto negli anni. Però forse "in tutte le sue forme" è vero che ne parlo. L'amore per la natura, per la cucina, per i miei luoghi, per la lettura e la musica, per la gatta, per quelle mani dure, per l'arte, per il mare, per il vento e per il sole.
E sono pure molte le cose che faccio, quasi senza accorgermene, per amore.
Tra di esse c'è per esempio questo corso, iniziato (e purtroppo concluso causa febbre) ieri pomeriggio. Un workshop di comunicazione teatrale a cui mi sono iscritta perché amo stare con i bambini, imparare con loro, iniziare percorsi e strade comuni cercando di comunicare al meglio piccoli insegnamenti e grandi modi di affrontare le cose che non conosciamo. Per fare tutto questo occorre incontrare il proprio corpo, le sue potenzialità e i suoi limiti e serve imparare come occupare spazi e momenti nel modo più efficace.
Per amore leggo libri, ho già scritto un post a tal proposito, così come l'ultima volta ho parlato della musica che amo ascoltare. Per amore delle cose belle navigo in rete, in luoghi come questo, questo, questo e in tutti quelli che vedete nella sezione "dove navigo?" qui a lato.
Per amore cammino, faccio pilates e cerco di non pensare a quanto sto male in questi giorni, al respiro che manca, alla febbre che va e viene, alle scadenze che se continuo così sarà sempre più difficile rispettare, a questa salute che non va mai come dovrebbe e che sono un po' stufa di pensare in perenne dipendenza dalla mia mente nervosa.
Per amore faccio un sacco di altre cose, per esempio amo. Ma questo è un mondo mio, nostro, che resterà tale...per amore.
Per amore, infine, scrivo. Circa quattro anni fa nasceva questo blog dove ho riversato momenti belli, momenti brutti, cose semplici e difficili, esperienze, ricette, paure e conquiste. L'amore per la scrittura mi ha salvata tante volte, mettere nero su bianco una preoccupazione mi ha spesso aiutata a guardarla in maniera diversa, così come raccontare un viaggio e una gioia rende tutto immediatamente più reale e grandioso.
Non so per quanto questa avventura continuerà, non ho ancora sentito la necessità di smettere, le foto che scatto e conservo trovano sempre un post adeguato per loro (questa ad esempio è amore puro) e io, almeno nei pochi minuti che dedico a ilmareingiardino, mi regalo tregua...e un po' di amore.


sabato 4 gennaio 2014

Music is my food

In questi giorni di festa il tempo ha fatto parecchio schifo e quindi è stato obbligatorio provare a dedicarmi con un minimo di serietà alla tesi. Dal momento che sto lavorando al computer, anche le pause caffè, tisana, biscottino, stretching al collo, carezza al gatto, le passo al computer e ne approfitto. Per fare che? Leggere articoli, spulciare in nuovi siti, riempirmi gli occhi di immagini, immergermi pericolosamente in blog scoperti per caso e mai più lasciati. Tra le cose che faccio al pc (ma non solo in pausa, lo faccio continuamente) c'è ascoltare musica. Ogni momento ha la sua playlist, chiaro, quando scrivo prediligo canzoni con poche o meglio senza parole, altrimenti inevitabilmente canticchio e mi deconcentro. Se cucino preferisco la radio e mi lascio andare al brivido dell'ignoto (quasi sempre mi va male, Mengoni e compagnia sono continuamente in agguato), se pulisco casa vado di roba da cantare a squarciagola, mentre se faccio la doccia o mi preparo per uscire mi lancio in balli da tende tirate per dignità.
Quindi, tutta questa premessa, per spiegare lo scopo del post di oggi, una paginetta facilona che fa molto blogger alla moda, ma che tutto sommato credo che mi rappresenti: la mia playlist 2013. Alla radio non si sente altro no? Quali sono le canzoni che hanno segnato i dodici mesi appena passati?
Ieri era il mio compleanno, sono andata a pranzo fuori con gli amici e non c'era musica nel locale dove abbiamo mangiato, tutto sommato un bene perché s'è chiacchierato e riso un sacco senza pensare alle canzoni in sottofondo.
La foto che ho scelto per questo post però è legata sempre ad un mio compleanno, quello dei trenta, quando organizzai una super festa al circolo, con tema della serata il verde (il mio colore) e la coinquilina-dj che metteva su i miei dischi preferiti. Nell'immagine ci sono io, un cerchietto fluo (verde ovviamente) che si illuminava al buio e un biglietto che spunta dal mio décolleté: era il biglietto per il concerto del Coldplay, uno spettacolo incredibile con i braccialetti che si illuminavano a tempo di musica e i fuochi artificiali, questo per intenderci (il suono è quello che è ma chi è nato negli anni '80 e ha amato Ritorno al Futuro quanto me apprezzerà).
Ecco che allora ho pensato di scrivere quali sono le canzoni che in un modo o nell'altro mi hanno tenuto compagnia in questo anno appena passato, chissà che non ci prenda gusto e che segnalare magari un pezzo al mese a chi passa di qui diventi un'abitudine!
Mi sono data qualche regola, posterò 12 canzoni mettendo il link da youtube perché dove possibile vorrei fossero legate anche a un video decente (spesso sono proprio i video che mi colpiscono e che mi fanno innamorare di un gruppo o di un cantante), non metterò più di un pezzo per autore, non ci saranno robe della mia adolescenza che, beninteso, continuo ad ascoltare ma l'idea perderebbe un po' di significato.
Non c'è un criterio temporale preciso nelle segnalazioni anche se mi sto accorgendo che, per lo meno nella mia testa, le musiche vengono fuori associate a determinati periodi dell'anno e quindi in ordine cronologico.

