giovedì 15 dicembre 2016

Ad alta voce

Il titolo del post mi è capitato in bocca l'altra sera.
Sì, in bocca perché me lo sono ritrovato arrotolato attorno alla lingua e l'ho pronunciato, seduta sul letto, ad alta voce.
Ascolto questa e mi preparo a tre ore di laboratori nel pomeriggio (non che vorrei avere una pistola eh, giusto per tranquillizzare genitori e insegnanti); le tre ore di oggi, sommate alle tre ore dei giorni scorsi e alle sette di domenica prossima fanno tredici ore di bambini, colla a caldo, video, cavi, mani alzate, chiavette usb, domande, mattoncini, cartone, mandarini, forbici, pennarelli, plastilina, scotch e ansia. Tantissima ansia. Perché senza ansia non vado da nessuna parte, a quanto pare.

Ho scritto il Leggermente di Dicembre su un libro molto discusso quest'anno, Eccomi di Safran Foer, credo che chiuderò questo post con una citazione degna di nota, quello che penso del romanzo, invece, lo leggerete presto su A casa di Cindy.
Ho iniziato Le Otto Montagne di Paolo Cognetti e, per ora (ho fatto fuori solo il primo capitolo) mi parla al cuore. Ciò, solitamente, è un bene.

Sono giorni pienissimi di impegni, arriverò a Natale stremata. A parte i laboratori ci sono le valanghe di libri da studiare per l'esame di Gennaio, l'incontro con la commercialista per l'apertura di questa benedetta partita IVA, le lezioni di francese che ho dovuto interrompere per due settimane e che spero di riprendere la prossima, la fiera dell'elettronica tra un paio di giorni, alla quale porterò il mio libro.
E questa cosa merita un capitolo a parte.

Chi mi conosce da tanto tempo sa che a casa mia "il Marc" era la fiera dove papà andava a ravattare per poi tornare sempre con un acquisto assurdo per sé e qualcosa di ancora più assurdo per me. In ordine sparso mi furono regalati: l'indimenticabile sveglia che proiettava l'ora sul soffitto, un fantasma a batterie che emetteva un verso orribile (non ricordo se ciò succedesse continuamente o solo dopo determinati stimoli), una pallina di plastica con una luce al suo interno, un divanetto porta cellulare a forma di gatto (???), un walkman, il mio primo stereo. Mi sembra incredibile, adesso, andarci io, mi sembra ancora più incredibile non poterglielo dire. Sicuramente voglio cercare un oggetto ingiustificabile da comprare in suo onore. Dentro di me si fa strada un sogno talmente assurdo da vergognarmene: vorrei essere lì seduta e vorrei vederlo arrivare tra la gente, con la giacca di renna e i pantaloni con le tasche, con la barba lunga e gli occhi verdi, con il sorriso sornione e la sua voce, il suo timbro indimenticabile che non ho saputo ricordare per anni e che ora è qui nelle mie orecchie come se l'avessi ascoltato ieri per l'ultima volta.

Chiudo, come scrivevo prima, con un passaggio tratto da Eccomi (di Jonathan Safran Foer) che mi ha colpito moltissimo (riportare tutte le frasi che ho sottolineato nel libro significherebbe scrivere un post a parte):

"...le enantiosemie: parole che sono il contrario di se stesse. Un film pauroso è un film che fa paura, mentre un uomo pauroso è un uomo che ha paura. Si spolvera una torta con lo zucchero, ma quando si spolvera un mobile la polvere viene tolta. Tirare un sasso vuol dire lanciarlo, ma tirare una corda vol dire portarla a sé..."






2 commenti:

  1. Anche se costa ansia e fatica, il momento che stai vivendo è ricco di soddisfazione e di questo gioisco con te, per il libro, per tutte le avventure che ti aspettano.
    E poi... Mi commuovo quando parli del tuo papà.
    Ti abbraccio forte
    Francesca

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