domenica 3 aprile 2016

La straniera


Erano anni che il cambio di stagione non ci andava giù così pesante.
Pure il passaggio dall'ora solare a quella legale non credo abbia aiutato.
Se poi ci aggiungiamo una settimana di antibiotici per scongiurare ipotetici morbi da puntura di zecca completiamo il disastroso quadro di stanchezza tremenda, sonno boia, stato confusionale semi costante.
Un esempio?
Ieri ho perso gli occhiali da vista. Stavo passeggiando in pieni Rolli Days e sono tornata alla polleria dove avevo pranzato, per controllare se magari li avessi dimenticati lì. Il locale era pienissimo, ho chiesto al ragazzo dietro al bancone se li avessero visti e lui, sorridendo, mi ha risposto:
"No cara, ma sai, noi non siamo mai usciti da qui, prova a vedere dove eri seduta. Però, non è che per caso sono quelli che hai appesi al collo, vero?".

Capito?
Non ce la posso fare.


In tutto questo lavorare, alzarsi, comunicare, spedire, scrivere, inviare, rispondere, accontentare, parlare, dire, fare, (baciare, lettera, testamento) io mi sento una straniera.
Come se non sapessi bene dove sono, né come esprimermi affinché gli altri mi capiscano. Il più delle volte, tra l'altro, mi pare di non comprendere io stessa quello che gli altri cercano di dirmi.
E non parlo solo di sconosciuti, persone appena incontrate sul mio cammino, nuove opportunità che si palesano all'improvviso: intendo anche gente che frequento da tipo dieci, dodici anni e che, di colpo, sembra parlare swahili.

Come sto cercando di ovviare al problema?
Facendo paragoni.

Il primo mi sta aiutando moltissimo ed è legato al corso di francese che seguo ormai da settembre. Ora che mi dedico alla conversation (da pronunciare rigorosamente alla francese) e che trascorro mattinate intere a mettere insieme frasi apparentemente insensate ma a volte incredibilmente corrette, ho capito perfettamente cosa significhi essere straniera, e tentare di integrarsi. Provo grande gioia quando, per esempio, riesco a tradurre mentalmente ciò che due turisti francesi si stanno dicendo in un negozio... la stessa felicità la sento quando capisco chi si rivolge a me in italiano ma sembra parlare un'altra lingua. Non solo, spesso mi sento più compresa balbettando in francese a lezione che dialogando in italiano nella vita di tutti i giorni.

Da cosa dipende tutto questo? Da me, ovviamente. Anche perché tutto (o quasi tutto) ciò che affrontiamo ci colpisce in modo diverso a seconda da come lo vediamo. Io non voglio arrabbiarmi, non voglio farmi mangiare dal nervoso, non voglio che mi capiti una volta a settimana nella stanza gialla, tanto meno voglio che succeda nella vita quotidiana. Quando mi accorgo che non c'è via d'uscita, che proprio non capisco un comportamento, una frase, una mail, un'azione e che non so assolutamente come comportarmi di conseguenza... divento francese. Oplà.

Il secondo paragone che uso (questo lo faccio da sempre e dopo ieri ancora di più) è legato alle piante che vivono in città, nate nella fessura di un muro, in una crepa sull'asfalto, tra i mattoni di un molo. Ieri ho partecipato a una passeggiata alla scoperta della biodiversità urbana e ho finalmente imparato alcuni nomi di coraggiosissime piantine resilienti, incontrandole qua e là tra automobili, turisti, barche e ringhiere. Le ho fotografate, catalogate sul mio taccuino e ammirate infinitamente per la loro pazienza. Ce ne sono alcune che si fingono morte nei periodi duri e ripartono più forti che mai appena il clima lo consente. Sono così avanti, in un ambiente in cui probabilmente nessuno le capisce, dove non ci sono alberi a proteggerle, uccelli e insetti a visitarle, acqua fresca a dissetarle, che non hanno nemmeno bisogno di diventare francesi per farcela.

Quale migliore esempio?
Io non voglio arrabbiarmi, voglio fiorire timida ad aprile trasformandomi in un sedum (francese).

10 commenti:

  1. stessa passione per il francese, per le piante ed il mare, montagna meno, se riusciamo a incontrarci cara Elena, lo faremo conversando in francese ok? un abbraccio

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    1. Barbara, sei sempre così delicata!
      Spero di vederti prima o poi... :-)

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  2. ciao Elena grazie, ti rispondo in inglese con una frase non mia: There are no strangers here; only friends you have not met. William Butler Yeats

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  3. Ci sono giorni in cui mi sento fuori posto, fuori contesto, come una con la tuta alla prima della Scala, per intenderci.
    Un abbraccio
    Francesca

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  4. Anch'io sto risentendo tantissimo del cambio di stagione... mi sento stanchissima!!! In questo periodo anch'io sono affascinata dalle piantine murali... più di tutti adoro la cymbalaria muralis... se non fosse che è della famiglia della parietaria, a cui sono allergica... e l'allergia non sta certo aiutandomi in questo sopracitato cambio di stagione ;)

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    1. Sì guarda, un disastro! Per le allergie, invece, sono fortunata... nessun problema! :-)

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