1) Camera Obscura - French Navy (ascoltata un sacco a cavallo tra il 2012 e il 2013)
2) Beirut - Nantes (qua sto già barando, è una vita che la ascolto, ma nel 2013 di più e questa versione è troppo bella)
3) Ludovico Einaudi - Waterways (se quello dei Colplay è stato il concerto più esaltante della mia vita, quello di Einaudi è stato il più commovente)
4) John Grant - Where dreams go to die (ma qui l'imbarazzo della scelta è enorme, ho sparato a caso)
5) Beach House - Myth (visti dal vivo con il mio amico Edu, sono bravissimi e anche se il video ufficiale non c'è va bene lo stesso)
6) Daughter - Youth (ma giusto perché è la più famosa, altrimenti ce ne sarebbero altre moooolto belle. Pure loro dal vivo sono forti, visti due volte)
7) The Lumineers - Ho Hey (non volevo postare di nuovo la più conosciuta ma il video è così carino...Bel concerto un'altra volta)
8) Agnes Obel - Riverside (non è la più bella ma è una delle e il video vintage è figo. A sto giro concerto mancato, ero impegnata e lei all'ultimo si è data malata)
9) Birdy - 1901 (ascoltata fino alla nausea, video tristerrimo e cover di un'originale molto più allegra. Ma a me, come direbbe qualcuno, le canzoni allegre non piacciono)
10) The National - I should live in salt (loro li adoro sempre e pure l'ultimo album è bello. Questa versione live poi...è super)
11) Nouvelle Vague - Dance with me (non sono sicura sicura di averla ascoltata quest'anno di più degli anni scorsi, ma facciamo finta di nulla)
12) Soley - Smashed birds (a questa ragazza voglio persino bene, mi sono lasciata sfuggire un suo concerto ma rimedierò. I video sono sempre bellissimi, secondo me lei mi somiglia pure e in questo c'è addirittura una casa sull'albero).

Ok, ho fatto. Ovviamente mentre scrivo le conclusioni mi stanno venendo in mente altre mille canzoni che avrei potuto postare ma vabbè, tanto le riascolterò ancora e probabilmente diventeranno via via il pezzo del mese.
Buon ascolto!

mercoledì 1 gennaio 2014

A un passo dal cielo

Cosa c'è di buono nel dover scrivere una tesi e non averne voglia? Per esempio che il cervello registra la necessità di sedersi al computer e lasciarsi andare sui tasti, ma all'ultimo minuto svia su altri argomenti...e così il mio blog si ritrova con un sacco di post nuovi in pochi giorni.
Questa in realtà è una pagina doverosa, quasi istintiva e (penso) anche breve, perché dopo tonnellate di pensieri negativi e difficoltà credo sia giusto, innanzi tutto per vederle meglio, scrivere pure delle cose belle.
Oggi, di bello, c'è il pensiero a poche ore fa, quando le mie gambe scendevano incerte da un sentiero conosciuto.
La prima riflessione che mi viene da fare è "Ma quanto è diverso camminare di notte rispetto a camminare di giorno?". Moltissimo, e non ci sono frontali che tengano. Nonostante le luci, nonostante si tratti di un percorso già fatto tante volte, per me è come muovermi in un sogno, con poca visuale e soprattutto poca aria. Quindi la salita non è stata semplice, o meglio, lo è stata perché inspiegabilmente ho tenuto il passo e in un'oretta (forse meno) siamo arrivati in cima, però ho faticato, con la concentrazione soprattutto, a rimanere lì e a non cedere alle ansie di questi giorni. Mi hanno aiutata i soliti passi davanti ai miei, le parole nel silenzio, i rumori della notte, gli occhi luminosi di un capriolo coraggioso, il freddo (poco in verità), la voglia di staccare da tutto e da tutti. Dal niente mi arrivavano delle indicazioni preziose, "le salite, il piano, le salite di nuovo, i prati, la cappelletta", un gesto così discreto e così dolce che mi è servito per capire dov'ero, quanto stavo camminando, come stavo andando. E, nonostante tutto, mi mettevo alla prova: nel mio cervello cantavo questa e non mi davo tregua.
E' stato un viaggio bellissimo e un arrivo ancora più bello: la città vista dall'alto, le navi che sembravano volare nel buio, i fuochi d'artificio in anticipo, i bengala rosa che parevano arrivare fino a noi, la moretti stappata sul bordo del tavolo di legno, i cioccolatini rossi per farci gli auguri, le ginocchia rannicchiate per stare al caldo.
La discesa, più lenta della salita vista la notte e il sentiero a tratti un po' ripido è stata però facile per me, che ormai avevo in testa questa da quando lo scintillio delle stelle aveva calmato i miei pensieri difficili.
E' stato bello, è stato diverso, è stato una cura, seppur breve, per il mio animo che non ha tregua mai perché non gliene do.
E basta così, perché tutte le sensazioni che ho provato non rendono se cerco di spiegarle, perché nemmeno le foto sono riuscite a dire come si sta lassù, a un passo dal cielo e da se stessi.