lunedì 29 ottobre 2012

Volersi bene

Oggi è stata una bella giornata. Oggi sono tornata a casa.
Ci sono poche cose che mi rimettono insieme come un bosco in autunno. Se poi le foglie a terra, metà arancio e metà verdi, metà accartocciate e metà dritte come lance, sono quelle di castagno, sono in pace. Quando ero piccola con le foglie di castagno costruivo il copricapo indiano, infilavo un gambo in una punta fino a creare il cerchio per la fronte e con la foglia più bella, quella più grande e regolare, facevo la penna.
Oggi nel bosco non ho raccolto foglie, ma ne ho viste tantissime. Ho annusato l'odore della terra umida, ho raccolto funghi con gli occhi, funghi viola, funghi piccoli, funghi enormi, funghi soli, funghi in gruppo, funghi brutti, funghi strani e funghi pericolosi. Ho visto capre dalle corna grosse, due maiali fidanzati e dei tacchini in lontananza. Mi sono lasciata seguire da un cane più diffidente di me, ho mosso il tappeto di rami e cose secche ad ogni passo. Accanto, in silenzio o quasi, lo Sminatore. Nel marrone dei tronchi passavamo noi con i nostri rossi forti, la mia giacca, il suo pile. Nel silenzio del bosco le voci, i racconti dei giorni passati, il mio bisogno di aiuto per situazioni che da sola non capisco e non riesco ad affrontare come vorrei. La sua voce mi calma, anche quando è dura.
Ero in affanno sul sentiero, avevo dormito poco l'ultima notte e le ore di turno al Festival, in un porto baltico super affollato, non aiutano a sentirsi riposati. Ma questi gruppi di ore, scanditi da visite, domande, piedi piccoli e occhi grandi, abbracci che arrivano a malapena alla cintola e disobbedienze inevitabili, risate e soddisfazioni, pensieri e spensieratezza, valgono tutta la stanchezza che sento.
Oggi però il bosco mi serviva, così come mi serviva il silenzio dello Sminatore mentre aggiustavo patetica il mazzo di fiori di plastica davanti a quello sguardo in bianco e nero e quel mezzo sorriso uguale al mio.
Mi hanno fatto bene le pause, le battute, i dispetti e il panorama. Mi hanno fatto bene il sole caldo e l'ombra fredda, il passo reso svelto dal buio in arrivo e reso immobile dal cinghiale sul sentiero. Ho avuto paura, più paura di quanto mi aspettassi, di quelle paure che poi stai zitta e ti dici che tra poco ci siamo, che tra poco arriviamo a casa. Quelle paure che le cose non le dici solo a te stessa ma le ripeti pure ad alta voce e chi ti è accanto ti risponde solo "sì sì" perché lo sente che hai paura.
Che poi, uno Sminatore, è concentrato e sensibile per lavoro no? Quindi lui le cose le sente sempre, tira fuori la bomba a costo di lavorarci una vita, scopre fili pericolosi, decide quale tagliare e quale tenere, sposta momenti nel tempo, lasciando sfogo alla sua parte emotiva quando è troppo pericoloso soffocarla.
Sento casa ad ogni passo nel bosco, un letto di foglie che riesco perfettamente a ricreare in città, basta pensarci e staccare tutto, basta mettere a fuoco i punti verdi che si incontrano e portarseli dietro, le foglie palmate incollate dalla pioggia sul lunotto posteriore di un'auto in soprelevata, gli alberi di falso pepe sotto la tana di un tempo, i fiori violentati dal sale sul pontile della barca.
Nel mio bosco, con un passo accanto che faccia risuonare il mio, niente mi fa pensare che non valga la pena lottare, cercarsi, rispettarsi, perdonarsi e volersi bene.

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