sabato 2 febbraio 2013

La salita

Ieri primo giorno di lavoro, pagata. Evviva.
Otto ore in ufficio, poi casa, doccia e serata al Circolo. Raggiungere questa vetta è stata una vera salita, iniziata anni fa e conclusa con fatica. Ho girato grosse pagine, ho perso molto tempo, ma sono arrivata in cima e ora non mi manca quasi nulla.
Oggi è sabato, ho comprato Repubblica e ho trovato al suo interno uno speciale dedicato alla montagna, anzi, mi correggo, alla Montagna. L'occasione per gli articoli è stato l'ultimo film di Ambra Angiolini, che pare essere grande appassionata di pareti. Io, tra ricordi, consigli letterari e citazioni cinematografiche ho trovato le parole di Erri che incollerò qui sotto e che, naturalmente, sono tutte per lo Sminatore.
Oggi mi sono regalata anche un'ora di stretching in palestra, la settimana appena trascorsa ha contratto i miei muscoli più di quanto immaginassi, nonostante il pilates.
Mi dispiace non provare mai, quando faccio sport, le sensazioni di libertà che sentono gli amici che vanno in montagna. Capirei meglio il bisogno di Andrea e la voglia di Sturm, tutta contenta di appendersi domani.
Io, nel mio piccolo, quando mi dedico al mio corpo, non lo faccio con l'intento di non pensare (mia mamma ad esempio lo pratica anche con questo obiettivo): io correndo o in palestra penso tantissimo e a volte soffro infilandomi in ricordi, riflessioni e sentimenti che mi fanno male.
Certamente fare sport mi piace, perché so che fa bene, perché ho un fisico ricettivo e i miei muscoli registrano subito l'attività a cui li sottopongo, perché gamba e collo stanno in silenzio quasi esclusivamente se li metto a lavorare, perché la sensazione di allungamento post palestra è una delle migliori che abbia mai provato.
Resta però la profonda ammirazione per tutti quelli che si infilano uno zaino e si attaccano ad una roccia, per chi indossa una muta ed esplora il fondo del mare, per gli appassionati di bicicletta pronti a pedalare chilometri, per le ginnaste abituate ai sacrifici. Io, questa passione, non ce l'ho. Purtroppo.

Il Buttafuori dei pensieri


Arrampicarsi è tornare all'andatura a quattro zampe.
Si risveglia nel corpo l'antichissima abilità di strisciare da rettile, con gli arti anteriori che aprono il percorso e quelli inferiori che seguono in appoggio. Come nel nuoto, anche nell'arrampicata la testa non è più la sommità del corpo. Il nuotatore non vede oltre l'onda che ha incontro e lo scalatore non può sporgersi oltre il metro di strapiombo che lo sovrasta.
Il primo passo di attacco su una parete verticale stacca dal suolo come un tuffo, per poi affidarsi alla punta delle dita. E' un'opera sul vuoto che non è lì per sostegno. A me tiene compagnia, il vuoto socio del vento che agita senza riempirlo.
Non è un pozzo, è aria scalata, fiato che rimbalza sulla roccia, abisso che si allarga sotto i piedi, intravisto cercando i punti d'appoggio. Quel vuoto è la mia intimità nella ginnastica festiva che mi spinge a scalare. Non mi attira la cima, che è solo un capolinea. Arrampico per il desiderio di togliermi, accumulo una distanza. Mi aggiro sulla pista immaginaria che ho scelto dal basso, la frugo inventando la sequenza di mosse che meglio si adattano alle mie possibilità. Regredisco a pura attività motoria, centrata e concentrata su se stessa. Niente mi distrae. Attaccato da uccelli che temevano per il nido che aggiravo, sfiorato dai fischi di proiettile dei sassi in caduta, morsicato sull'indice da uno scorpione: non si è distratta la presa, la presenza. In testa un buttafuori di qualunque altro pensiero fa la buona guardia.

(Erri De Luca)

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