domenica 6 luglio 2014

Il diario verde

Ho perso la carta prepagata e così, prima di andare dai carabinieri per la denuncia ho messo sottosopra la mia vecchia stanza a casa di mamma...niente da fare. E' sparita.
In compenso però, dopo due giorni di sole, mare, amici, uncinetto, frutta e persino una vittoria al Palio del Gallinaccio 2014, mettendo in ordine (o in disordine) scatole, cassetti e scaffali ho trovato il mio diario.
Il blog di quando ero piccola insomma. Ed è il più recente di quelli che ho scritto. Aprirlo e rileggerlo tutto è stato così doloroso, commovente e a tratti pure divertente che ho deciso di fermarmi e non cercare anche gli altri miei scritti.
Terrò il piccolo libro rosa per la prossima volta, stasera mi basterà andare a dormire con in mente qualche brano del diario verde.
Ricordo benissimo dove andavo a comprare le agende per scrivere i miei pensieri, in Piazzetta del Ferro, dove ancora oggi credo ci sia la bottega che rilega e confeziona oggetti con la carta. Costavano cari e la scelta era difficilissima. Non volevo righe né quadretti, preferivo gli spazi bianchi da gestire sul momento, anche incollando frasi, biglietti o foglie secche, come sempre.
Rileggendo indietro nel tempo (il primo "post" è del 2002) ho trovato la solita me in difficoltà, spaventata dagli abbandoni, piena di forza e tenacia nelle relazioni, stanca di studiare e dare esami per poi non andare in vacanza, non concedersi due giorni di svago, sfiancata dal carattere impossibile di papà e dalle fatiche di mamma. Ho trovato una Elena in fuga, che non faceva altro che scrivere quanto desiderasse scappare, ora però, tutto questo bisogno, non lo ricordo per nulla.
Credo di aver rimosso moltissime cose, nel mio cervello si confondono le date e si accavallano gli avvenimenti, tra analisi, macchie nei polmoni di tre persone diverse, ospedali, prelievi, funerali, candele, treni, gatti e auto in fiamme non saprei ricostruire a memoria tutto quello che ho visto in quegli anni. Ma l'ho scritto. E oggi l'ho ritrovato.
Mi sono seduta sul pavimento, schiena contro il muro, e ho letto tutto d'un fiato i miei pensieri di dodici anni fa.
Stasera ne riporto un pezzo, perché mi ha lasciata sorpresa, forse pure un po' ammirata, di sicuro mi ha inumidito gli occhi.

05-03-2003
La mia vita sta cambiando un'altra volta. Col trapano di mio padre e Wild Horses come sottofondo mi accorgo di questo. Non posso fermarla forse perché non voglio o perché non si può bloccare il vento sugli anni.
Gli anni giovani sono i più sottili, dondolano più degli altri, fanno venire la nausea al cuore e pensare che io soffro persino l'automobile. La mia vita sta cambiando perché il vento è sempre più forte e non riesco più a rimettere gli anni al loro posto, rimangono scompigliati. Ciò che mi resta è spezzare quelli che appesantiscono la pianta più grande che esista, la vita più grande che esista.
La mia vita è la più grande che esista, certe sue parti sono marce e da tagliare via certe sono solo da potare ma devo lasciare che le rondini vi riposino, creino altra vita alla mia vita. Sono vuota, infetta nella pancia di una malattia vegetale. Sono bella di poesia e di cuore e di miele e di sangue.
Sono muta di parole di accidenti di malumori.
Sono calda di cielo di mare e di sale.
Sono vitale di speranze e di rese.

Quello che mi viene da pensare è che già scrivevo di piante, di mondo vegetale, di natura che vive e cresce. Nel giorno in cui ho terminato Una barca nel bosco di Paola Mastrocola sentendomi parte totale del delirio verde del protagonista e della sua inadeguatezza verso il resto del mondo, ho trovato parole che a ventun anni non riuscivo a trattenere. Avevo ventuno anni accidenti, e doveva ancora iniziare l'inferno.
Ho grandi ragioni, ma enormi davvero, per essere indulgente con me stessa, per volere più bene a quel mio primo amore così affaticato, per guardare indietro e capire da dove trascino il senso di incapacità che non riesco mai ad appoggiare. Quanto sentimento ho sottovalutato! Quante difficoltà ho superato! E meno male che ho scritto tutto, come al solito, meno male che ho le prove per ricordare al mio peggior giudice che sono stata proprio brava.

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