mercoledì 20 novembre 2013

Quello che sono diventata

E' già un bel po' che non pubblico un elenco, ed è già un bel po' che non scrivo di mio padre. Ma questa volta è diverso, perché il periodo è diverso e io sono diversa. Nonostante le milioni di cose che dovrei fare (e non faccio), una su tutte dedicarmi alla tesi di dottorato, nonostante ci siano ancora molti aspetti della mia vita che dovrei affrontare e cercare di capire, sono felice.
Sono felice perché trascorro giorni belli, sensati, o forse perché trovo il senso in cose che prima per me non ne avevano affatto. Forse questo senso non lo cerco neppure e la mia anima sempre inquieta si è improvvisamente rasserenata. Mai come nelle ultime settimane sto dicendo cosa penso alle persone che amo, a quelle che non amo, agli amici, ai capi, persino ai vicini di casa. Mai come nelle ultime settimane tutto questo mi solleva. Faccio solo fatica a prendere sonno la sera, in quei minuti al caldo del piumone vengono a trovarmi pensieri cupi, dolorosi, colpevoli. Ma per il resto del giorno le ore scorrono tranquille, nonostante le difficoltà, nonostante il tempo non basti mai. Non mi affretto più come una volta, non mi struggo più per uno sciopero AMT che mi costringe a camminare quaranta minuti sotto la pioggia e mi fa arrivare tardi in laboratorio, non mi lascio cogliere dallo sconforto nonostante non riceva le risposte che vorrei da molte delle persone a cui chiedo qualcosa. E allora è in quel momento che entra in gioco mio padre, che sogno ormai pochissimo e al quale non mi viene più naturale rivolgermi, in queste pagine, come se stessi scrivendo a lui. L'altro giorno mentre compilavo la lista dei desideri per Cindy ho pensato a cosa avrebbe detto se gli avessi mostrato quello che mi piacerebbe comprare, fare e vedere. Sono passati quasi nove anni, gli anni dei grandi cambiamenti, delle scelte, delle porte chiuse, per tutti. Per me sono stati anni di problemi di salute, arrivati a cadenza regolare, come un pendolo, quasi a ricordarmi da dove nasco, qual è la mia genetica, cosa è successo alla mia famiglia, a mio padre. Ora mi pare distante quella striscia scura di luci spente, rumori da non fare, cene inaspettate, voci alzate, film sul divano e gatti che ronfano. Mi pare distante non solo nel tempo ma anche nella mia testa, mi pare distante in modo sano, umano. E allora mi esce spontaneo un elenco, che ho annotato senza accorgermene, negli anni. Una lista delle cose che sarei curiosa di sapere come prenderebbe mio padre, di novità, di gusti, scelte e opinioni che ho abbracciato diventando una donna e che lui non potrà mai commentare con me. Eccola:
- Sono andata a vivere nei vicoli, da sola (e no, non in Piazza della Posta Vecchia)
- Ho imparato (parola grossa) a scattare fotografie in manuale e ho anche una reflex, lui secondo me non aveva nemmeno visto la mia compatta
- Vado pazza per l'agrodolce, metto l'uvetta negli spinaci e caramello le cipolle!
- Bevo la birra!
- Ho aperto (e chiuso) un'azienda, mi sono laureata e mi sto per dottorare (forse). Lavoro pure in università adesso.
- Continuo a non guidare, la sua dissuasione direi che è stata molto efficace!
- Ho tenuto i capelli lunghi, per molti anni
- Ho convinto la mamma a prendere una gattina che ora vive con lei
- Ho imparato a cucinare! Una cosa che gli sembrerebbe a dir poco incredibile
- Continuo ad essere terrorizzata dai ragni
- Sono andata in moto un sacco, l'ultima volta ieri con una mia collega
- Collaboro con un gruppo che lavora con i robot, robe elettroniche. Assurdo
- Mangio i cavoli e i finocchi crudi e vado matta per il pesce
- Continuo a truccarmi poco e a non indossare abiti troppo trasparenti
- Metto i tacchi e ci cammino pure bene!
- Non ho perso la passione per i mercatini dell'antiquariato e per i negozi di vestiti usati
- Ho smesso di parlare con lui e, nonostante tutto, è più vicino di prima. Con serenità.


2 commenti:

  1. Cara Elena, le tue parole spesso servono a farmi riflettere sulle cose. Alla fine la mia non è una wishlist, ma una serie di cose che vorrei aver detto a mio padre prima che se ne andasse. All’epoca non avrei potuto. Avevo diciott’anni, quasi 19 e sapevo solo che da un giorno all’altro se n’era andato, come mia nonna, come Paco, il mio primo vero amore, morto giovane per un maledetto incidente in motorino. Ora lo ringrazierei forse soprattutto per aver scelto di andarsene, per avermi lasciata la strada libera, lui gelosissimo di me, di noi, di mia madre. Un uomo del sud, pieno di fascino e di voglia di vivere. Bastava entrare in casa sua e dirgli che ti piaceva una cosa…diventava tua. Uno sempre pronto a divertirsi, a sbagliare, dagli umori facili al cambiamento, dalle scenate improvvise, dalle tenerezze inattese, dal cuore grande, forse troppo, visto che all’improvviso ha ceduto. In fondo dentro di me sento di assomigliargli profondamente. Peccato non aver avuto il tempo di dirglielo. Grazie Elena, aprirsi diventa facile dopo aver letto le tue parole, scusa se le mie sono forse troppo personali. Un saluto, Barbara
    Una richiesta: appena puoi compili una wishlist riguardante anche i libri,
    quelli che hai amato di piu'?

    RispondiElimina
  2. Barbara, grazie a te. Quando scrivo non penso mai che le mia parole possano, in qualche strano modo, fare riflettere gli altri e mi stupisco ogni volta. Spero allora che i pensieri suscitati dal mio post siano tutto sommato buoni, utili e, perché no, lievi.
    Che voglia che mi hai messo Barbara! Appena mi concederò di nuovo un attimo per scrivere farò volentieri una lista dei miei libri preferiti, sotto tanti aspetti diversi.
    A presto
    Un abbraccio
    Elena

    RispondiElimina