sabato 7 marzo 2015

Si vede

Nota bene: questo post andrà riletto periodicamente, in saecula saeculorum.

Qualche giorno fa ho incontrato un mio ex professore dell'università. Mi ha chiesto:
"Come va?"
"Bene grazie, lei?"
"Non c'è male...è un po' che non la vedo"
"Ho finito la borsa e vengo qui più raramente"
"Capisco, e come se la sta cavando ora?"
"Eh, ce la metto tutta, non mi arrendo"
"Si vede!"
Si vede.
SI VEDE.
Ha detto proprio così e non sa, probabilmente non ne ha davvero la minima idea, del bene che mi ha fatto.
Perché è un periodo delicato, s'è capito. Perché sto cercando di uscire dalle sabbie mobili, perché per provarci ho dovuto abbassare di nuovo un poco la testa (o per lo meno io me la vivo così), perché tornare a fare cinque o sei lavori contemporaneamente per portare a casa la metà dello stipendio che ho preso negli ultimi due anni mi pesa un po', e gli aiuti di mamma mi suonano inevitabilmente come un grande scivolone in fondo alla scala. Ma non mi arrendo. E i motivi per cui non mi arrendo sono tanti, alcuni per esempio stanno nascosti nelle gite degli ultimi due week end; di quella terminata poco fa ho cominciato a scriverne questa mattina nella mia mente e devo ancora smettere.
Quindi, per raccontare quali sono alcuni dei motivi per i quali non mi arrendo, ho deciso di usare il mio mezzo preferito: l'elenco.
Potrebbe essere una buona cosa mettere su questa prima di cominciare a leggere, perché mentre stasera tornavo in bus, suonava nelle cuffie e io compilavo la mia lista, parola dopo parola, sensazione dopo sensazione, punto dopo punto...sorridendo.
Non mi arrendo per i sori arancioni sulle felci verdi, per i cespugli di euforbia che sembrano giungla, per i cancelli azzurri in un mare di trifoglio giallo, per i muscari che cominciano a uscire piccoli e indecisi, per i gatti bianchi che aspettano pazienti le coccole, per le mimose fiorite a picco sul mare. Non mi arrendo per il bambino che pota un ulivo insieme al nonno e al papà, per la signora con la stampella che cammina tra i filari di vite, per l'ombelico di venere piccolo e lungo che spunta dal muretto, per i tronchi d'albero tagliati in modo buffo. Non mi arrendo per gli spaghetti con le vongole, per i signori che corrono appresso al treno, per i fili della ferrovia che separano il cielo grigio in tante strisce tutte uguali. Non mi arrendo per il treno delle 7.41 che sta sempre fermo a Quarto ma poi arriva puntuale, per la bava sulla giacca, per il berretto azzurro del bambino rimasto appeso al ramo. Non mi arrendo per il mare d'argento, per la sagoma della Corsica sull'orizzonte, per il bosco di pini caduti, per le scie dei motoscafi, per i falchi che volano sulla costa. Non mi arrendo per i tronchi neri sull'acqua blu, per i cespugli che sembrano bianchi, per la signora che legge Repubblica seduta sul Mediterraneo, per la foto scattata da dentro il maglione. Non mi arrendo per l'erba lunga che dondola nel vento, per l'alloro che alloro non è, per le querce da sughero, per le rocce che cambiano colore e il nostro sentiero diventa rosso, per i panorami improvvisi, per l'erica bianca, per le lucertole veloci. Non mi arrendo per il gestore del ristorante che sa davvero cosa è il mare, per la ricotta con lo zafferano, per il pesce palla che è un pesce istrice, per il cane che mi ha spaventata, per il sentiero che si apre sul paradiso. Non mi arrendo per la strada che scende e scende e scende ancora, per la pipì, per la barca a vela gialla, per la macchina fotografica a pellicola, per le gambe lunghe, per le candele accese. Non mi arrendo per la chiesa a strisce, per gli zoccoli colorati, per il gatto sul cruscotto, per il viaggio in bus che mai più ci aspettavamo e per il tramonto che ha tinto le sagome di nero, proprio come piace a me.
Per tutte queste cose non mi arrendo.
E quando ognuna di esse sarà sparita, quando non sarò più capace di vederla e amarla, soltanto allora, forse, mi arrenderò.




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