sabato 18 settembre 2010

C'era una volta...


Ho la febbre. Perciò sono blog-produttiva.
E tutto sommato anche lavoro-produttiva.
Solo che scrivo a letto e qui arriva poco campo...ogni tanto la wireless sparisce e io mi innervosisco. Però ho troppo male a tutto per stare seduta alla scrivania, quindi, pazienza per la connessione tivedonontivedo e viva il lettone, il pigiama, l'abat-jour, i fichi e il caffè.
Avrei dovuto raccontare questa storia mesi fa. Non so perchè non l'ho mai fatto, eppure in tanti la conoscono.
Sono andata a vivere in Campopisano in primavera, ad Aprile. Qualche tempo prima avevo fatto un sogno, che ho poi analizzato mille volte riempiendolo di significati e cercando di interpretarne ogni singolo frammento.
Era un sogno molto strano, angosciante ma nello stesso tempo dolce e pieno di speranza.

"Una mattina mia madre mi diceva di aver ereditato un piccolo appartamento e di aver pensato di lasciarlo a me. Armata di una buona dose di illusioni ero andata a vederlo: in cima a una lunga scala piuttosto stretta una porta di legno si apriva su una stanza molto bassa d'aria, con le pareti bianche e tantissimo legno. Era la camera da letto, l'unica stanza presente in quella casa. Il futon era scuro e le travi del soffitto erano a vista. Le finestre scarseggiavano parecchio ma in un angolo una scaletta di cemento girava su se stessa e portava in alto. Davanti all'ultimo gradino una porticina di ferro molto rumorosa mi portava fuori, sui tetti. Lì mi sentivo finalmente libera, spaventata perchè quella casa cosi stretta era davvero difficile da immaginare mia, ma felice per tutto quello spazio aperto.
Il terrazzo era ampio ma non si raggiungeva facilmente, dovevo attraversare una passerella nel vuoto; arrivata dall'altra parte però la sopresa: una festa!
C'erano bimbi vestiti da Carnevale, lupetti e capiscouts, trampolieri e giocolieri, mentre in un angolo una figura conosciuta intagliava maschere di legno leggero per piccoli travestiti da api.
La luce del tramonto, tutte quelle persone tranquille e felici mi facevano sentire in pace e a casa, aiutandomi a capire che era l'ora di andare, di iniziare lì una nuova vita."


Poche settimane dopo la telefonata completamente inaspettata della mia attuale coinquilina, che mi descriveva la casa di Campopisano, un ultimo piano senza ascensore, con il soppalco in legno, il futon e il parquet nella mia stanza, le travi a vista in salotto, una scala a chiocciola che dà sull'ampia terrazza tra i tetti, al di là di una porticina di ferro molto rumorosa...
C'era una volta...

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