mercoledì 22 marzo 2023

Conchiglie

 


Musica.

C'è stato un tempo in cui scrivevo i post di getto, aprivo il pc e non mi fermavo finché non avevo finito di buttare fuori tutto.

Ora non è più così: a parte in rari casi, inizio ad appuntare idee, pensieri e sensazioni sul mio fidato quaderno o, se non ho nulla dove scrivere, cerco di tenere a mente quello che voglio dire, sperando di non dimenticarlo, di non perdere il filo, di non rovinare quell'atmosfera che mi ha risvegliato il bisogno di scrivere qui.

Oggi parlerò, anzi scriverò, di conchiglie.

Il primo momento in cui questo post ha fatto capolino è stato nelle vacanze di Natale, quando, un pomeriggio, ho scoperto la musica di Andrea Laszlo De Simone. 
Non lo avevo mai sentito nominare, né ascoltato, non ricordo nemmeno come sia successo, probabilmente per caso, grazie all'algoritmo di Spotify che nel mio caso deve essere tarato sulla parola nostalgia.

Quindi, dicevamo, ho esplorato la produzione musicale di questo autore e me ne sono innamorata. In particolare del pezzo che ho messo quassù, in apertura, una canzone per me bellissima, che sento tanto mia e che, alla Maria, sono certa sarebbe piaciuta tantissimo.

Domani sono quattro anni che la mia mamma non c'è più, che la conchiglia da cui sono nata "è sparsa sulla sabbia", chissà dove.

Nelle ultime settimane ho provato a ricordare le conchiglie "incontrate" nella mia vita e, appena ho dato un'occhiata nel cassetto della memoria, hanno cominciato a succedere cose, tante cose:

La profezia del Paguro
Da bambina andavo spesso a Sestri Levante con mamma, a volte persino in campeggio. Papà non viaggiava mai con noi, quindi, per la maggior parte del tempo, eravamo solo io e lei. Le prime conchiglie che io abbia mai visto, da buona ligure, sono quelle dei paguri. Trascorrevo mattinate intere china con la maschera a pelo d'acqua nella Baia del Silenzio per avvistarli e osservarli mentre si muovevano, lentamente, nella sabbia. Ricordo che pensavo "quanta strada riescono a fare, alla fine, con quel peso sulla schiena!".
Che profezia.
A Sestri Levante un giorno riuscii anche a convincere mia madre a comprarmi una conchiglia liscissima e piena di puntini da una bancarella sul lungomare, volevo portarla a casa con noi per posarla accanto al "telefono del mare".

Il telefono del mare
Questa enorme conchiglia era di mio padre e la conservava da quando era bambino. Aveva un sacco di punte laterali, era ruvida e segnata dal tempo, ma, soprattutto, accostandola all'orecchio, si poteva sentire il rumore del mare. Quante volte l'ho presa in mano come una cornetta temendo mi cadesse, ora non so nemmeno più dove sia, chissà.

Le conchiglie gialle della Bretagna
L'estate che la Maria cominciò a stare male noi eravamo in vacanza in Bretagna. Di quella settimana ricordo l'angoscia, che non mi lasciava mai, che ritrovavo di fronte alla bassa marea, alle pietre arrotondate dal vento, ai messaggi su Messenger in cui leggevo la sofferenza, ancora senza nome, di mamma. Camminavo sulla spiaggia, tra le barche adagiate su un fianco, indossavo la mia amata giacca gialla e, ovunque, c'erano minuscole conchiglie, gialle come me, posate sulla sabbia umida. Sembravano monete, sembravano fiori. Erano tantissime e, qualcuna, tornò a Genova, per finire in un barattolino di vetro da mostrare alla Maria.

Da qui, cominciano a succedere cose.

Mentre nella mia testa iniziava a prendere forma questo post, una sera di Gennaio trascorsa sul divano a guardare serie TV, abbiamo sentito scivolare qualcosa in bagno e poi, un fracasso allucinante seguito da un tintinnio infinito. Pensando che Agata avesse combinato un guaio, ci siamo alzati e abbiamo trovato il barattolino di vetro dentro il bidet. Un quadretto era scivolato spingendo il barattolo, che era caduto dalla mensola, aveva colpito il bidet (scheggiandone pure il bordo) e aveva sparato conchiglie gialle ovunque, anche nella lettiera di Bibbi, che si sarebbe ritrovata, per qualche ora, a fare i suoi bisogni su una spiaggia bretone.

L'idea del post, a questo punto, si era fatta, nella mia testa, sempre più concreta, ma ancora l'avevo tenuta per me.
Fino a un paio di settimane seguenti.

Dopo aver raccolto le poche conchiglie intere rimaste, le abbiamo messe in un altro barattolino di vetro, questa volta sulla libreria della sala, lontano da oggetti che potessero colpire il contenitore.
Una sera, mentre cucinavamo insieme, abbiamo sentito scivolare qualcosa in soggiorno e poi, un fracasso allucinante seguito da un tintinnio infinito. Pensando che Agata avesse combinato un guaio, ci siamo alzati e abbiamo trovato il barattolino di vetro a terra, in mille pezzi. Un libro era scivolato dalla mensola più alta dello scaffale, cadendo dritto sul barattolo, che era volato giù, sul parquet, sparando di nuovo conchiglie gialle ovunque (si allega testimonianza fotografica a inizio post).

A quel punto non ce l'ho fatta più e ho raccontato ad Andrea tutta la storia che mi stava nascendo dentro e che, evidentemente, aveva bisogno di uscire fuori, in qualche modo.

Ci siamo messi a pulire ascoltando la canzone di Laszlo De Simone, a me veniva un poco da piangere, ma mai quanto, al termine della canzone, il mitico algoritmo di Spotify ha deciso di riprodurre questa. Ci siamo guardati increduli, Andrea mi ha proposto di traslocare e poi mi ha abbracciato.

Inutile dirvi che il giorno dopo ho scoperto che Marcel the Shellun film di animazione che stavo inseguendo da un po', era uscito a Genova, tanto ormai si è capito come sta andando questa avventura.
La mia.

P.S. Vi lascio con il video originale di Conchiglie che, per me, è bellissimo e pieno di significato. La versione della canzone è un po' diversa da quella in apertura del post, ma non fa niente.







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