giovedì 5 gennaio 2012

Gerundio


Facendo:gerundio.
Ho scelto una foto della mia Strasburgo questa sera, una città in cui ho fatto, ho fatto tanto. Ho visto la cattedrale all'inizio di una nevicata, ho cenato in un ristorante sul fiume e corso sotto la pioggia, ho spiato le lontre nuotare, mangiato una senape potentissima e seguito il più bel corso della mia vita.
Su quella panchina mi sono anche seduta, a Strasburgo ho pensato a me, ho letto, ho scritto mail a notte fonda, ho guardato gli scoiattoli, inscatolato biscotti, comprato libri, scattato foto. A Strasburgo ho pensato a me, appunto.
E pure in questi giorni penso a me, ritaglio spazi, piccoli momenti, prendo in mano un romanzo, mi siedo un attimo, mi fermo a riflettere, mangio un dolcetto...cose così, fatte per me. Ieri per esempio sono andata al cinema a vedere l'ultimo film di Clint, uscita che attendo sempre con grande aspettativa e non sono stata delusa: sapevo si trattava di una biografia e che era lungo, perciò mi sono goduta la storia e la bravura, quasi imbarazzante, dei protagonisti. Oggi ho camminato nei miei vicoli, ho comprato una vecchia macchina fotografica per il vicino-vicino al mercatino delle pulci nella sacrestia di una chiesa (?!), ho letto in metropolitana e ho mangiato i broccoli con Agata sulle ginocchia. In attesa di finire Le Vergini Suicide penso già ai prossimi libri posati sul comodino e sogno giornate intere in compagnia di me stessa e delle loro pagine. In realtà si affaccia un esame di dottorato che un po' mi spaventa e il lavoro pomeridiano come babysitter è alle porte, perciò il tempo per divorare storie di altri e non pensare alla mia sarà poco.
Due giorni fa ho compiuto trent'anni e non è stato semplice: mi hanno aiutata una passeggiata utile anche alla stesura dell'articolo prova per la rivista (che ho appena inviato, chissà...) e un saluto a papà, come al solito fermo lì col suo mezzo sorriso. Alla sera una cena bella, in un posto bello con una persona bella e mille pensieri che non riesco a cacciare.
"Solo da sola", in una stanza vuota, col ronzio del pc acceso, una camomilla calda e una piccola lampada, trovo la mia dimensione e ho meno paura, paura di calpestare, di inciampare, di sbagliare, strafare, complicare. Non sono pronta a dimenticare, vorrei solo chiudere gli occhi e prendere tempo, decenni di tempo vuoto, metri di stoffa neutra che coprano il groviglio di pensieri attorno a me.
Frasi come "...e tutto quel che ho amato, da solo io l'ho amato...", di E. A. Poe non fanno che riportarmi indietro, alle persone che non mi hanno accolta a hanno amato da sole le loro cose, a chi stava chiuso giorni in una stanza con un transistor in mano e un circuito stampato davanti, a chi moriva di paura di fronte alla più piccola idea del futuro, a chi camminava nella neve da solo unicamente per sfuggire da se stesso, e quindi anche da me.
Ora vorrei domandare a tutti perché, perché era così difficile lasciarmi amare ciò che amavano? Condividere con me quello che erano?
Ma non lo faccio, li ho tutti qui e non chiederò spiegazioni...alla fine ci saremo io e i ricordi a tenermi compagnia su quella panchina di Strasburgo dove pensare all'aria che cerco, al tempo che mi serve, al bene che devo volermi e alla bellezza che in qualche modo verrà.

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