lunedì 23 dicembre 2019

Le vite degli altri

Lo abbiamo fatto tutti, penso, di immaginare le vite degli altri.
Di quelli che vediamo rientrare a casa la sera, di quelli che ci camminano accanto frettolosamente la mattina, degli attori che guardiamo al cinema, delle sagome scure che passano davanti alle finestre illuminate nelle serate d’estate o di quelle impegnate ad addobbare l’albero nel salotto a Natale.
Credo addirittura di aver già scritto un post su questo argomento, ma chissà quando: sono quasi dieci anni che esiste Ilmareingiardino, nel frattempo i blog sono praticamente morti e con loro un sacco di altre cose.

L'inverno è iniziato e forse questo autunno terribile, fatto di piogge incessanti, sintomi impietosi, traslochi, e capelli corti sta terminando: oggi ci sono vento freddo e sole, questo già mi basta.
A proposito di vite degli altri, in questo periodo mi interessano più di sempre. Guardo le persone fare la spesa, incontrarsi per bere qualcosa, correre sotto il diluvio senza usare l’ombrello, parlare al telefono, scegliere un vestito e immagino le cucine invase dal vapore, i tappeti davanti ai divani, i giretti attorno all'isolato con il cane la mattina prestissimo, il parrucchiere dopo il lavoro o in pausa pranzo, le lavatrici da stendere la domenica, i cinema il sabato sera.

Ma la mia, di vita? Prima di convincermi a pubblicare questo post, che come al solito è in bozze da giorni, ho riflettuto sul concetto di tempo e su quanto abbia la sensazione di aver vissuto almeno tre esistenze diverse. Penso che capiti a molte persone, soprattutto a chi ha fatto cambiamenti drastici, traslochi importanti, separazioni, colpi di testa e di cuore come lasciare il proprio paese per cercare fortuna (e felicità) altrove... a me pare di essere alle porte della mia terza vita, quella in cui non sono più figlia di nessuno, ma continuerò a essere nipote, amica, compagna, collega, cugina, vicina di casa.

Sono stata figlia fino a ventitré anni: in quel quarto di secolo scarso avevo vissuto in due posti, avuto un amore sbagliato e uno grandissimo, rischiato la pelle, fatto tre lavori, tolto l'appendice, voluto bene ad amici fraterni e detto addio a persone decisamente importanti, tra loro mio padre.
Sono stata ancora figlia fino a trentasette anni: quattordici anni per laurearmi, dottorarmi, scoperchiare enormi vasi di pandora, cambiare altre due case, innamorarmi ancora, fare almeno sette lavori diversi, conoscere nuovi amici, trovare un lavoro stabile, dire addio a mia madre.
Ora non sono più figlia: nove mesi oggi per raccogliere i pezzi che sono ancora sparsi da tutte le parti. Un po' sono a Vesima dove pianto ciclamini da ventiquattro ore, dove la gatta saltella finalmente libera, dove il vento e i pensieri mi hanno tenuta sveglia tutta la notte, dove riposano metà della mia prima e metà della mia seconda vita. Un po' di pezzi sono nella casa sull'albero, dove stanno finendo di costruire i pavimenti, dove non ci sono i sanitari e la cucina, dove scatole e mobili stanno impilati tutti in un'unica stanza. Ci sono pezzi al quinto pianto del Monoblocco, tra le seggiole dell'accettazione e le poltrone grigie della chemio, tra i lettini di medicina e l'ascensore, pezzi sotto il cedro nel cortile dell'Hospice, sul terrazzo dei gatti, sulla panca dove ti siedi quando aspetti che sistemino il disastro. Qualche pezzo forse è in ufficio, dove trascorro la maggior parte del mio tempo o sul tappeto dello yoga, dove ho deciso di ricominciare a prendermi cura di un corpo che non ricordavo di avere. I pezzi più rovinati li ho lasciati andare con i capelli, che ora sono corti e un (bel) po' bianchi.
Dovrò pian piano recuperarli tutti e sostituire quelli introvabili con qualche pezzo nuovo che spero di trovare strada facendo.

Tra pochi giorni compio gli anni, all'inizio del 2020.
Non faccio bilanci perché davvero a sto giro non mi sembra il caso, non ho buoni propositi se non quello di provare a non morire, visto l'andazzo. Ho dei desideri, quelli sì. Vorrei fare del bene nel nome di mia mamma, vorrei ricordarla viva e energica, vorrei continuare a viaggiare come negli ultimi tre anni (e forse un po' di più) e vorrei riuscire a godermi quella piccola casa rinnovata che avrebbe adorato.

Nel frattempo pianto ciclamini nel suo giardino mentre l'ultimo che mi aveva comprato lei, non so con quali forze un mese prima di andarsene, sta fiorendo sul mio balcone.
Buon Natale.

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