sabato 1 febbraio 2014

Silenzio stampa

Shhhhhhhhh
Come a volte (spesso) mi accade, quando devo leggere e scrivere parecchio per lavoro, non riesco né a leggere né a scrivere per piacere. Per questa ragione, posti come ilmareingiardino rimangono vuoti per un po'. In realtà, forse, i motivi sono anche altri, poche cose da condividere, molti pensieri da riordinare prima di tirarli fuori, scarsa necessità di mettere per iscritto la mia vita. Non so.
Sono giorni densi, pieni di scadenze, sono giorni un po' annebbiati e molto più semplici del previsto, sono giorni in cui per la prima volta nella mia vita faccio le cose senza una montagna d'ansia sulle spalle...e non ci sono affatto abituata.
Sono quindi giorni strani, che prendo un po' così, come vengono, che vivo cercando di arrivare alla sera con nuovi obiettivi raggiunti e un sorriso in più nato per caso. Dopo un paio di settimane (forse tre) di reclusione più o meno indispensabile sono uscita dalla tana: due turni Altrove, una cena con il vicino-vicino, persino un acquisto frivolo e colorato.
Tutto il resto è stato casa, ufficio, palestra e letto, con qualche meravigliosa parentesi su sentiero, tra cielo azzurro, vento forte e alberi solitari da amare alla follia. Come quello nella foto, alla fine di una strada in salita, davanti a un panorama da togliere il fiato, immobile e forte nella luce e nel sole.
Ancora sette giorni di power point da ripetere, abstract da correggere, articoli da mettere a posto e lanciare on line e poi, forse, avrò un titolo in più e un pensiero in meno. Cosa penso di questo percorso? Non lo so, è stato faticoso perché non retribuito, perché poco capito, a volte avvilito, a volte neppure considerato. E' stato un viaggio importante perché, come l'esperienza della ditta nata e morta in tre anni mi è servito a comprendere cosa non voglio per me, cosa sono in grado di fare da sola e cosa significhi dover sottostare alle regole, ai tempi e ai bisogni del resto del mondo, senza mai veder riconosciuti i propri sforzi.
E' stato però un viaggio in cui ho incontrato anche persone entusiaste, persone che hanno dato valore (e calore) al mio lavoro, anche quando ero io la prima a vestire tutto di nero, persone che sono riuscite a trasmettermi un po' di forza e di rispetto per i piccoli traguardi oltrepassati.
Quindi non me ne pento, forse non lo rifarei, ma, comunque vada la discussione, sono contenta di aver provato a seguire questa strada, appoggiata da chi mi ama e da chi ha sempre saputo vedere il buono che già esiste in ogni cosa, condividendo con me questa impagabile capacità.
Scrivo (e concludo) questo post, quindi, per giustificare un poco la mia latitanza, indubbiamente legata a questo nuovo e ancora poco accettato benessere, ma dovuta soprattutto al grande caos mentale che la conclusione di un dottorato di ricerca porta con sé, a cominciare da un frigorifero perennemente vuoto, per continuare con una cesta del bucato sporco che esplode, due vasi d'edera morti di sete e un blog un po' meno aggiornato.
A presto


2 commenti:

  1. e' vero Elena, a volte ci sentiamo stanchi o demotivati, distratti o presi da altre cose, ma la scrittura resta sempre e comunque un'ancora di salvataggio, qualcosa cui non possiamo rinunciare. Sto leggendo un bellissimo libretto di Ray Bradbury, l'autore di Fahrenheit 451 che parla appunto di questo e dei suoi primi passi come scrittore. Il libro si chiama Lo zen e l'arte della scrittura, che consiglio di leggere a chiunque si diverta a scrivere. Intanto un abbraccio e dai tanta acqua alle piante. Ciao, Barbara

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  2. Ciao Barbara, segno questo libro tra le mille cose di cui occuparmi non appena uscirò da questo caos! Un abbraccio

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