giovedì 15 luglio 2010

Five Years


Tra l'altro mi pare che facesse proprio un caldo così quel giorno.
Ho la gonna di lino grigia, che la mamma aveva comprato per il matrimonio degli zii nell'83. Sopra ho la canotta nera, mi sembra, e i sandalini. E una collana bellissima con delle foglie di bronzo, che mi sono comprata mangiando la focaccia in via Luccoli, quel pomeriggio, prima di dare il cambio a mamma.
Ho preso il treno e poi il bus, fa caldissimo e il piazzale del palazzo giallo maionese è rovente. Anche gli edifici bassi in fondo alla strada sono avvolti dal calore...sembra il far west, manca solo la balla roteante.
Dentro invece c'è l'arietta condizionata, colori pastello come sempre, poster con nuvole e belle frasi sul futuro. L'odore, odioso.
In cima alle scale facce sorridenti, che ti chiamano per nome, angeli con un lavoro che più ingrato di quello non so. Ci sono tutti, anche chi avrebbe fatto meglio a starsene a casa.
Lui sta lì, a godersi l'aria condizionata e i tubicini del sollievo, io come mi hanno detto evito di chiamarlo, troppo difficile "tornare" ogni volta pare...
E' giovedì. E dorme.
Parlo con i ragazzi, un paio di battute con la zia, una bottiglietta d'acqua nella stanza dei libri quando fa troppo male non poter urlare con tutto lo stomaco del mondo.
Voglio fare la notte, ma non si può, sta mamma...è meglio. Saluto lungo perchè so che è meglio.
Mi accompagna lo zio quella sera e si ferma a dormire, dice "lascio il cell acceso pulìn, tu vai a dormire".
Tolgo la gonna di lino, infilo i jeans verdi che portavo alle medie, dieci anni prima...metto la maglietta a righe rosse e azzurre e mi sdraio a letto. Quando il cell dello zio inizia a squillare sto allacciando le adidas rosse e quando lo zio entra dicendo che bisogna andare sto già in piedi.
Tutto il resto sono luci accese lasciate nel giardino per comunicare con i vicini che finalmente sta meglio, campane che suonano per atei incalliti, cataloghi, edifici bassi infondo alla strada, trapani, odore odioso e freddo. Un freddo rimasto per anni con me.
Ne sono passati cinque e ancora sta lì. Specie nei momenti in cui mi allontano dagli altri e penso a questo limbo strano, dove faccio cose che non ricordo.
Prendo decisioni difficili perchè non riesco a stare in niente. Mi pare di avere fatto poca strada e invece sono passati cinque anni.

Come canta David

...My brain hurt like a warehouse
it had no room to spare
I had to cram so many things
to store everything in there
And all the fat-skinny people, and all the tall-short people
And all the nobody people, and all the somebody people
I never thought I'd need so many people...

P.S. Prometto un prossimo post allegro, ricetta o canzonetta sarà allegro.

2 commenti:

  1. leggendo questo post, che vedo è del 2010, mi è venuto un groppo in gola e insieme la voglia di mandarti un abbraccio, di quelli stretti e calorosi. credo che certi ricordi rimangano indelebili e tu hai descritto tutto in un modo molto delicato e realistico (quel freddo di cui parli si avverte, eccome). sei una tosta, davvero. anche questo si avverte, eccome.

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  2. E tu sei una persona che sento tanto vicina. Grazie Daria, eccome. :-)

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