martedì 22 ottobre 2013

Un viaggio con lei

Raro post della pausa pranzo, giusto un attimo prima di riprendere la lettura dei soliti articoli in inglese.
Questa mattina sono salita in ufficio più tardi, alle nove avevo terapia e quindi prima delle dieci e mezza non sono riuscita ad arrivare. A colazione mi sono concessa una brioche che con la birra di ieri sera fanno un po' troppi lieviti in meno di ventiquattro ore, ma pazienza.
Per andare nello studio devo prendere il solito bus, il 44 e scendere dalla piazza. Il tragitto è breve se non fosse che alla mattina la zona che attraversa è terribilmente trafficata, quindi ci vogliono almeno una decina di minuti per arrivare a destinazione. Sono riuscita a sedermi nell'ultimo posto disponibile, uno di quelli in coda, che basta una frenata per ritrovarsi a correre in mezzo all'autobus. Chissà a cosa ho pensato, so solo che a un certo punto mi sono alzata per avvicinarmi alla discesa, ed è lì che l'ho vista. Non so da quanto mi stesse osservando, stava ferma, un po' pallida, e mi guardava con quegli occhi grandi, giovani e chiari. Vicino alle porte centrali, seduta composta con la borsetta in grembo, c'era mia nonna, materna. In verità quella donna di mia nonna aveva solo lo sguardo, l"intonazione" dello sguardo, profonda, dura, tenace, un po' giudice forse, ma con un velo sottile di benevolenza. Mia nonna Rosetta è morta che avevo 8 anni e me lo ricordo. Ricordo che i miei mi lasciarono da Elisa, un'amichetta delle elementari, per qualche giorno, il tempo di permetterle di morire in pace e di organizzare i funerali. Ricordo che mi dissero che era caduta e che si era rotta il naso, per anni ho pensato che rompersi il naso fosse una cosa molto grave, per cui si potesse anche morire, a volte.
Il giorno del funerale andai in giro con Maura, la mia babysitter, c'erano i manifesti funebri attaccati per il paese e io cercavo di leggerci il mio nome, ora non so più dire se lo avessi trovato. Ricordo di non aver visto mia mamma piangere, ma ricordo che da Elisa venne a riprendermi anche papà, con la giacca di renna, e capii subito che la nonna non l'avrei più rivista. Quella sera mangiammo bresaola.
Con il senno di poi capisco la scelta di un pasto già pronto, probabilmente comprato al super all'ultimo minuto, dopo giorni di flebo, ricambi, camici e scelte.
Negli anni le cose mi sono state raccontate meglio, mi è stato spiegato il forte dimagrimento della nonna negli ultimi mesi, il suo pudore nel chiedere aiuto e lasciarsi curare, i suoi silenzi, la sua caduta, il suo naso rotto.
Qui ho sempre scritto poco di lei, una delle tante donne di quel ramo della famiglia, forse ho raccontato del suo affanno quando mi portava con sé al mercato, dei suoi capelli lunghissimi e grigi raccolti in un muccio perfetto ogni mattina. Non l'ho mai vista con i capelli sciolti, è un'altra cosa che mi hanno raccontato dopo, ho sempre creduto che li avesse così da quando era nata. Mia nonna vestiva sempre di scuro, senza essere a lutto, ma forse se si perde un fratello ragazzo, partigiano ucciso in un'imboscata a guerra praticamente conclusa, si resta in lutto tutta la vita. Mia nonna, a modo suo, ha sopportato mio nonno, e questo fa di lei, ai miei occhi, una martire...comunque siano andate le cose e nonostante la sua presenza nella mia crescita probabilmente abbia fatto molti danni. Mia nonna era alta, grande, con delle spalle larghissime e un sorriso dolce, a labbra chiuse, per non mostrare i pochi denti rimasti. Ricordo che da piccola la chiamai una volta Gargamella e la mamma mi rimproverò, dicendomi che non dovevo offenderla. Le davo i baci sulle guance morbidissime, ma molto raramente, la mano invece me la stringeva spesso e la sua era robusta, ossuta e forte. Di mia nonna ricordo perfettamente la voce, cosa che per anni, di mio padre, non ho ricordato, nonostante fosse una sua caratteristica distintiva. L'insistenza con cui la signora sul bus mi guardava mi ha messo a disagio, sembrava volermi rimproverare, sembrava volermi ricordare qualcosa di importante su cui riflettere. Forse per questo, nell'ora di terapia, abbiamo parlato a lungo di cose della mia infanzia e anche di mia nonna. Da mia nonna ho ereditato qualcosa, ma non so cosa, forse il suo stare in silenzio davanti alle cose sbagliate, sicuramente non la tenacia, né l'aspetto. Di mia nonna ho ereditato anche il mio problema di coagulazione, nella foto quassù, sulla sinistra, c'è anche lei con la gamba fasciata proprio come la mia. Lì, mentre riempivo l'annaffiatoio per dare l'acqua ai suoi fiori, lei mi sorvegliava in disparte, in silenzio, probabilmente osservandomi con quello sguardo strano.

2 commenti:

  1. Le nonne si sa, sono persone speciali. Della mia conservo tanti ricordi ed anche un biglietto scritto di suo pugno quando sono nata. Quando è morta anche a me è stato detta una bugia, che era andata in cielo, ma come mai non mi aveva salutato visto che eravamo sempre insieme? E quand'è che tornava? Quando era all'ospedale per un banale intervento di rimozione di calcoli alla cistifella,che le sarebbe costato la vita, ma erano altri tempi, andavamo a trovarla e lei metteva sempre da parte per me la carne con il purè; mi sono sempre sembrati i piu' buoni che mi sia capitato di mangiare, forse perchè era lei a farmeli assaggiare. Abbiamo dormito insieme in un vecchio lettone, nella sua casa entravano i colombi e a volte c'erano i topolini che lei odiava e che la scongiuravo di non uccidere. Il suo amore mi segue ancora adesso. Grazie Elena per avermi fatto pensare a lei. Barbara

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  2. Ciao Barbara! Sono felice di averti allacciata a un ricordo, è sempre e comunque una cosa buona, anche se dolorosa. Buon pomeriggio!
    Elena

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